Cantautore non solo per sé stesso: l’intervista a Lorenzo Vizzini

Lorenzo Vizzini, classe ’93, ragusano di nascita e milanese di adozione, è il protagonista dell’intervista di oggi. Ha collaborato con importanti artisti del panorama musicale italiano, scrivendo canzoni e parallelamente seguendo la carriera di produttore e cantautore. Vincitore del premio Siae, come autore under 30 che si è distinto per i suoi lavori, Lorenzo ha pubblicato recentemente il suo terzo disco SuXMario, un connubio di dieci tracce pop che sintetizzano perfettamente l’obiettivo del lavoro dell’artista: l’incontro tra l’adolescenza e l’età adulta e l’atmosfera di transizione che caratterizza l’immagine del personaggio dei videogiochi.

L’intervista

Ciao Lorenzo, grazie per la tua disponibilità. La passione per la musica ce l’hai sin da bambino. Ti ricordi come vivevi la musica da piccolo e cosa ti piaceva fare?

Sicuramente era una delle mie passioni più grandi, già da piccolissimo. Per esempio, a due anni, per una festività, chiesi per regalo ai miei genitori un palcoscenico con tutti gli strumenti musicali. Mia madre prese così delle casse del supermercato e comprò degli strumenti giocattolo. Per fortuna penso che non sia cambiato molto, anzi quella componente di gioco continua ad accompagnarmi ogni giorno.

Per me il divertimento continua a essere il fattore principale, che mi spinge ad amare la musica, a continuare a stupirmi e innamorarmi scrivendo una canzone.

Ci sono dei cantanti che hanno influenzato positivamente la tua formazione musicale?

Tantissimi, soprattutto i cantautori. Quelli che mi accompagnano dall’anno zero sono sicuramente Pino Daniele, Lucio Dalla e Lucio Battisti. Nell’adolescenza ho amato molto del cantautorato anni Settanta e Ottanta, ma la lista sarebbe infinita, dai nomi più storici e istituzionali fino ad altri più assurdi e meno conosciuti. In generale fino ad oggi, il cantautorato, italiano e non, è quello che mi influenza maggiormente. Però ci sono davvero tantissimi nomi, la lista sarebbe lunghissima e finirei per annoiarti mortalmente, quindi te la risparmio.

Possiamo dire che il salto di qualità è avvenuto una volta che sei arrivato a Milano. Com’è stato trasferirsi al nord e cosa ti ha spinto a fare questa scelta?

I primi anni è stato estraniante, mi gasavo ad esempio a ordinare gli armadi o a preparare le lavatrici, cose di una noia mortale. Fra l’altro avevo diciotto anni, quindi davvero il primo anno non conoscevo nessuno dei miei coetanei e stavo praticamente sempre in studio o a casa. Poi con il tempo è diventato tutto più vivo e in questa città ho vissuto momenti di qualsiasi genere, meravigliosi, dimenticabili e tristissimi, a volte tutti e tre insieme nello stesso momento. Mi sono trasferito esclusivamente per fare musica, fino ad oggi la considero la città principale nel settore e ammetto che con me Milano è stata una città molto generosa e per questo le sono molto grato.

Quali sono stati i tuoi primi lavori “importanti” che sei riuscito a portarti a casa?

Ci sono due nomi a cui sono legati i miei esordi. Il primo è quello di Mario Lavezzi, mio primo produttore, che quando avevo diciotto anni mi chiese di scrivere un testo di una sua composizione per il suo disco. Era un brano che aveva già scritto con Maurizio Costanzo e mi chiese di trovare alcune variazioni a quel testo. Pensavo fosse un suo regalo, un evento singolare e invece, poco dopo, sempre grazie a lui ho conosciuto Ornella Vanoni. Me la presentò a un suo concerto Mario e lei mi chiese di scriverle una canzone senza conoscere bene in realtà quali fossero le mie capacità da autore.

La stessa notte scrissi per lei La donna dai capelli blu mare. Qualche giorno dopo l’ascoltò, proprio a casa di Mario, e le piacque a tal punto che mi propose di scrivere con lei il suo ultimo disco. Senza loro due probabilmente la mia vita non sarebbe la stessa.

Sei un cantautore, produttore e autore. Ti preferisci in una veste in particolare?

In realtà amo tutte e tre le vesti e mi piace saltare da una cosa all’altra, sono tre aspetti complementari, anche se molto diversi e mi lasciano un grande spazio d’anarchia, che per me è fondamentale. Tutte e tre le cose mi appassionano tantissimo e spero di poterle portare avanti per tutta la vita.

Veniamo al tuo nuovo lavoro SuXMario. Com’è nata l’idea di questo disco e il significato del titolo? Perché hai voluto parlare del passaggio, spesso complesso anche dal punto di vista psicologico, tra l’adolescenza e il “mondo dei grandi?”.

Più che una volontà è stata una circostanza temporale, visto che la maggior parte delle canzoni le ho scritte quando avevo ventitré anni e stavo vivendo in maniera forte quel passaggio. Super Mario mi sembrava la sintesi adatta, perché è un personaggio che non capisci mai se è un bambino coi baffi, visto che la statura è quella, oppure un signore di mezza età. È stato divertente poterle cantare diversi anni dopo con un tono più distaccato rispetto a quello che stavo vivendo, ma ammetto che quando le ho scritte era veramente una fase complicata, piena di confusione.

In generale in quegli anni, mi rendevo conto che l’età adulta non era più un traguardo lontano, mentre nella mia quotidianità continuavo a vivere da eterno adolescente, cominciando però a sentire il peso delle sbronze o del fare le 8 del mattino e svegliarmi distrutto il giorno dopo. Era come se sapessi che le cose stavano cambiando e un po’ questa cosa mi pesava.

Nell’album parli di temi ricorrenti, che non passano mai di moda: l’amore, le delusioni, le insicurezze, il divertimento con un tono molto semplice, quotidiano. C’è un pezzo al quale sei più legato o un pezzo che ti ricorda molto il Lorenzo da adolescente?

Sono legato a tutte onestamente, quindi sarebbe difficile rispondere. Probabilmente quelle che sono più significative rispetto alla tematica del disco sono la prima e l’ultima traccia, tant’è che condividono la stessa introduzione strumentale in due ambientazioni sonore diverse, volevo che ci fosse quel filo conduttore, un po’ come nei concept di anni fa.

Niente racconta quella che è stata la mia prima adolescenza, la scuola, la vita di provincia in Sicilia, cose che già qualche anno fa sentivo lontanissime, era un modo per raccontare quanto quella età fosse diventata lontana da me e dalla mia attualità, La sera di Natale invece, al contrario, è un po’ una sorta di ponte che mi porta definitivamente all’età adulta; ho cercato di raccontare il più liberamente possibile quella presa di coscienza lì.

Hai mai pensato di voler tornare bambino anche solo per un momento? C’è qualcosa che più ti manca di quella fase di crescita?

No, mai, anzi in realtà mi sento un bambino con la barba, tipo Super Mario, appunto. Tutto quello che mi piaceva dell’essere bambino lo continuo a fare: continuo a essere un sognatore esagerato e continuo a divertirmi a fare quello che faccio. E soprattutto, il gioco è il mio lavoro principale e lo rispetto con una religiosità sacra.

Hai lavorato con artisti importanti come Laura Pausini, Renato Zero, Arisa e molti altri. C’è un aneddoto particolare che ti viene in mente in relazione alla tua collaborazione, o un brano che ha alle spalle una storia peculiare?

Ce ne sono tantissimi. Penso a Gualazzi che canta in ragusano Mondello Beach, a Renato Zero che canta Quanto ti amo, una canzone che avevo scritto ispirandomi alla storia dei miei nonni, a Mr. Rain che per la prima volta ha inserito un mio ritornello in spagnolo in una canzone – Sentieri sulle guance – o ai lunghi pomeriggi a scrivere a casa di Ornella Vanoni. Ed è solo perché non posso citartele tutte, ogni canzone ha una storia, anzi a volte le storie sono pure più affascinanti della canzone stessa. Un giorno magari le scriverò tutte, sarebbe divertente.

Fai finta di dover promuovere SuXMario con tre parole. Quali sarebbero?

Fresco, igienizzante e 100% bio.

Stai già lavorando a un eventuale prossimo lavoro o preferisci goderti il momento e la soddisfazione della tua pubblicazione?

Penso sempre al prossimo, anzi ai prossimi lavori. In realtà ne ho nel cassetto più di una decina già scritti, anzi alcuni già pre-prodotti. Fosse per me farei uscire cinque dischi l’anno. Negli ultimi tempi sto ascoltando molto Litto Nebbia, un meraviglioso cantautore argentino super prolifico, avrà fatto uscire una sessantina di dischi in vita sua.

Ecco, mi piacerebbe poter fare tanti dischi e sperimentare tutti i generi che amo, scegliendo sempre territori diversi ad ogni disco. Mi piacerebbe poter trovare nella mia discografica un disco punk, uno vapor, uno italo disco, uno glam rock e via così all’infinito, senza mai ripetere strade già battute.

Lo Sbuffo ti ringrazia e ti augura una buona continuazione.

Grazie a voi per la bella chiacchierata, vi mando un abbraccio!

 

FONTI

materiale gentilmente offerto da Astarte Agency

CREDITS

materiale gentilmente offerto da Astarte Agency

 

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