“Project Power”, cinque minuti di potere potrebbero non bastare

Guardando un trailer di Project Power, se siete amanti dei film action/sci-fi, anche perché altrimenti non avrebbe senso che guardiate il trailer di Project Power, la prima esclamazione che avrete fatto sarà stata sicuramente: “Toh, ci sono Jamie Foxx e Gordon-Levitt. E anche Machine Gun Kelly, perché?”. Poi avrete notato gli effetti speciali e vi sarete detti: “Mmh, interessante questa cosa dei super poteri che durano solo cinque minuti”.

Insomma tante cose interessanti da vedere. Poi però il trailer si è chiuso con la nefasta N rossa di Netflix e lì è sceso un velo di tristezza. Perché purtroppo conosciamo tutti la dura legge della matematica che afferma che di film made in Netflix ne riesce bene uno su dieci. Sarà questo il caso di Project Power?

5 minuti di potere

New Orleans, in un futuro non troppo lontano. Per le strade della città è arrivata una nuova droga, si chiama Power. Tutti i maggiori spacciatori del posto sono stati riforniti gratuitamente di queste pillole da Biggie, uno dei mastermind dietro la produzione della droga in questione. L’invito è quello di provarla e farla provare, a discrezione dei pusher.

La Power dona a chi ne fa uso una sorta di superpotere per cinque minuti, tuttavia quale tipo di potere non è dato saperlo fino all’assunzione. Questa nella migliore delle possibilità. Non è esclusa infatti dagli effetti collaterali una dolorosa e imprevista morte dovuta all’incompatibilità con il composto. Sulle tracce di questa pericolosissima droga si mette il detective Frank, interpretato da Joseph Gordon-Levitt. Quest’ultimo ha un’amica in Robin, piccola spacciatrice che smercia Power per poter pagare le spese mediche di sua madre. Tuttavia Frank sa di non poter tenere testa a dei super-criminali dotati di poteri come invisibilità o super-forza, così decide di acquistare della Power da Robin in modo da poter combattere il crimine ad armi pari. Il suo superpotere si scopre essere una temporanea invulnerabilità.

Su una via parallela a quella del detective troviamo Art, Jamie Foxx. Art nutre un dissapore personale nei confronti della Power e di chi l’ha creata. Inoltre i suoi metodi di ricerca sono molto più violenti di quelli di Frank. Durante una prima indagine arriva a Newt, il personaggio di Machine Gun Kelly, e da questi, che suo malgrado morirà nello scontro, a sua cugina Robin. Le strade dei tre personaggi sono insomma destinate a collidere, così come i loro obbiettivi. Bisogna togliere di mezzo la Power dalle strade, capire perché l’esercito sembra insabbiare la vicenda e ritrovare la figlia rapita di Art.

La mancanza del fattore WOW!

Project Power parte con i migliori auspici. I primi minuti sono ricchi di azione e il film non indugia in inutili convenevoli. Veniamo immediatamente scagliati al centro delle vicende e da subito si ha un quadro chiaro della situazione, su chi siano i cattivi e chi i buoni. Il problema di base della pellicola risiede tuttavia proprio qui. Per quanto la linearità di una storia non sia in alcun modo un problema, specialmente in un blockbuster del genere, vi è da sottolineare come la trama non faccia nulla per anche solo tentare uno slancio di personalità. L’indagine e il relativo colpo di scena, che colpo di scena non è perché appare chiaro quasi da subito il coinvolgimento dell’esercito nella sperimentazione della Power, sono estremamente statici. Stesso discorso vale per i personaggi, un po’ intrappolati nello stereotipo del poliziotto buono e poliziotto cattivo.

Anche il pretesto dell’iniziale fraintendimento tra Frank ed Art risulta abbastanza banale. Il primo sospetta che il secondo sia il cattivo definitivo solo perché un tirapiedi dell’organizzazione dietro la Power, di cui sarebbe scontato non fidarsi eccessivamente, gli ha detto così. Ora le cose sono due: o Frank è il peggior detective credulone di New Orleans, cosa che le premesse del film sembrano smentire, o qualcuno degli sceneggiatori non si è impegnato più di tanto. Da questo intreccio emerge però Robin, interpretata da Dominique Fishback. Il suo personaggio è senza dubbio il più brillante, capace di fare ottimamente da collante tra Frank e Art, senza però perdere il proprio carattere mordace. Proprio lei sarà ripetutamente la chiave di volta della vicenda.

Si poteva fare di più

Passiamo ora alla nota forse più fastidiosa. Perché da un film d’azione del genere ci si può tranquillamente aspettare una trama che non punti eccessivamente sull’originalità e Project Power purtroppo tradisce sotto diversi punti le tante belle premesse dei suoi trailer. Non si possono non notare infatti le svariate analogie con film come Limitless o Lucy, che già in precedenza avevano sviluppato pretesti narrativi similari. Il problema giunge con le scene d’azione. Praticamente sono solo quelle del trailer in versione leggermente più estesa. Ogni singolo potere lo si era già visto in quei pochi minuti su Youtube e nel film assistiamo semplicemente all’epilogo della scena in questione. Machine Gun Kelly che prende fuoco? Visto. Frank che si salva da un proiettile perché è indistruttibile? Visto. Persino il colpo di scena finale in cui viene rivelato il potere di Art, il più forte di tutti derivato dal gambero pistola, era già presente nel trailer. Che senso ha?

Project Power purtroppo è questo. Un grande wanna-be. Vorrebbe essere un film sci-fi, ma la fantascienza fatta eccezione per le pillole di Power risulta troppo poco presente. Aspira a mostrare un’azione no-stop, con scene di combattimento ed inseguimenti frenetici che non danno fiato allo spettatore, ma purtroppo ha tradito gran parte dei suoi assi nella manica nei trailer prima dell’uscita. I poteri che ci vengono mostrati risultano anche interessanti, ma non bastano a salvare il film da un alone di mediocrità. Project Power intrattiene, ma non brilla. È un po’ come quel tipo di studente di cui si dice sempre: “Ha delle potenzialità, ma non si applica”.


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