L’uscita nelle sale cinematografiche del Cattivo Poeta ha riportato sotto i riflettori la figura misteriosa e affascinante di Gabriele D’Annunzio. Su di lui si è scritto tantissimo; tante cose sono state già dette. Si è parlato di lui come l’esteta, il superuomo, l’amante per eccellenza; di colui che ha realizzato la famosa impresa di Fiume, della sua vicinanza al fascismo, fino agli ultimi giorni al Vittoriale. Ogni cosa ha contribuito a rendere mitica la sua figura.
Tuttavia, spesso certi elementi tralasciano ciò che è realmente stato D’Annunzio, portando in secondo piano le sue formidabili doti di poeta e scrittore. Come verseggiatore di grande raffinatezza e soprattutto come inventore di un linguaggio studiato direttamente dai vocabolari, egli ha condizionato tutta la poesia del Novecento. Anche coloro che l’hanno criticato, in realtà, hanno dovuto necessariamente attraversarlo.
Dunque, scopriamo insieme, attraverso una breve panoramica, il vero Gabriele D’Annunzio e come ha cambiato per sempre il destino della letteratura.
Le origini e l’inizio del mito
Gabriele Rapagnetta nasce a Pescara, nella casa dei genitori lungo corso Manthoné, il 12 marzo del 1863. Il cognome D’Annunzio lo acquisirà soltanto in seguito, come eredità di uno zio benestante. Tuttavia, lui stesso, in una lettera del 1892 scritta a Georges Hérelle, traduttore della versione francese de Il Piacere, afferma non solo di essere nato nel 1864, presentandosi quindi di un anno più giovane agli occhi dei francesi, ma anche di averlo fatto a bordo del brigantino Irene, una piccola imbarcazione cullata dalle onde del mare.
È evidente che D’Annunzio sta iniziando a costruire il mito di sé stesso. Non importa che siano notizie vere, l’importante è che riescano ad ammaliare chi le ascolta. Sin da subito si presenta come avvolto da un sentore onirico e surreale, che dall’essere uomo si trasferisce all’essere poeta. Le sue sono idee da sempre chiare, sa che lascerà il segno e che non potrà mai essere dimenticato.
Da Primo Vere ai salotti borghesi, dalla poesia alla prosa
Ancora studente del liceo Cicognini di Prato, nel 1879, pubblica, finanziato dal padre, Primo Vere, una raccolta di poesie di grande successo. Poco dopo arriva a Roma per iscriversi alla facoltà di Lettere. Non porta a termine gli studi, ma riesce ad inserirsi perfettamente nell’entourage più facoltoso e alla moda della città, frequentando salotti e donne d’alto rango. In effetti, risale a questi anni il suo primo matrimonio con Maria Hardouin, duchessa di Galesse, da cui si separa dopo aver avuto tre figli.
Durante questo stesso periodo scrive per alcuni giornali della capitale, utilizzando vari pseudonimi. Pubblica, tra il 1884 e il 1886, altre due raccolte di novelle, rispettivamente Il libro delle vergini e San Pantaleone – quest’ultima verrà poi ripubblicata nel 1902, insieme ad altri testi, con il titolo di Novelle della Pescara.
Nel frattempo le grandi passioni amorose continuano ad avvincerlo, e dall’infatuazione per Elvira Fraternali Leoni, da lui chiamata Barbara, deriva una delle sue opere più famose, in prosa, ovvero Il Piacere (1889). La storia di Andrea Sperelli ed Elena Muti, racchiusa nel suo primo romanzo, diventerà una delle più rappresentative dello scrittore pescarese, come emblema del decadentismo, con il suo gusto per la citazione e la mescolanza di dotte influenze.
Filosofia, erudizione, anni cruciali
Nell’ultimo decennio dell’Ottocento, Gabriele D’Annunzio è un vulcano di energie e creatività. Dopo essersi trasferito a Napoli, pubblica un racconto lungo, intitolato Giovanni Episcopo, e il romanzo L’Innocente. La sua produzione aumenta esponenzialmente, strettamente correlata alle scoperta dell’opera filosofica di Nietzsche.
In particolare, il concetto di superomismo si pone al centro degli scritti appartenenti a questo periodo. Per il poeta, infatti, l’uomo deve essere capace di innalzare lo spirito, realizzando se stesso attraverso la persecuzione di una propria etica, al di là della società in cui vive. Ad inaugurare un tale sentimento, intervengono Il Trionfo della morte e Le vergini delle rocce, pubblicate rispettivamente nel 1894 e nel 1896.
L’amore con la Duse e il progetto delle Laudi
Insomma, D’Annunzio è davvero inarrestabile. Verso la fine dell’Ottocento, approda a Firenze. La spinta al trasferimento arriva dopo che il poeta ha conosciuto Eleonora Duse, allora la più grande attrice italiana. I due si innamorano follemente e vanno a vivere nella Capponcina, una villa nobiliare situata nella zona di Settignano.
Il periodo favorevole, l’ebbrezza della passione amorosa e una certa maturità letteraria, creano un’unione magica che si riflette sul lavoro poetico di D’Annunzio. Sono questi gli anni in cui il poeta decide di dare avvio ad un progetto senza precedenti, dal titolo Laudi del cielo, del mare, della terra, degli eroi. Dei sette libri previsti, ciascuno dedicato ad una stella delle Pleiadi, ne vengono pubblicati cinque. I primi tre, Maia, Elettra e Alcyone escono nel 1903; il quarto, Merope, nel 1912 e il quinto, Asterope, viene aggiunto alle Laudi dopo la morte del poeta.
L’importanza di Alcyone
Tra tutti i libri delle Laudi e i loro componimenti, Alcyone è probabilmente l’opera che più di tutte ha consacrato la qualità e lo stile poetico dannunziano e, allo stesso tempo, ha costituito un punto di riferimento per tutta la poesia che verrà dopo. Le 88 liriche vengono ospitate all’interno di “un diario dell’estate”. Alcyone, in effetti, inizia con l’attesa della bella stagione, quindi con la primavera, e si conclude con il commiato dell’estate. La natura e le sue bellezze si uniscono all’uomo, e si assiste ad uno scambio di sensazioni ed emozioni intense trasmesse attraverso le parole e le sue componenti metriche.
Poesie come La Sera fiesolana, La pioggia nel pineto o L’onda sono la rappresentazione della metamorfosi dell’uomo con la natura, e viceversa. Il
L’altra faccia del poeta e la fine
Alla luce di tutto questo, dunque, è chiaro che Gabriele D’Annunzio ha lasciato un segno profondo nella nostra cultura, oltre che nella letteratura vera e propria. Dopo le Laudi e qualche altra opera in prosa, egli si dedica maggiormente all’attività politica, prendendo parte alla prima guerra mondiale e successivamente guidando la famosa impresa di Fiume. Al suo termine, si trasferisce definitivamente al Vittoriale, nel comune di Gardone Riviera.
La vicinanza a Benito Mussolini e la fedeltà all’Italia sono le due armi a doppio taglio che caratterizzano e, al tempo stesso, fiaccano gli ultimi anni di vita del poeta. Aggravatosi ormai anche per l’abuso di farmaci e cocaina, D’Annunzio muore il primo marzo 1938, nel Vittoriale.
Un lascito enorme
Come è facile intuire, la vita e l’opera di Gabriele D’Annunzio sono un condensato di miliardi di vite e di opere, vissute però da un solo uomo. Tutto quello che su di lui è stato detto, che sia reale o fittizio, ha senza dubbio contribuito a rendere ancor più mitica la sua figura. Un mito che è iniziato nello stesso momento della sua nascita.
Tuttavia, non possiamo non considerare quanto la sua influenza poetica e letteraria sia stata fondamentale per tantissimi autori, soprattutto per coloro che dal suo stile si sono voluti allontanare. Perché D’Annunzio, come ci insegna lo stesso Montale, va necessariamente attraversato. Un uomo, un poeta e uno scrittore che ha influenzato e cambiato il destino della cultura italiana.