“The most technologically efficient machine that man has ever invented is the book”.
Northrop Frye, critico letterario canadese, ha centrato perfettamente il punto. Oltre due secoli di progresso tecnologico, infatti, non sono bastati a rendere il libro uno strumento obsoleto: nonostante le odierne tecnologie abbiano cercato di assimilare a loro, per quanto possibile, il grande mondo della letteratura, il libro rimane uno dei pochi strumenti ideati dalla mente umana ad aver raggiunto la perfezione nel momento in cui è nato. Un mondo da sfogliare.
L’efficienza dei libri, ormai piuttosto sottovalutata, non riguarda solo l’acquisire nuove nozioni, bensì sviluppare capacità cognitive che vanno oltre l’apprendimento.
Leggere per diventare più empatici
L’empatia è per definizione:
“…la capacità di comprendere lo stato d’animo e la situazione emotiva di un’altra persona, in modo immediato, prevalentemente senza ricorso alla comunicazione verbale. Più in partic., il termine indica quei fenomeni di partecipazione intima e di immedesimazione attraverso i quali si realizzerebbe la comprensione estetica“.
Alcuni anni fa i ricercatori Emanuele Castano, psicologo sociale, e David Kidd condussero a tal proposito cinque studi in cui fu suddiviso un numero variabile di partecipanti e a ogni gruppo vennero dati diversi compiti di lettura: brani di narrativa di genere (o popolare), narrativa letteraria, saggistica o niente.
Dopo avere terminato i passi, i partecipanti furono sottoposti a un test volto a misurare la loro abilità di dedurre e comprendere i pensieri e le emozioni delle altre persone. L’esito mise in evidenza come i migliori risultati fossero quelli ottenuti da coloro che avevano letto brani di narrativa letteraria (come La casa tonda di Louise Erdrich).
Infatti, se nella narrativa popolare la prevedibilità dei personaggi ritratti non porta il lettore a inferire alcunché di nuovo riguardo al loro stato interiore, la narrativa letteraria si concentra di più sulla psicologia dei personaggi e delle loro relazioni: “Often those characters’ minds are depicted vaguely, without many details, and we’re forced to fill in the gaps to understand their intentions and motivations”. Dunque, leggere certe tipologie di libri migliora la nostra capacità di immedesimarci con gli altri.
Leggere per incrementare la propria Teoria della Mente
Questa capacità è tipicamente umana, ma può essere più o meno sviluppata a seconda dell’individuo. Il beneficio che ne deriva? La capacità di concepire visioni diverse dalle proprie, migliorando di conseguenza le abilità socio-relazionali di ciascuno. In sintesi, la teoria della mente si riferisce all’abilità personale “to see outside of oneself”.
Leggere per diventare più intelligenti
La lettura aiuta a potenziare la memoria e la quantità di informazioni elaborate dal cervello umano agendo da stimolo sull’ippocampo, una struttura collocata nel lobo temporale della corteccia cerebrale, grazie al quale viene assicurata la conservazione della memoria a lungo termine, la formazione di nuovi ricordi e la registrazione di nuove esperienze legate a stimoli, eventi, ambienti di recente conoscenza.
Leggere per conoscere meglio sé stessi
Sembrerebbe che la poesia, così come la musica, crei delle risposte emotive negli individui attivando in loro i centri emotivi del cervello: nel 2013 all’Università di Exeter è stato eseguito uno studio che ha messo in risalto come la poesia sia in grado di stimolare l’area sinistra del cervello connessa alla memoria autobiografica e anche come esso, pur rimanendo “a riposo”, continui nell’attività di introspezione anche dopo la lettura di un brano poetico. Ciò significa che leggere testi poetici permette ai lettori di venire a contatto con le più intime parti di sé – ricordi, sogni… – e migliorare di conseguenza la capacità di autoriflessione di ciascuno.
Leggere per mantenersi mentalmente giovani
I ricercatori hanno monitorato con diversi test la memoria e il pensiero di 294 individui ogni anno per sei anni. Oltre a ciò, ogni partecipante è stato anche sottoposto a dei questionari finalizzati a conoscere le abitudini di lettura di ciascuno: una volta deceduti i soggetti (età media di 89 anni), sono state eseguite delle autopsie per verificare la presenza, all’interno del loro cervello, di segni fisici di demenza.
Si è notato come lesioni e placche ricollegabili alla demenza senile e colpevoli dei vuoti di memoria in età avanzata fossero meno presenti in coloro che anche da anziani hanno continuato a intrattenersi con la lettura:
“Remaining a bookworm into old age reduced the rate of memory decline by 32 percent compared to engaging in average mental activity. Those who didn’t read or write often later in life did even worse: their memory decline was 48 percent faster than people who spent an average amount of time on these activities“.
È quindi chiaro che oltre ai benefici più immediatamente evidenti come l’arricchimento del proprio vocabolario e il miglioramento delle proprie capacità verbali, la lettura costituisca anche, e soprattutto, l’allenamento perfetto per il cervello sia sul piano neurologico, sia su quello personale-introspettivo. Immergersi fra le pagine di un libro per cercare un mondo più adatto a noi o per capire meglio quello in cui viviamo, per cercare conferme o demolire convinzioni, per sentirsi compresi o per mettersi in discussione: la lettura non può far altro che migliorarci.