Serena Dandini, autrice, conduttrice televisiva e scrittrice, ha pubblicato per Einaudi La vasca del Fuhrer, un libro che, raccontando una storia avvincente, ci mostra la situazione della donna nella prima metà del ‘900.
Elizabeth “Lee” Miller: vita
Il romanzo ripercorre la storia di Elizabeth Miller, nata il 23 aprile 1907. Dopo aver lavorato come modella per la rivista di moda Vogue, si interessa di fotografia. Affermarsi in un mondo maschilista, passare da davanti a dietro alla fotocamera, non era consentito e soprattutto non tollerato. Avvicinandosi all’atelier francese di un fotografo famoso come Man Ray, le assicura di riuscire ad avvicinarsi a un mondo che sembrava irraggiungibile. Inizialmente lavorerà per lui come modella e musa, sarà anche sua amante, fino a diventare sua allieva e discepola e apprendere i segreti della fotografia surrealista. Grazie a quest’amicizia Lee riuscirà ad avvicinarsi al mondo delle avanguardie novecentesche, conoscendo, tra gli altri, Pablo Picasso, pittore cubista. Diventando la relazione tra i due tossica e sentendo Miller limitata la sua libertà, decide di tornare a New York e aprire il proprio studio fotografico, in cui scatterà grandi personalità americane del tempo. Nel 1934 Lee abbandonerà il suo studio per andare a vivere nella città del Cairo con un uomo d’affari egiziano, Aziz Eloui Bey. Sentendosi ancora una volta oppressa dalla sua situazione stabile, Lee decide di tornare a Parigi e iniziare una relazione con il collezionista inglese Roland Penrose, con cui si trasferirà in Inghilterra e vivrà per il resto della sua vita, avendo da lui un figlio.
Finally got to see a doc of one of the most remarkable female icons of the 20th century – Lee Miller, in a ‘Life on the Front Line’. A model turned photographer, turned war reporter, Miller chose to live her life by her own rules. An amazing documentary. https://t.co/BEuREc7jV8 pic.twitter.com/rgJMMOmzgi
— Paul Dunne (@paulajdunne) June 12, 2021
La Seconda guerra mondiale
Allo scoppio del secondo conflitto mondiale Elizabeth decide di lavorare come giornalista per Vogue, riuscendo finalmente nel suo intento di emancipazione. Sarà tra i giornalisti che testimonieranno la liberazione dei campi di sterminio di Dachau e Buchenwald. Famosa la foto in cui viene ritratta nella vasca di Adolf Hitler. Dopo questa esperienza deciderà di abbandonare la fotografia e dedicarsi alla cucina, soffrendo purtroppo di forti attacchi depressivi dovuti a stress post-traumatico. Vivrà con Penrose in una casa isolata nell’est del Sussex, che diventerà un punto d’incontro per gli artisti avanguardisti rimasti in vita dopo la guerra.
Una donna indipendente
Nel romanzo viene messo in risalto dalla Dandini lo spirito libero di Lee: più volte cambia città, compagno, lavoro. Traspare quasi un soggetto irriverente, selvaggio. È forse però l’unico modo per una donna di quel periodo per rendersi visibile e riuscire a non dover dipendere da un uomo per scegliere della sua vita. Il mondo dell’arte, anche quella avanguardista, era riservato agli uomini e alle loro muse, che avevano il semplice compito di ispirare l’arte, certo non di produrla. Lee si inserisce in questo mondo, deve essere la migliore per essere accettata e spesso per lei è molto difficile riuscire a farsi riconoscere senza essere accostata all’uomo con cui sta avendo una relazione. Certo, questo sarà uno stimolo per l’arte di Miller, ma anche una situazione oppressiva, che sarà spesso il motore di scelte quasi incomprensibili per il lettore del libro. Perché cercare sempre qualcosa di più? Perché andare sempre oltre?
L’esperienza come giornalista di guerra
È questa l’esperienza che corona e, purtroppo, chiude la carriera di Lee. Certo la scelta in sé già è rivoluzionaria: una donna che decide di partire per il fronte, non come soccorritrice o infermiera, ma come fotografa e giornalista. Se consideriamo che questo lavoro era fatto per una rivista di moda di fama mondiale, Vogue, capiamo quanto questa scelta sarà riformatrice. La rivista di moda era mondana, poco si era interessata alla guerra, era letta principalmente da donne che, secondo la cultura del periodo, nemmeno dovevano interessarsi a quello che stava succedendo al fronte. Pubblicando articoli e foto della situazione Miller mette come una sveglia, richiama le donne a quelli che sono veramente i problemi e lo fa attraverso una rivista particolarmente popolare. Così la nostra fotografa non solo riesce a comunicare con un pubblico femminile che, per scelta o circostanze, era isolato dalla situazione belligerante, ma riesce anche a dare una nuova veste a una rivista ben insediata nel suo genere. Vogue è e sarà una rivista di moda, ma sarà sempre meno indifferente ai fatti del mondo.
I rapporti con gli uomini
Nel libro, Serena Dandini cerca anche di capire, scavando nell’interiorità di Lee, come mai il suo rapporto con gli uomini sia così problematico. Certo all’inizio questi sono visti come un trampolino di lancio, però Lee, lodata più volte come donna più bella d’America, sembra sempre innamorarsi di tutte le figure maschili che entrano nella sua vita. Allora perché è insofferente a tutti? Perché abbandona tutti? Forse potremmo cercare una risposta nella mentalità maschilista del tempo: certo gli artisti erano uomini intelligenti, ma comunque contestualizzati in un periodo storico non particolarmente filogino. Lee si sente sempre oppressa dalle sue relazione, anche gli uomini che le lasciano molta libertà, come l’uomo d’affari egiziano, vogliono mantenerla economicamente e non le lasciano la possibilità di esprimersi nella sua interezza. L’uomo vuole il controllo, e Elizabeth non vuole essere controllata. Gli uomini vogliono una donna ubbidiente e che si occupi della casa, e Lee Miller mai si piegherà a quest’immagine stolta e standardizzata della donna.
Una donna che vive la libertà
Lee Miller potrebbe essere dunque considerata tra le pioniere dell’emancipazione femminile, anche se forse questo merito non le è mai stato riconosciuto. Non ha scritto libri, non ha partecipato a manifestazioni, non ha organizzato sommosse, eppure ha aperto la strada a milioni di donne che volevano occuparsi d’arte, di fotografia, di giornalismo, smettere di stare davanti a un obbiettivo per essere viste e volute dagli uomini. Lee Miller amava farsi desiderare, ma quando lo decideva lei, amava essere guardata, ma quando lei ne aveva voglia. Era libera, forse, in un senso più profondo di quello che noi intendiamo comunemente. Lei non voleva che le venisse riconosciuto il diritto di voto per essere placata momentaneamente ed essere poi nuovamente trattata, nel mondo di tutti i giorni, come prima. Lei desiderava la libertà totale, la completa parità, quella che ancora oggi non siamo riusciti a raggiungere.
Lee Miller è stata dunque una grande artista, avanguardista e rivoluzionaria nel suo modo di lavorare. Ma è anche stata una grande donna, che sicuramente, anche se indirettamente, ha aiutato l’emancipazione femminile, sia nel mondo artistico che in quello di tutti i giorni.