Anna Piaggi, celebrando un mito

Il mondo della moda è costellato da storie imprevedibili, uniche nel loro genere. Le menti che tessono le fila di questo universo non si occupano solo di abiti ma, grazie alla moda, riescono ad aprire un’indagine sociologica sul mondo che ci circonda. È proprio dietro le quinte che si nascondono i personaggi che hanno cambiato la storia del fashion. Una fra tutte è Anna Piaggi, che di questo mondo ne ha dettato le regole, grazie all’arma più potente che esista, la sua penna.

È fin troppo riduttivo chiamare Anna Piaggi una semplice giornalista di moda: tra le figure più influenti del panorama letterario italiano del Novecento, è stata una talent scout, collezionista, cool hunter. La Piaggi ha fatto dell’unicità il suo marchio di fabbrica. Irriverente ed eccentrica come un quadro cubista, la sua scrittura visionaria ha accompagnato e in alcuni casi persino influenzato la storia della moda.

Anna Piaggi fu una tra le prime giornaliste iscritte all’Ordine. La sua fama non conosceva confini, tanto che il Victoria and Albert Museum di Londra allestì una mostra-ricordo a lei dedicata, nel 2006, intitolata Anna Piaggi Fashion-ology.

Natalia Aspesi, cugina della Piaggi, commentò così la notizia:

In un Paese come il nostro, dove si ha diritto alla fama popolare e all’interesse degli intellettuali solo se si mimano villanate in televisione, saranno in tanti a chiedersi chi mai sia questa signora cui un grande museo straniero dedica tanta devota attenzione.

La vita

Anna Piaggi nasce a Milano il 22 Marzo 1931. Inizia a lavorare in veste di traduttrice per la Arnoldo Mondadori Editore. Negli anni Sessanta è stata una delle prime giornaliste italiane a scrivere di moda. Nel 1965, a New York, sposò il celebre fotografo Alfa Castaldi, a cui rimase legata fino alla morte di lui, nel 1995.

Piaggi non si limitò solo a collaborare alle testate più celebri d’Italia, da «l’Espresso» a «Panorama», ma contribuì anche alla fondazione di «Vanity» e «Arianna». Nelle riviste di moda per cui ha lavorato unì spesso i suoi ruoli da direttrice creativa ed editor, affermando quanto fosse essenziale che queste due figure coesistessero simultaneamente nella creazione di una rivista.

Durante le sfilate non si limitava a presenziare in prima fila, ma era una grande frequentatrice dei backstage. Insieme al marito Alfa, adorava scovare i più sottili dettagli nascosti dietro un abito. Dopo una vita da protagonista indiscussa nel fashion system, si spense nel 2012, a 81 anni.

https://wmagazine.tumblr.com/post/167047532595/style-icon-anna-piaggi-in-the-original-photo

Le Doppie Pagine

Nel 1988 crea la celebre rubrica Le Doppie Pagine, per «Vogue Italia», che non abbandonerà mai.

Gli articoli della rubrica sono caratterizzati da un tono bizzarro, al limite del libertino, con un’originalità senza precedenti. Non era difficile leggere il suo particolare punto di vista tra le righe. Nessuno come lei era in grado di decodificare e reinterpretare il messaggio intrinseco dietro a una collezione e associarlo ai cambiamenti sociali in corso. Nel 1998 la rubrica è diventata un libro, edito da Electa Edizioni: Doppie pagine diventa una commistione tra immagini e parole per costruire una narrazione della moda mai vista prima.

Questo volume raccoglie una selezione delle migliori Doppie Pagine uscite dalla fantasia della Piaggi: coloratissime immagini a tutta pagina che offrono l’attenta decifrazione di tutti gli elementi essenziali dello stile di oggi e mettono sotto i riflettori tutti i temi e le tendenze delle varie maison di moda.

https://fashiontimeless.tumblr.com/post/180292999164/vogue-italia-april-1993

Lo stile

Ha un modo di vestire veramente unico. A volte ci metto un’ora per fare un acquerello, altre facevo un piccolo disegno in cinque minuti, altre volte ancora servivano quattro o cinque ore. Anna ha questo dono, ogni cosa in lei diventa grafica e hai voglia di fissarla sulla carta

Karl Lagerfeld, grande amico della Piaggi, la incoronò sua musa nel 1986, dichiarando nella prefazione del libro, scritto in collaborazione con Anna – intitolato Anna Chronique ed edito da Longanesi&CO – che fu proprio lei a inventare la moda per come la intendiamo oggi. Era una trend-setter, si veste oggi come noi ci vestiremo domani. Nel riflesso di Anna coesistono originalità e intelletto.

Il suo stile è la sintesi perfetta dei suoi viaggi, del suo esotismo, del continuo flusso di pensieri contrastanti che mai la abbandonavano. Con la valorizzazione di accostamenti mai pensati prima, unendo antico e moderno, la Piaggi compie un vero e proprio gesto rivoluzionario, creando con i suoi outfit nuove avanguardie, spingendosi oltre i limiti. Il suo styling diventa un fenomeno culturale, rompendo il pregiudizio che relega l’abito a un semplice oggetto, tra punk e alta moda. Crea una dimensione che rompe lo stereotipo e premia la creatività, proponendo stili che non hanno una scadenza, ma sono specchio del suo animo in fermento.

È a lei che si attribuisce l’invenzione del vintage. Prima di lei, nessuno aveva mai pensato di indossare capi e accessori provenienti da decenni passati, come tessuti bizzarri e copricapo, di cui era sfrenata collezionista.

https://serafino-finasero.tumblr.com/post/184718866249/anna-milano-circa-1986-anna-piaggi

Il documentario

Nel 2016 Alina Marrazzi realizza un documentario intitolato Anna Piaggi – Una visionaria della moda, presentato al Biografilm di Bologna e successivamente al Milano Film Festival. Nella pellicola viene tratteggiato un ritratto sfaccettato ed esaustivo della giornalista, grazie agli interventi  di colleghi e amici, da Manolo Blahnik a Rosita Missoni. Fondamentali risultano le interviste a Ugo Mulas e Mario Dondero, per sottolineare quanto la Piaggi amasse frequentare i più importanti salotti letterari milanesi. Emerge un mondo caleidoscopico immerso di colori sgargianti, contrasti vividi, contraddizioni uniche, universi diametralmente opposti che coesistono in un personaggio davvero geniale e indimenticabile.

Anna Piaggi incarnava questa doppia figura del critico e dell’icona della moda: da una parte ne dava una lettura mai banale, dall’altra ne era anche partecipe, nonché influente rappresentante. Fino a diventare in alcuni casi una pioniera, in grado con le sue sperimentazioni di aprire brecce e lanciare raffinate provocazioni. Ponendo infine le basi per concepire il vestire come uscita dal corpo per contaminare lo spazio. Una vera e propria opera d’arte vivente.


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