Inoltre, è attesa in questi giorni una decisione definitiva circa il blocco delle risorse della Next Digital, la società che possiede anche l’Apple Daily. Quel che sino ad oggi è certo è che non usciranno più copie cartacee e che anche la versione digitale verrà ridotta e limitata, in vista del plumbeo ultimo giorno di pubblicazione.
L’inesorabile ombra del dominio cinese
La politica cinese a Hong Kong, di cui abbiamo parlato a più riprese qui e qui, è inesorabile. Una goccia di calcare dopo l’altra che, lenta quanto immancabile, va a coprire le speranze autonomiste e la cultura decennale della città-stato.
Dopo gli arresti degli attivisti, come il giovane leader Joshua Wong, la mano cinese non si arresta, andando a colpire un altro punto nevralgico della democrazia hongkongese: il tabloid Apple Daily, in attività dal 1995.
Un aspetto emblematico di questa triste vicenda è che le tematiche del quotidiano osteggiato spesso sono molto lontane dalla politica, in quanto perlopiù si tratta di materiale scandalistico, ma le idee progressiste e pro-democrazia del direttore non sono state giudicate ammissibili dalle autorità cinesi.
Ad oggi, dato che la maggior parte delle altre testate, compreso il South China Morning Post, ha scelto di manifestare una politica sempre più filogovernativa, il quotidiano di Lai rimaneva la sola grande voce indipendente di Hong Kong, tanto da supportare e sostenere le proteste anti-cinesi sin dal 2014.
Stretti tra le maglie della legge
Con l’approvazione della legge sulla sicurezza nazionale dello scorso anno, il giornale, così come pure gli attivisti democratici, ha incontrato una crescente difficoltà nel sottrarsi al giogo delle autorità, dato che le accuse di compiere attività terroristiche o secessioniste sono state rese estremamente facili da provare e invocare per poter reprimere con il carcere e l’estradizione in Cina ogni tentativo di indipendenza.
Jimmy Lai, già arrestato più volte per le sue attività pro-democrazia, ha subìto la fine del movimento di protesta: gli è stato imposto un bavaglio difficile da eliminare. Dopo aver ridotto al silenzio le strade della megalopoli, Pechino ha deciso di colpire, per la prima volta, la redazione dell’Apple Daily, arrestandone i dirigenti rimasti oltre a Lai e negando la possibilità di scarcerazione dietro pagamento della cauzione.
Negando, inoltre, le attività bancarie del giornale, le autorità lo hanno condannato a una morte per inedia economica, dato che non sono possibili donazioni o altre forme di sostentamento economico. I cittadini hanno comprato in massa l’edizione del giornale successiva all’attacco governativo, ma i fondi dell’Apple Daily si stanno prosciugando velocemente.
Un giornale come emblema della libertà
Il giornale aspetta di combattere l’ultima battaglia e intanto compone il proprio epitaffio, conscio della criticità della situazione. I giornalisti e i dipendenti, che ormai da anni subiscono minacce e violenze con una certa ricorrenza, sono stati informati dalla dirigenza di potersi licenziare senza preavviso.
Il giornale, proprio a causa della sua valenza in quanto simbolo della democrazia e dell’autonomia, è condannato dalla dittatura di Xi Jinping a chiudere i battenti. Le macchine da stampa sono già prosciugate, senza carta o inchiostro. Le stanze dei giornalisti messe a soqquadro dalla polizia cinese in cerca di possibili prove: basta un articolo che si discosti dalla linea del partito.
Le manifestazioni del 4 giugno e del 1 luglio, rispettivamente gli anniversari del massacro di piazza Tiananmen e del passaggio di Hong Kong dal Regno Unito alla Cina, sono state cancellate per evitare nuove manifestazioni e proteste, anche se gli attivisti sono, ormai, spezzati.
La detenzione e le violenze sanno distruggere un individuo, ma la capillare repressione della libertà di pensiero riesce ad ammansire un intero popolo? In questo contesto tragico, di cui il mondo ha già accettato l’epilogo, la chiusura dell’ultimo giornale in grado di esprimere dissenso verso le scelte filo-cinesi rappresenta l’ultimo atto di una lotta impari e ingiusta.
Quando un quotidiano chiude perché costretto da un potere cui non intende inginocchiarsi, tutti i giornali tremano e sanguinano, e con loro ogni piccolo redattore che vi scrive, sia questi una penna di fama internazionale o un giovane studente intriso di sciocchi ma determinanti ideali di democrazia.