1.398 miliardi. Questa è la cifra che nel 2019 indicava la popolazione più numerosa al mondo, ossia quella cinese, in gara solamente con quella indiana. Per lungo tempo Paese povero e contadino, nel 1978 la Cina apre i propri mercati al resto del mondo e la sua economia passa da stagnante e isolata a una delle più dinamiche e produttive, raggiungendo una velocità di crescita in grado di impressionare (e spaventare) le economie dominanti.
China great again
Il 14 marzo 2013 Xi Jinping diventa il leader del Paese e fissa obiettivi molto ambiziosi che, poco a poco, si rivelano del tutto fattibili: nel 2015 viene fissato il Made in China 2025, un piano economico decennale che si pone come priorità assoluta la crescita dell’industria manifatturiera cinese e investe quindi nell’innovazione tecnologica in dieci settori chiave con il duplice obiettivo di imporsi sul mercato mondiale e ridurre, allo stesso tempo, la propria necessità di ricorrere alla tecnologia straniera.
Questo gesto dal carattere fortemente autarchico è stato interpretato dall’ex presidente statunitense Donald Trump come una sorta di provocazione, diventando quindi il punto di inizio di una serie di mosse e contromosse tanto politiche quanto economiche (Hazel Henderson diceva «Economics is really politics in disguise») che hanno portato, dal 2017 in poi, a una crescita esponenziale delle tariffe sulle importazioni sia cinesi negli USA, sia americane in Cina.
Un rapido cambiamento
Il crescente attrito tra le due potenze, nato con il risveglio dell’economia cinese stessa, è fonte di molte preoccupazioni soprattutto tra coloro che rivedono in questa rivalità le cause prime di molti precedenti conflitti che hanno segnato (negativamente) la storia del mondo.
Graham Allison, scienziato politico e docente all’università di Harvard, ha analizzato la storia economica cinese individuandone il punto di svolta fondamentale: se nel 1978 il 90% della popolazione cinese viveva al di sotto della soglia di povertà estrema (meno di 2 dollari al giorno), nel 2014, invece, la situazione si è ribaltata coinvolgendo solo l’1% della popolazione circa. A meno di 40 anni di distanza le percentuali si sono del tutto sostituite e la rapidità e l’efficienza cinesi sono state guardate con stupore da tutto il mondo.
Ruling power vs Rising power
Che cosa può originare un tale cambiamento? Secondo Allison il successo cinese può causare un forte impatto sull’ordine
È chiaro quindi che la problematica va ben oltre l’economia, o meglio, al fine di salvaguardare il proprio ruolo economico, un Paese è disposto a spingersi ben più in là dei confini tracciati dal mondo dell’economia vera e propria.
Il binomio denaro-potere, da sempre inscindibile, diventa perciò l’“oggetto del desiderio” di due super potenze che si temono a vicenda: gli USA, ruling power, che lottano per mantenere il proprio dominio, e la Cina, rising power, che lavora alla velocità della luce per superare chi comanda. In tutto ciò Allison non può che notare una fin troppo simile vicinanza ai più grandi conflitti storici: Atene e Sparta, la Gran Bretagna e la Germania. A dirla tutta, l’esperto afferma che in 500 anni i casi in cui due potenze – una fiorente e una già costituita – sono entrate in conflitto sono stati 16, di cui 12 sfociati in guerra.
Thucydides Trap
È da questo passo che Graham Allison formula la sua teoria denominata Thucydides Trap, ossia “When one great power threatens to displace another, war is almost always the result”. In sintesi, l’economia come fattore determinante nello scoppio di una guerra o nel mantenimento della pace nel mondo; l’inevitabilità della guerra come unico esito di una rivalità fra due potenze che aspirano allo stesso ruolo. Una dangerous dynamic che non si limita ad aggiungere qualche dazio o tariffa dispendiosa, ma che minaccia l’intero ordine mondiale.
L’innesco della guerra
Una cosa va però aggiunta, ovvero che nonostante la grande probabilità in termini “storici” della guerra, per far scoppiare una battaglia è sempre richiesta anche una scintilla che dia il via a tutto: per la Prima Guerra mondiale fu l’uccisione dell’Arciduca Francesco Ferdinando, per esempio, ma oggi potrebbe essere la Corea del Nord e il suo leader Kim Jong-un.
“What happens is, a third party’s provocation forces one or the other [power] to react, and that sets in motion a spiral, which drags the two somewhere they don’t want to go”. Sebbene si tratti solo di un’ipotesi, è un compito arduo quello di prevedere chi o che cosa farà scoppiare una guerra e quando si tratta di cose umane ragionare per assurdo non risulta poi così irrazionale.
Per non cadere nella trappola
La soluzione? L’esperienza. Allison riconosce che solo con coraggio e buon senso la rivalità può essere frenata e controllata, facendo sì che un passato disastroso non evolva in vizio umano, ma resti solo quello che è, e cioè un tempo lontano a cui si danno le spalle, ma a cui si dovrebbe volgere spesso il ricordo.
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