Cosa succede se non agiamo? Cosa succede se agiamo?
A soli 25 anni, Diletta Bellotti è già un’attivista politica nota per le sue lotte contro il caporalato: il suo intento è quello di portare alla luce e denunciare lo sfruttamento dei braccianti, italiani e immigrati, nelle campagne italiane da questo sistema.
Si stima siano più di 400.000, in questo momento, i braccianti in Italia sfruttati e sottopagati dalle agrumarie per occuparsi della raccolta del cibo che troviamo sulle nostre tavole, e di cui spesso ignoriamo la storia, perché siamo abituati a comprare al supermercato a prezzi stracciati, senza sapere chi paga le conseguenze del caporalato. Dei 400.000, circa 300.000 sono migranti, i 2/3 dei quali di origine africana.
La paga, quando c’è, è di 3 euro all’ora al massimo, e i contratti di lavoro totalmente inesistenti, costringendo i lavoratori a vivere in condizioni disumane, nella totale mancanza di rispetto dei diritti umani,e a mettere costantemente a rischio la propria salute e la propria vita. Nel caso qualcuno abbia dei dubbi a riguardo: queste persone non hanno scelto di lavorare in queste condizioni, ma si sono trovate costrette a farlo in quanto escluse dal nostro sistema socio-economico, e rimaste dunque ai margini della società. La scelta di fronte alla quale si trovano è accettare tutto questo, oppure morire.
Lo Sbuffo ha intervistato Diletta Bellotti perché possa aiutare noi e i lettori a fare chiarezza e informazione su una tematica che ci riguarda da vicino, ma di cui si parla ancora troppo poco.
Ciao Diletta, grazie per aver accettato di questa intervista. Ti va di presentarti a chi ancora non ti conosce?
Mi chiamo Diletta Bellotti, ho 25 anni e mi occupo dalla lotta alle agromafie.
Per quale motivo hai iniziato ad approfondire la questione delle lotte dei braccianti?
Ero già molto sensibile a molte questioni di infrangimento (breach) di diritti umani, ma molte questioni mi portavano troppo lontana dall’Italia e sentivo che ciò non poteva essere postcoloniale, anzi. Quindi ho deciso di lavorare con la mia comunità, con quello che opprimeva la mia gente: la mafia, lo sfruttamento, l’omertà.
Sei mai stata sul campo?
Sono stata in vari posti sia nel Lazio che in Puglia, per il periodo più lungo sono stata in un insediamento informale in Puglia chiamato Borgo Mezzanone.
Una domanda retorica, ma forse al mondo la risposta ancora non è sufficientemente chiara: il caporalato è schiavitù?
Il caporalato non è schiavitù, è una forma illegale del lavoro che incentiva forme di lavoro sfruttato e schiavistico.
Non esiste nessun tipo di tutela legale per i braccianti? Quale sarebbe la soluzione ideale per uscire da questa situazione disumana?
Consideri attualmente elitario combattere lo sfruttamento nel mondo dell’agricoltura tramite l’acquisto di prodotti equi dai prezzi altrettanto equi?
Considero elitario l’accesso alle informazioni, anche se sembrerà assurdo dire una cosa del genere nella “Information Age”, ma la questione bracciantile non è ancora di dominio pubblico, è complessa e quindi molto persone non arrivano neanche a chiedersi cosa ci sia dietro il cibo che mangiamo. Comprando direttamente dal contadino e controllando con i nostri occhi come si lavora su quel terreno si fa sempre la scelta migliore, molte persone non
Cos’è “Pomodori rosso sangue?”
È una campagna di sensibilizzazione e informazione sulle agromafie e sulla situazione precaria in cui vivono i lavoratori e le lavoratrici della terra.
Puoi consigliare ai lettori de Lo Sbuffo un libro da leggere assolutamente per iniziare a informarsi sulle lotte dei braccianti?
Sotto Padrone, Marco Omizzolo
Uomini e Caporali, Alessandro Leogrande
Ama il tuo sogno, Yvan Sagnet
Vuoi aggiungere qualcosa?
Parlatene: a tavola, con gli amici, online. Parlatene e iniziate a cambiare le cose.
Intervista a Diletta Bellotti
Copertina: foto di Beatrice Puddu
1Immagine: illustrazione di @vita_da_cactus
2Immagine: foto gentilmente fornita da Diletta Bellotti
3Immagine: foto di Beatrice Puddu