Georges Simenon? Mai sentito? E, invece, il commissario Maigret? Già, proprio così il grande protagonista dei romanzi di polizia del Novecento è opera della genialità di questo scrittore. Georges Joseph Christian Simenon, nato nel 1903 a Liegi, in Belgio, fu autore di numerosissimi romanzi. Dalla personalità brillante, durante la sua vita ebbe a che fare con personaggi di spicco del panorama culturale europeo, in particolare italiano. Tra i molti ricordiamo Arnoldo Mondadori e Federico Fellini, con il quale intraprese inoltre una fitta corrispondenza amicale che durò per tutta la vita.
L’amore e i viaggi
Tigy era il soprannome che affibbiava alla sua prima moglie, Régine Renchon. Con lei intraprese lunghi e intensi viaggi nell’arco degli anni Trenta. Ad accompagnarlo sempre, oltre all’amore per Tigy, la sua penna, tanto che dai suoi viaggi risultarono molte opere letterarie.
A Georges piaceva cambiare ed è questo ciò che fece per tutta la vita. Da figlio amorevole a lettore vorace durante l’infanzia, a cronista della Gazzetta locale a narrastorie, a scrittore di romanzi commerciali, a reporter, fotografo, viaggiatore. Spinto sempre da un’irrefrenabile voglia di osservare e comunicare che, come dichiarò egli stesso, era una delle sue esigenze più radicate: una propensione naturale.
La casa editrice Adelphi ha nel 2020 riportato alla luce un capolavoro giornalistico di Georges Simenon: Europa 33. Un’accattivante visita guidata nel 1933 attraverso l’Europa che ha molto da dire alla nostra attualità. Noi che oggi viviamo nella realtà globalizzata della digitalizzazione e della “notizia in tempo reale” dovremmo forse apprezzare più spesso la grandiosa possibilità che abbiamo di essere sempre aggiornati sulla realtà che ci circonda, vicina o lontana che sia. Stesso vantaggio non lo avevano di certi i nostri avi, come ci racconta efficacemente l’autore in questo reportage.
Europa 33
Nel 1933 intraprese un lungo viaggio in veste di reporter per l’Europa: dal Belgio, passando per Polonia, Romania e Bulgaria, arrivando a Istanbul per poi giungere in Russia. L’Europa di cui si occupa, quella che osserva con occhio critico, è un’Europa “malata“ e, nonostante le buone intenzioni, Simenon altro non può se non dichiararne la diagnosi. Non ha una terapia da proporle, ma tramite la sue curiosità le offre una voce. La intervista, la fotografa e la sostiene, senza cedere alle emozioni, come testimonia il suo stile asciutto e diretto.
Nel 1933 l’Europa soffre ancora la crisi economica giunta dagli Stati Uniti e ancora non si è del tutto ripresa dagli orrori della Grande Guerra. I vari capitoli del libro uscivano come articoli su «Voilà», rivista settimanale espressamente dedicata a reportage di firme importanti.
Nessun problema incontra finché si tratta di spostarsi tra Francia, Belgio, Germania, Polonia. Gli intoppi iniziano al confine con la Lituania. Lì la frontiera è chiusa e non passa nemmeno un francese perché Vilnius è occupata dai polacchi e l’aria che si respira tra i due Paesi è di tensione. Non scevro di rischi è il suo itinerario, ma ciò non lo intimorisce: tenace è il reporter! L’Europa dell’est presenta uno scenario a dir poco desolat0: povertà, miseria e buio è ciò che Simenon percepisce di più. L’autore prende la mano del lettore e lo trasporta con sé in un viaggio nel buio di quegli anni, mentre si consolidano tensioni tra Paesi e i venti di guerra si concretizzano.
La malattia dell’Europa: la miseria
[La miseria] non bisogna immaginarla nei panni di un poveraccio che tende la mano per la strada. Dopo dieci anni di miseria, c’è una borghesia della miseria e un’aristocrazia della miseria.
Georges Simenon si sofferma più volentieri sulla campagna che sulla città, perché è lì che comprendi l’essenza di un Paese. I contadini sono molto più numerosi e “vivono come animali. Non hanno comodità, né igiene, né soldi… e non conoscono la parola felicità“. Le pagine di Europa 33 a tratti trasudano di rassegnazione, disperata sconsolatezza.
A indignare maggiormente il reporter è la contraddizione: la breve distanza, per non dire evidente adiacenza, tra la più ignobile povertà e il lusso di pochissimi. Lo nota a Budapest in particolare, dove il lusso abbagliante della città si affianca al tanfo della miseria. Queste contraddizioni in Europa erano già ben evidenti nel ’33, quando per esempio in Polonia era stata costruita la stazione radio più potente del mondo, mentre la povertà la faceva da padrona.
Istantanee di vita
Tutta l’Europa, la piccola Europa, si ammanta di grossi, silenziosi fiocchi di neve, e le stesse strade, gli stessi campi, gli stessi cortili delle scuole si popolano di bambini infagottati in pesanti maglioni; nasi arrossati passano svelti sui marciapiedi, file di disoccupati aspettano davanti ai municipi per lavorare come spalaneve, e nei sobborghi vengono accesi bracieri per i poveri.
Amava definirsi un “fabbricante di istantanee“. Trovava nella definizione l’essenza di sé e del comunicare, come già detto, sua arte prediletta. In effetti, in tutto il reportage che Simenon conduce in questo libro spicca il suo interesse per l’osservazione, funzionale a comunicare poi ai lettori del tempo che cosa stava effettivamente accadendo alla loro Europa e, se possibile, al mondo intero. Era quasi come se si rivolgesse direttamente al lettore chiedendo: europei, quale malattia affligge la nostra terra? Aprite gli occhi e osservate.
La testimonianza di Simenon è preziosa: un’articolata costruzione di immagini, annotazioni, osservazioni, episodi, dialoghi e scenari. Ad avvalorare la sua comunicazione vi sono le immagini che egli stesso scatta durante il viaggio: cruda testimonianza di miseria.
La sua non è definibile “letteratura di viaggio” perché non è nelle descrizioni paesaggistiche che risiede il suo talento, quanto piuttosto nella schiettezza con cui le presenta. Molti sono i critici che ne evidenziano l’incapacità di riportare e di addolcire le immagini presentate. Simenon, però, era nutrito da un filosofico desiderio di scoprire l’uomo “nudo” e mostrarlo al lettore, così come si mostrava a lui. Nessun filtro, nessun imbellettamento né giro di parole. Apprezzabile e degno di nota è il suo tentativo ben riuscito di indagare l’essenza del proprio tempo e, soprattutto, dell’uomo contemporaneo.
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