Il regno del Bhutan è una piccola nazione situata nella catena himalayana, confinante a nord con il Tibet e a sud con l’India. Si tratta di una monarchia costituzionale, la cui capitale, Thimphu, pur essendo la città più popolata non ha un aeroporto proprio, perché il più vicino (l’Aeroporto Internazionale di Paro) si trova a 54 km di distanza. Che cosa rende unico il Bhutan, dunque? Proveremo a rispondere a questo interrogativo nel corso dell’articolo.
I soldi non fanno la felicità
Il Bhutan è noto al mondo come “il Paese più felice dell’Asia”. Certamente tale denominazione non è casuale: il principio guida dello sviluppo in questa nazione è infatti il FIL, cioè l’indice di felicità interna lorda. Questo concetto, proposto dal re Jigme Singye Wangchuck, è stato applicato in Bhutan a partire dagli anni Settanta e risente dell’influenza del pensiero buddista, diffusissimo in Bhutan.
Tale indice prevede che ogni azione politica tenga conto delle conseguenze delle decisioni governative sul benessere psicologico dei cittadini, i quali compilano ogni anno un questionario sul FIL. Tramite i dati raccolti, un piccolo stato montuoso con un basso livello di PIL e un’economia prevalentemente agricola, si è dunque rivelato al mondo come una culla di felicità.
La felicità è un desiderio che ogni essere umano porta con sé. La moderna società basata sui criteri di consumo, però, troppo spesso si preoccupa più di far nascere nuovi bisogni (ma si possono davvero definire così?) che di creare un senso di appagamento per ciò che si possiede già. Il FIL vuole definire uno standard di vita che va al di là del Prodotto Interno Lordo e si preoccupa sinceramente del benessere dei suoi cittadini.
Per farlo, le politiche di questo Paese si basano su quattro pilastri fondamentali: innanzitutto, lo sviluppo economico deve essere sostenibile ed equo. In secondo luogo, tale sviluppo non deve danneggiare l’ambiente: la natura è una componente chiave della filosofia di governo bhutanese; come la cultura locale, la cui tutela costituisce il terzo pilastro. Il quarto principio è il “buon governo”, cioè la promozione dei punti precedenti e la cessazione di ogni politica opposta a tali valori.
Turismo di massa? No grazie
Il turismo di massa, infatti, non di rado contribuisce a disperdere le tradizioni culturali locali e a danneggiare la natura (ne avevamo parlato anche qui). Per scoraggiarlo, è stata istituita una tassa giornaliera molto elevata che i turisti devono pagare quotidianamente (in aggiunta alla VISA). Una parte consistente del ricavato viene poi investita nell’assistenza sanitaria statale, nella costruzione di infrastrutture e in programmi di istruzione.
Inoltre, non è permesso viaggiare in maniera indipendente: è possibile visitare il paese solamente in tour di gruppo (o individuali, ma organizzati, con la presenza di una guida, ad esempio). Il turismo è certamente elitario e contribuisce a mantenere il paese isolato rispetto al resto del mondo. Di fonte alle fiumane di turisti che hanno invaso la vicina India, però, ai bhutanesi questa soluzione deve essere sembrata la migliore.
Attenzione all’ambiente
Come abbiamo accennato, la salvaguardia della natura riveste un ruolo di primo piano in questo paese, dove l’equilibrio tra uomo e ambiente è fondamentale. Non a caso, i paesaggi bhutanesi sono incantevoli: le catene dell’Himalaya offrono scorci bellissimi, dove sono presenti laghi limpidi e folte foreste. Per mantenere intatta questa bellezza, il Bhutan ha investito su una politica di riduzione dell’impatto climatico fino a diventare l’unica nazione “carbon negative” al mondo.
Il Bhutan si è inoltre prefissato un altro obiettivo: diventare la prima nazione completamente biologica al mondo. Da anni ha bandito l’utilizzo di pesticidi chimici dannosi per l’ambiente, che avrebbero inquinato le acque e di conseguenza la salute dei cittadini, oltre che della fauna e della flora locali. L’ex ministro dell’agricoltura e delle foreste, Pema Gyamtsho, ha affermato che la decisione di investire sul biologico non ha incontrato resistenze in Bhutan, Paese dove sono diffuse da sempre forme di agricoltura tradizionale. Inoltre, la qualità dei prodotti è aumentata.
L’amore per l’ambiente e per la salute dei cittadini giunge al punto che la vendita di prodotti di tabacco in Bhutan è proibita; ed è vietato fumare ovunque tranne che a casa propria. I cittadini possono però importare una certa quantità di sigarette annualmente. I turisti che non possono proprio fare a meno del tabacco devono pagare un’ulteriore tassa alla dogana per ogni stecca di sigarette, a esclusivo uso personale.
Un paradiso?
Il Bhutan potrebbe dunque sembrare un’oasi di bellezza e serenità. Tuttavia, anche questo Paese presenta alcune problematiche: fino a qualche decennio fa, ad esempio, la cultura era decisamente monopolista, in quanto era possibile ricevere un’istruzione solamente nei monasteri buddisti. Dagli anni Cinquanta, è stata però introdotta la moderna istruzione occidentale, gratuita e statale. Nel Paese vi è un’unica università pubblica, l’Università Reale del Bhutan, istituita nel 2003 e strutturata in diversi college sparsi per il territorio. Inoltre, la speranza di vita è ancora piuttosto bassa (intorno ai 60 anni) e la sanità pubblica si è sviluppata solo in tempi relativamente recenti.
Anche un Paese apparentemente paradisiaco come il Bhutan, dunque, presenta le sue difficoltà interne, che non devono essere sottovalutate. Cerchiamo quindi di mettere in luce gli aspetti di cui possiamo fare tesoro, come la tutela ambientale, senza per questo rinunciare a uno sguardo critico sulla realtà di questo piccolo Paese, perché la perfezione non esiste – neppure qui.