Elisabetta Sirani: la femminilità barocca tra sacro e classico

[…] Al di fuori del tradizionale modello dell’uomo mentore, creò ampie strade per la produzione culturale femminile e per la trasmissione della conoscenza, essendo stata educatrice e modello per la successiva generazione di donne artiste.

Il personaggio a cui si fa riferimento in questo estratto, tratto da un famoso saggio della studiosa d’arte Adelina Modesti, è Elisabetta Sirani. Una pittrice del ‘600, eclettica nella scelta dei soggetti, e definita dallo storico a lei contemporaneo Cesare Malvasia come “Sole d’Europa”. Nel corso di dieci anni dipinse oltre duecento opere, un numero davanti al quale impallidiscono le performance anche di molti artisti pur noti per la loro prolificità, e che fece sospettare in molti, in quell’età aurea del Barocco, che non fosse solo lei a realizzarle. Lei allora, con mossa che noi percepiamo come molto moderna e coraggiosa, aprì l’atelier in modo che tutti gli interessati potessero vederla al lavoro, ammirando la sua tecnica.

Un talento precoce

Elisabetta Sirani nacque a Bologna nel 1638. Un ambiente, nonostante il peso della Controriforma, culturalmente ricco e pieno di stimoli per una ragazza che amava leggere e suonare. Figlia del pittore Giovan Andrea, allievo del famoso Guido Reni, quello della Strage degli Innocenti per intenderci, crebbe nella bottega paterna.

Elisabetta Sirani, Autoritratto

Ammalatosi il padre, a soli diciassette anni, dopo aver appreso tecniche e modelli, prese in mano la bottega cominciando a dipingere su commissione, lavorando per lo più su soggetti sacri. Tra questi si può ricordare il Sant’Antonio da Padova e Gesù bambino, dove ancora si coglie la mano del padre nel dipingere Cristo. In poco tempo però, la fama di Elisabetta Sirani, in particolare come pittrice di Madonne, iniziò a diffondersi moltiplicando in pochi anni le committenze.

Il Battesimo di Cristo, manifesto dello stile

L’opera Il Battesimo di Cristo, olio su tela del 1648, raffigura l’episodio iconico riportato nei Vangeli, dove Gesù chiede a Giovanni Battista di essere battezzato nelle acque del fiume Giordano. Lo stesso soggetto era stato riportato su tela, sei anni prima, anche dal padre di Elisabetta, che però aveva dato un’impostazione rigida e classicista alla composizione.

Elisabetta Sirani, Battesimo di Cristo (1658)

Nel grande quadro della Sirani, invece, la scena acquista un sapore tutto barocco grazie al movimento impresso ai personaggi, che sembrano ruotare intorno alle figure centrali di Cristo e Giovanni Battista. L’ispirazione sembra arrivare dall’osservazione della vita di tutti i giorni, capace di proporre un gusto intimo lontano dall’ufficialità paterna. La scelta dei colori intensi e le pennellate corpose, ma capaci di una resa pulita e delicata, tendono poi a valorizzare la luminosità della composizione. Capace di suggestionare, alla moda barocca, è anche la resa della profondità del dipinto grazie al posizionamento su diversi piani dei personaggi e delle nuvole.

Le eroine di Elisabetta Sirani: Timoclea e Porzia

Quando parliamo della pittrice bolognese, non possiamo non ricordare anche le sue rappresentazioni di eroine mitologiche e storiche. Tra queste spicca l’opera Timoclea uccide il capitano di Alessandro Magno. Sembra che, secondo le antiche narrazioni, la donna fosse stata violentata da un comandante trace che poi le aveva chiesto di condurlo dove si trovavano oggetti di valore. Lei allora, volendo vendicarsi con l’inganno,  l’aveva condotto a un pozzo dove poi, mentre lui si sporgeva per vedere, l’aveva fatto cadere, uccidendolo.

Elisabetta Sirani
Elisabetta Sirani, Timoclea uccide il capitano di Alessandro Magno (1659)

Nella grande tela, Elisabetta Sirani raffigura il momento dell’atto decisivo, quando la donna fa precipitare il capitano. Anche qui la luce è molto forte e valorizza l’attenzione per i particolari. Il pozzo, elegantemente decorato, presenta la resa precisa delle ombre e delle decorazioni a bassorilievo. Gli abiti del capitano, ai quali è impressa una forte dinamicità, così come alla sua figura, mettono in luce le conoscenze classiche della pittrice.

Un’altra opera legata al mondo classico è Porzia che si ferisce alla coscia. La figura dell’eroina romana è in primo piano, riccamente abbigliata e intenta a ferirsi, raffigurata con uno stile sicuramente più maturo rispetto al quadro precedente. Sullo sfondo, tre personaggi discutono ignari di cosa stia accadendo. Porzia, nel mito era ritenuta dal marito incapace e indegna di essere messa a conoscenza delle sue azioni politiche per questo si ferì per dimostrare la propria forza virile. Nell’immagine della donna si coglie la figura di Elisabetta Sirani, anch’essa una combattente in un mondo di uomini.

Elisabetta Sirani, Porzia che si ferisce alla coscia (1664)

Il confronto con Guido Reni

Forse è inevitabile il confronto tra Elisabetta Sirani e il maestro Guido Reni, con l’interrogativo circa l’originalità di lei. Pittrice prolifica, certo, di successo, anche, ma originale? Se confrontiamo l’opera da ultimo citata, Porzia che si ferisce alla coscia, con una simile di Guido Reni o della sua scuola, ovvero Il suicidio di Porcia ,conservato nel museo di Rennes, vediamo nell’opera della Sirani una determinazione, un esserci della donna che nell’altra non c’è.

Elisabetta Sirani
Guido Reni o scuola, Il suicidio di Porcia (1612)

La Porzia di Reni, con lo sguardo rivolto al cielo, e le mani elegantemente divise tra un panno e uno strumento per raccogliere i carboni, è dipinta in un’altra fase, quella finale della storia. Qui sembra ormai rassegnata e stereotipata secondo l’immagine femminile della sognatrice leggera. Nell’opera di Elisabetta Sirani, invece, è più decisa, sicura di sé. Allo spettatore trasmette coraggio. Un confronto affascinante può essere anche quello tra Elisabetta Sirani e Artemisia Gentileschi. Quanto a questo, se compariamo le opere sul tema classico Giuditta-Oloferne, quella di Elisabetta Sirani forse può sembrarci di primo acchito più debole.

Però non possiamo nemmeno dimenticare che la Sirani morì a ventisette anni e avrebbe potuto sperimentare di più fare se le fosse stato concesso un tempo più lungo. Lasciò comunque una forte impressione nella società del tempo, ponendo tra l’altro le basi di una scuola di pittura al femminile. Una delle sue allieve,  non più quindi la figlia di un pittore, Ginevra Cantofoli, sarà destinata a raggiungere una certa fama negli anni successivi.


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