“Nel 42 per cento degli istituti oggetto del monitoraggio sono state trovate celle con schermature alle finestre che impediscono passaggio di aria e luce naturale”. Queste sono le parole di Alessio Scandurra di Antigone, un’associazione italiana che si interessa della tutela dei diritti e delle garanzie nel sistema penale e penitenziario, che descrivono le condizioni delle carceri in estate.
Il 30 giugno 2021 il numero di persone detenute risulta essere 53.637, di cui 2.228 donne (4,2%) e 17.019 stranieri (32,4%), per 50.779 posti ufficialmente disponibili e un tasso di affollamento ufficiale del 105,6%. Tuttavia, il reale tasso di affollamento nazionale è superiore a quello ufficiale. Negli ultimi 12 mesi Le carceri visitate dagli osservatori di Antigone ospitavano nel complesso 24.418 detenuti, quasi la metà (il 46%) della popolazione detenuta italiana. L’osservazione diretta ha continuato a riscontrare gravi criticità legate al sovraffollamento penitenziario.
In moltissime celle le schermature alle finestre impediscono il pieno passaggio di aria e luce naturale, che soprattutto durante il periodo estivo rendono particolarmente penosa la permanenza nelle stanze. In molte di queste celle mancano le docce, nonostante il regolamento penitenziario entrato in vigore nel 2000 prevedesse che entro il 20 settembre 2005 tutti gli istituti installassero le docce in ogni camera di pernottamento. E del resto, dove le docce ci sono, sono stati segnalati frequenti episodi di mancanza di acqua corrente.
Carcere e pandemia, ancora più restrizioni
Come conseguenza della pandemia, nel 24 per cento degli istituti ci sono sezioni in cui si è passati dal regime a celle aperte a quello a celle chiuse, in cui capita di trovare insieme più di cinque persone. Per moltissimi dei detenuti e detenute questo significa non avere a disposizione neanche quei tre metri quadrati di superficie calpestabile al di sotto dei quali la Corte di Strasburgo parla di “trattamenti inumani e degradanti”.
In questo contesto, fortissimo è anche lo squilibrio tra personale di custodia e personale dell’area trattamentale preposto alla reintegrazione sociale delle persone detenute. Indice della tensione generata in carcere dalla crisi sanitaria è anche la notevole crescita degli episodi di autolesionismo. Solo a Firenze Sollicciano si sono verificati 105 episodi di autolesionismo ogni 100 detenuti, 60 a Cassino e 50 a Cagliari. La scarsa disponibilità di interventi terapeutici e l’elevatissima presenza di detenuti in terapia psichiatrica spiegano i dati di queste osservazioni.
Sono ancora in vigore, inoltre, restrizioni per quanto riguarda i colloqui, con forti limiti di accesso alle aree verdi per gli incontri con i familiari. Se prima della pandemia, infatti, questi spazi erano in funzione nel 70% degli istituti, nel campione intervistato da Antigone lo sono attualmente solo nel 56% dei casi.
Non mancano le violenze
Negli ultimi mesi si è parlato sui giornali e sui media delle violenze nel carcere di Santa Maria di Capua Vetere, a partire dai fatti del 6 aprile. La struttura ospita un migliaio di persone, nonostante la sua capienza sia di 806 posti, e viene descritta dalle associazioni come mal tenuto e con scarse condizioni igieniche. Il carcere è diventato più conosciuto in seguito alle proteste scatenate dai detenuti che chiedevano misure igieniche adeguate per ridurre il rischio di diffusione del coronavirus.
Il giorno dopo le proteste, l’agente della penitenziaria insieme a circa trecento colleghi ha organizzato nella struttura “perquisizioni personali arbitrarie e abusi di autorità”, allo scopo di dare una risposta alle proteste del giorno precedente, secondo quanto riportato dalla magistratura. La documentazione e le ricostruzioni successive non mostrano solamente le violenze condotte dagli agenti, ma anche i tentativi da parte dei responsabili di nascondere quanto accaduto.
Il caso di Santa Maria di Capua Vetere non è però l’unico, come dimostrano i 18 procedimenti penali in cui è coinvolta Antigone che hanno per oggetto torture, abusi, maltrattamenti e decessi avvenuti negli ultimi anni in diverse carceri italiane.
Un altro carcere
Il carcere, in questo contesto, si configura così come spazio concepito per piegare e annichilire i corpi, e non per rieducare. L’attuale regolamento di esecuzione dell’ordinamento penitenziario è in vigore dal 20 settembre 2000. L’idea che si proponeva è quella di detenzione fondata sul rispetto della dignità della persona e sul progressivo riavvicinamento alla società esterna.
Ma, se da una parte alcune norme hanno contribuito a elevare gli standard di detenzione del paese, dall’altra parte c’è la necessità di una rivisitazione. Il carattere corporale della pena, infatti, non è stato espulso dalle carceri, e più di 20 anni dalla sua approvazione, parte del nuovo regolamento penitenziario non è ancora stata applicata.
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