Il nostro Paese è noto universalmente per la sua cultura, soprattutto classica. Chi non conosce, almeno in minima parte, usi e costumi degli antichi romani? Per non parlare dei greci e dei territori da loro occupati nel Sud Italia, meglio noti come “Magna Grecia”. I popoli che hanno abitato la nostra penisola, però, sono davvero numerosi: quanto sappiamo, ad esempio, degli etruschi?
La civiltà etrusca ebbe una profonda influenza su quella romana. Ciononostante, gli etruschi sono per noi un popolo ancora molto misterioso: si pensi soltanto che tuttora non si conoscono con certezza le loro origini. Orientali o autoctoni? O, ancora, provenienti dal centro Europa? Per ora non abbiamo risposte. Inoltre, nonostante i progressi negli studi, un’altra incognita riguarda la lingua etrusca, di cui siamo in grado di ricostruire solamente pochi vocaboli.
L’aldilà etrusco
Oggi, però, possiamo riscoprire alcune usanze e tradizioni del popolo etrusco grazie alla presenza dei loro luoghi di sepoltura. Nella cultura etrusca, il passaggio al mondo dell’aldilà rivestiva infatti un’importanza fondamentale. Tendenzialmente, l’oltretomba era interpretato come un luogo fisico, che aveva sede nel sottosuolo. Per tale ragione, spesso nelle tombe etrusche sono stati ritrovati diversi oggetti della vita quotidiana, probabilmente appartenuti al defunto.
In seguito, l’influenza del mondo greco comportò un mutamento nell’immaginario ultraterreno, che venne interpretato come un luogo indefinito, raggiungibile solo dopo un pericoloso viaggio. Non dimentichiamo infatti che la civiltà etrusca mutò nel corso dei tre secoli (dal IX a.C. al I a.C.) in cui visse nel territorio dell’Etruria (corrispondente grossomodo all’attuale Toscana, a parte dell’Umbria e del Lazio).
Le necropoli: una fonte preziosa
Tra questi mutamenti, vi è anche la forma stessa delle tombe, che possono vantare le configurazioni più diverse a seconda del periodo storico e della collocazione geografica. Le tombe etrusche venivano spesso costruite sotto terra, oppure in superficie, ma in tal caso erano attentamente ricoperte (si parla quindi di tombe a tumulo, una struttura circolare ricavata dal tufo). In un singolo tumulo generalmente venivano seppellite più persone appartenenti alla stessa famiglia.
Il termine necropoli deriva dal greco e significa letteralmente “città dei morti”. Nel mondo etrusco tali luoghi ricordano effettivamente un agglomerato di case, soprattutto per l’architettura interna, che ricordava il “mondo di sopra” proprio per far sì che il defunto potesse continuare a “vivere” in un ambiente a lui familiare. Tra i già citati oggetti del corredo, di frequente erano presenti, oltre ad abiti e ornamenti, anche scorte di viveri. Le necropoli, se ben conservate, hanno fornito agli studiosi preziose indicazioni sulle strutture delle case etrusche e sulle abitudini e lo stile di vita di questo popolo.
Cerveteri: una meraviglia tutta italiana
Tra le varie necropoli etrusche rinvenute, molti affermano che quella di Cerveteri sia la più suggestiva. Si trova nel Lazio, non lontano da Roma, ed è nota anche come “necropoli della Banditaccia”, nome derivato dal fatto che a fine Ottocento la zona venne “bandita”, cioè affittata tramite bando, dai proprietari terrieri della vicina Cerveteri, a beneficio della popolazione locale. Un beneficio di poco conto, perché questo territorio mal di prestava alla coltivazione e al pascolo; motivo per cui le venne affibbiata questa denominazione dispregiativa.
La moderna Cerveteri, alla quale fa capo il sito archeologico, è sorta sul luogo dove si trovava l’antichissima città di Caere, citata pure da Tito Livio, in riferimento alle vicende dei troiani capeggiati da Enea, nel suo Ab Urbe Condita. L’avversario di Enea, Turno, si sarebbe rifugiato proprio qui, presso il re Mesenzio, con i Rutuli suoi compagni. Tito Livio descrive la città di Caere come ricca e fiorente. D’altra parte, il rilievo della città e la prosperità dei suoi cittadini sono ampiamente testimoniati dalla monumentalità della necropoli e dalla qualità dei manufatti rinvenuti nei corredi tombali.
La ricchezza e la preziosità delle antichità etrusche
La necropoli della Banditaccia colpisce soprattutto per la sua ampiezza: il sito archeologico si estende infatti per circa 400 ettari e per questo è considerata la necropoli antica più estesa di tutta l’area mediterranea. In questo spazio (visitabile solo parzialmente) sono presenti migliaia di tumuli e sepolture di differenti forme e dimensioni, tramite le quali è possibile ricostruire l’evoluzione dell’architettura funebre etrusca nel corso del tempo. Le sepolture più antiche risalgono addirittura al periodo villanoviano (IX secolo a.C.), mentre le ultime al cosiddetto periodo ellenistico (intorno al III secolo a.C.).
Spesso gli archeologi hanno dato alle tombe nomi diversi, che si rifanno a una decorazione interna, a un particolare oggetto del corredo funebre, oppure alla famiglia sepolta lì (tuttavia, non sempre questo è noto). Tra le tombe più affascinanti, vi è quella detta “dei Rilievi”, risalente al IV secolo a.C., nota perché al suo interno si sono conservati tutti gli arredi e gli oggetti appesi alle pareti, ma soprattutto perché è l’unica tomba etrusca decorata con rilievi in stucco (da qui il nome), in luogo dei più consueti affreschi.
I soggetti dei rilievi sono utensili della vita quotidiana, o legati all’ambito militare (quali scudi, elmetti, armi) e animali di vario genere. Alcuni rilievi richiamano invece l’iconografia della famiglia Matuana, proprietaria della tomba, i cui membri erano magistrati (vediamo dunque una sedia pieghevole, corna in avorio e un lituo, ovvero un bastone ricurvo con funzione sacrale). Questa tomba è solo una dei numerosi tesori che si possono trovare a Cerveteri, che vanta un ricchissimo patrimonio tutto da scoprire.
Storia degli scavi
Sul finire dell’Ottocento furono compiuti alcuni scavi in maniera disorganizzata da parte di amanti dell’antiquariato, che spesso miravano a trovare manufatti preziosi per poi rivenderli. A partire dal 1909 fu avviato il primo scavo sistematico, condotto da Raniero Mengarelli, che chiamò il percorso sepolcrale principale “Via degli Inferi”, denominazione utilizzata ancora oggi. Come si era soliti all’epoca, gli scavi erano volti prevalentemente al recupero di oggetti dall’elevato valore storico-artistico.
Dal 1936, tuttavia, gli scavi si interruppero e l’area venne abbandonata al degrado naturale. Numerosi furono in questi anni gli scavi clandestini, fino agli anni Sessanta, quando l’attività di ricerca riprese sotto la direzione dell’archeologo Mario Moretti. Egli si interessò soprattutto alla zona dei “grandi tumuli”, dove si trovano numerose strutture sepolcrali di grande valore ed interesse storico. Tra queste, la Tomba dei Leoni Dipinti, che prende il nome da una decorazione che in origine rivestiva tutte le pareti interne del sepolcro.
Un patrimonio UNESCO
L’estensione del sito archeologico, l’eccellente stato di conservazione dei tumuli e delle decorazioni al loro interno, insieme con la ricchezza dei corredi funebri (i cui oggetti sono in gran parte raccolti al Museo nazionale etrusco di Villa Giulia, a Roma) hanno fatto sì che la necropoli della Banditaccia, insieme a quella dei Monterozzi di Tarquinia, sia entrata a far parte dal 2004 della lista dei siti patrimonio dell’umanità dell’UNESCO. Le necropoli sono state definite “un capolavoro del genio creativo dell’uomo […] costituiscono una testimonianza unica ed eccezionale dell’antica civiltà etrusca, l’unico tipo di civiltà urbana dell’Italia pre-romana.”
A partire dal 2012, inoltre, è stato inserito un percorso di visita multimediale all’interno di alcune tombe, con l’intento di ricreare l’ambiente etrusco e dare ai turisti la sensazione di immergersi nella vita quotidiana di questo popolo. Se siete amanti di siti archeologici e non siete mai stati a Cerveteri, che cosa aspettate dunque a programmare una gita dal gusto etrusco?