La Cina ha deciso di affrontare quelle che sono le prime avvisaglie di una vera e propria crisi demografica. Anche se in un primo momento può sembrare strano, infatti, il gigante asiatico non cresce demograficamente, tanto che, basandosi sui dati odierni, si stima una decrescita del 48% della popolazione da qui al 2100. Una previsione che ha sicuramente allarmato Pechino, dato che proprio l’esplosione demografica del secolo scorso e l’enorme disponibilità di manodopera sono tra i fattori che hanno reso la Cina la seconda potenza globale. Le nuove politiche di incentivo demografico riusciranno ad invertire la traiettoria?
Evitare la crisi abbandonando la politica del figlio unico
Ogni decennio la Cina opera un censimento della propria enorme popolazione, che oggi consiste in più di 1 miliardo e 440 milioni di individui, e sulla base dei risultati ottenuti modella la propria politica demografica: la situazione testimoniata dall’ultimo censimento, svolto nel 2020 e i cui risultati sono stati resi pubblici nel maggio 2021, ha portato le autorità ad adottare misure concrete per mitigare i dati nel prossimo futuro e scongiurare il rischio di cadere nella spirale demografica tipica dei paesi occidentali, con nascite scarse e invecchiamento della popolazione.
Una decisione storica è quella che ha portato ad abolire il limite dei due figli per nucleo familiare, adottato nel 2016, autorizzando le famiglie ad avere fino a tre figli. Per quanto sia inconcepibile per noi cittadini liberi occidentali che sia lo Stato a decidere quanti figli dovremmo procreare, questo è pur sempre un cambiamento storico per la società cinese, che abbandona così definitivamente la politica del figlio unico, in vigore dal 1979 al 2016, che permetteva un solo figlio per coppia per contrastare così l’esplosione demografica. Questa misura cinicamente liberticida ha portato, tra l’altro, alla diffusione dell’aborto selettivo in favore dei figli maschi, ritenuti più adatti al lavoro agricolo e nelle industrie.
La forza demografica fulcro della potenza cinese
Le nascite si erano poco a poco ridotte sino a raggiungere la situazione attuale che Xi Jinping intende cambiare. Il presidente-dittatore cinese, infatti, sa molto bene quale sia il potere che risiede nella forza demografica e conta sulle giovani forze per poter vincere le sfide globali che attendono la Cina.
Una popolazione più giovane è, storicamente, più propensa ai cambiamenti, a sopportare periodi di crisi e guerre e a introdurre innovazioni nella società. Per competere con tutte le altre grandi potenze globali e mantenere il proprio ruolo semi-dominante il presidente cinese ha capito che deve intervenire.
Una Cina che continua a invecchiare
Ad oggi il tasso di fertilità cinese è sceso a 1,3 figli per donna, al pari dell’Italia tra i più bassi del mondo, mentre la crescita della popolazione si è assestata sullo 0,53% annuo, circa 70 milioni di persone in dieci anni, mentre nel 2010 era dello 0,57%. Una crescita lenta che tende a diminuire sin dagli anni Settanta e che, anche causa Covid, ha toccato il suo punto più basso proprio nel 2020, che, con “sole” 12 milioni di nascite, ha registrato un calo di più del 20% rispetto all’anno precedente.
Intanto la popolazione cinese invecchia a ritmi stabili, tanto che ad oggi il 18,7% della popolazione ha più di 60 anni, mentre nel 2010 era il 13,20%, e il 63,35% ha tra i 15 e i 59 anni, contro il 70,14% del decennio scorso. Un trend che non intende mutare, dato che il cambio del 2016, con l’abbandono della politica del figlio unico, non ha fatto registrare alcun cambiamento importante.
Tra costo della vita e politiche per gli anziani: crescere i figli è sempre più difficile
Dopo decenni di sanzioni, divieti e disincentivi, non è facile invertire la rotta. Il governo ha promesso ingenti pacchetti di sostegno alle famiglie e di incentivi pro fertilità, ma la società cinese odierna non è più quella del boom demografico del secolo scorso. Se molti, infatti, lamentano di non essere nelle condizioni economiche per permettersi nemmeno un figlio, la maggior parte della popolazione si dice preoccupata dalle sfide quotidiane, come l’aumento del costo della vita e l’inquinamento dilagante, così che la prospettiva di avere una prole numerosa da accudire e crescere non è accolta positivamente. Inoltre, stando alle stime ufficiali, il governo di Pechino si aspetta che entro il 2025 un quinto della popolazione, circa 300 milioni di persone, sarà oltre la soglia dei 60 anni: l’invecchiamento della popolazione sta influenzando anche le scelte politiche, con aumento degli investimenti pensionistici e di gestione della terza età.
Eppure le sfide da affrontare sono molte e, secondo diversi analisti e studiosi, non basterà togliere un divieto diventato quasi anacronistico per incentivare i cittadini a creare famiglie più numerose, ma andranno affrontati alcuni dei più spinosi aspetti della società cinese, come il sistema di residenza cinese, o hukuo, che era stato introdotto da Mao per limitare le migrazioni dalle campagne alle città.
La forza delle abitudini condizionerà ancora il futuro
Oltre all’aspetto economico, per cui oggi è troppo costoso per un nucleo famigliare avere più figli, è determinante anche quello sociale e mentale, dopo decenni in cui veniva affermata la bontà della politica del figlio unico: cambiare le abitudini sociali non è mai una sfida facile, tanto meno se queste sono state prima introdotte con la forza e la violenza.
Il regime non intende cambiare i suoi sogni di megalomania, ma sa che se non modifica i tassi di crescita della propria popolazione in un futuro non così lontano potrebbe dover rivedere la propria politica interna ed estera. Una nazione che ha fatto della forza demografica il proprio tesoro petrolifero non vuole rinunciare tanto facilmente a quello che rischia di trasformarsi da essere un fattore propulsore della crescita cinese a diventare un freno difficile da eliminare.