Mai come negli ultimi anni nel sistema moda parlare di glocalismo è diventato essenziale per il dibattito sul futuro del settore. L’urgenza di far emergere storie e tradizioni di una comunità in ambienti di respiro globale non può più essere ignorata. Il fashion system si sta muovendo, sebbene lentamente, sempre più in questa direzione, preservando usi e costumi locali in favore di una narrazione più inclusiva e rispettosa di una pluralità di voci che meritano di essere ascoltate.
Questo processo non può che passare attraverso l’informazione editoriale. Come si muove l’editoria di moda in questo senso? Il periodico mensile «Vogue», edito dal 1909 da Condè Nast, con le sue ventisei edizioni internazionali e tradotto in sedici lingue, riesce a regalare finestre locali che affacciano sul mondo.
«Vogue Italia»: questo non è (solo) un giornale di moda
La moda, ovviamente, rimarrà sempre in primo piano, ma il magazine dovrà essere apertamente progressivo e impegnato. Per un semplice fatto: non dire nulla è comunque un gesto politico che equivale ad accettare lo status quo. E questo, certo non è Vogue.
«Vogue Italia» è sempre stata attenta a intrecciare la moda con tematiche sociali troppo spesso ignorate dagli addetti ai lavori. È stata Franca Sozzani, direttrice della rivista dal 1988 al 2016, anno della sua morte, a darle un taglio politico e audace. Nel corso della sua carriera ha affrontato temi fin troppo scomodi per la moda italiana, come la violenza domestica, i disturbi mentali e l’abuso della chirurgia estetica. Nel 2008 ha pubblicato il Black Issue, edizione speciale del mensile in cui posavano, in copertine diverse e in tutti gli editoriali, esclusivamente modelle di colore, che indossavano creazioni di designers africani. L’intento di questa edizione di successo era proprio quello di promuovere la diversità e l’inclusione e uguaglianza in un ambiente stereotipato e pieno di pregiudizi.
“Vogue Italia ha cambiato il corso dei giornali con questo numero. Come mai non l’ha fatto nessuno in America?”, mi chiedono. “Semplicemente perché ci avevo già pensato io prima” rispondo ridendo. No, il fatto è che le modelle di colore sono ancora poco usate e non assolutamente per problemi razziali, ma perché nessuno pensa né a cercarle né a proporle.”
Emanuele Farneti, direttore di «L’uomo Vogue», ha sostituto la Sozzani alla guida della rivista, mantenendo un dialogo impegnato con realtà locali e filiere sostenibili. A tal proposito, la sezione Vogue Talents, di Vogue.It, raccoglie articoli e servizi su giovani italiani di talento che vogliono debuttare nella moda.
La rivoluzione di Vogue Polonia
“Liberi solo se saremo uguali”
«Vogue Polonia», sin dalla sua prima edizione, ha tessuto un legame fortissimo con la nazione. La prima edizione del periodico è una celebrazione alla cultura e all’arte polacca, con servizi scattati dal fotografo Juergen Teller.
Il 22 Ottobre «Vogue Polonia» si presenta con un’edizione profondamente politica: il magazine si schiera per il diritto all’aborto dopo la sentenza della Corte Costituzionale polacca che ha di fatto vietato l’interruzione di gravidanza anche per feti con difetti congeniti. In copertina viene scattata la modella e attivista Anja Rubik, in prima linea per la battaglia, avvolta solo da un drappo rosso fuoco, con le mani legate e un fulmine sul viso. L’editoriale è seguito da una lunga lettera della supermodella, che rivendica il suo diritto di scelta e le condizioni delle donne e della comunità LGBTQ+ nel suo Paese.
Il diritto di una donna di scegliere è la cartina di tornasole di una società sana e progressista. Il momento che stiamo vivendo graverà sulla comunità polacca per decenni a venire. Le nostre donne – le nostre madri, mogli e figlie del futuro – contano su di noi per essere messe al primo posto.
Il riscatto di «Vogue America»
«Vogue America» è una delle testate più autorevoli del mondo della moda e la sua chief editor Anna Wintour, alla direzione del giornale da più di trent’anni, è la fashion journalist più influente nel panorama mondiale. Ma le cose stanno per cambiare in casa Vogue? Recentemente la direzione è stata più volte tacciata di razzismo ed enfatizzazione del white privilege. Molti giornalisti si sono schierati contro la Wintour, accusata di creare un ambiente di lavoro tossico, incoraggiando lo stereotipo di una bellezza “magra, ricca e bianca”, non favorendo principi di accoglienza ed inclusione all’interno dell’azienda.
“Fashion is bitchy,” one former Black staff member said. “It’s hard. This is the way it’s supposed to be. But at Vogue, when we’d evaluate a shoot or a look, we’d say ‘That’s Vogue,’ or, ‘That’s not Vogue,’ and what that really meant was ‘thin, rich and white.’ How do you work in that environment?”
Nonostante le critiche, «Vogue America», soprattutto nella sua versione digital Vogue.com, si è schierata accanto alle molteplici minoranze presenti nel Paese.
Native Max Magazine definisce il numero di «Vogue» dello scorso Febbraio “monumentale“, con una rubrica che dà voce alla creatività di giovani designer Nativi Americani, come l’artista Apsáalooke Elias Jade Not Afraid, il designer di gioielli Kiowa Keri Ataumbi e i proprietari della linea di denim Ginew Indigenous Erik Brodt (Ojibwe) e Amanda Bruegl (Oneida e Stockbridge-Munsee) per una storia intitolata “Gli Stati Uniti della moda”.
Secondo «Vogue», la rivista ha trascorso mesi a fare scouting, fotografando e intervistando decine di creativi in tutto il mondo, viaggiando dai grandi centri cittadini fino ai piccoli paesi, tra cui Lodge Grass, nel Montana, che ha una popolazione di 428 abitanti e si trova nella Crow Indian Reservation, con l’obiettivo di scrivere un racconto corale con designer, visionari, artigiani e custodi del patrimonio che lavorano in tutto il paese.
L’attivismo di «Vogue Britain»
«Vogue Britain» ha stravolto il suo appeal grazie all’ingresso di Edward Enniful alla direzione del magazine, nel 2017, diventato il primo direttore di colore della rivista. L’editor-in-chief ha avuto fin da subito l’obiettivo di svecchiare la testata, rendendola più consapevole e attenta alle nuove generazioni e alle questioni politiche. Il risultato? Un aumento del più del 50% del traffico digitale e l’inserimento di più di 130 nuovi inserzionisti. «Vogue Britain» è stata l’unica edizione internazionale a non risentire della crisi causa pandemia, ma è rimasta stabile e capace di continuare a produrre numeri di pregio.
Per il suo primo numero, Enniful ha presentato l’audace copertina di un “New Vogue”, presentando la modella britannica e attivista femminista Adwoa Aboah come star di copertina.
Da allora le copertine hanno visto immortalati artisti del calibro di Beyoncé, Oprah Winfrey, Rihanna, Judi Dench (a 85 anni, la più vecchia star di copertina di Vogue britannica), Madonna e il calciatore Marcus Rashford. L’edizione di settembre 2019, che è stata curata dalla duchessa di Sussex Meghan Markle, presentava 15 donne impegnate attivamente per cambiare il mondo, tra cui Greta Thunberg e Jane Fonda sulla copertina. Il numero ha subito registrato un rapido esaurimento e, secondo le stime fornite da Condé Nast Britain, il rilascio della copertina di settembre, nelle sole prime 24 ore, ha generato più del doppio dell’intero valore di Public Relations del precedente numero di settembre di Enninful, con la pop star Rihanna.
Enniful ha sempre contributo per dare un taglio politico alla rivista, rendendola apartitica ma schierata con le minoranze. Il progetto video in movimento I Am An Immigrant raccoglie grandi nomi del mondo della moda, della musica e del cinema per mostrare il vitale contributo creativo delle persone immigrate negli Stati Uniti.
Per il numero di settembre 2020, «Vogue Britain» ha affidato la sua cover all’inglese Misan Harriman, il primo fotografo di colore a scattare una copertina di British Vogue nei suoi 104 anni di storia. Enninful ha poi arruolato Kennedi Carter, che è diventato il più giovane fotografo nella storia di Vogue Inghilterra per girare una storia di copertina per la rivista. Entrambi gli artisti sono anche attivisti in prima linea per il movimento Black Lives Matter.
Edward Enninful sostiene la diversità sia dentro che fuori dalle pagine di «British Vogue». Notoriamente, il suo predecessore Alexandra Shulman ha impiegato un team editoriale di soli bianchi per supportare la pubblicazione. Da quando Enninful ha preso il timone, la squadra è composta per il 25% da persone di colore. Per continuare i suoi sforzi per aumentare la diversità al team che aiuta a plasmare il contenuto della pubblicazione, Enninful ha iniziato a collaborare con le scuole britanniche locali, coltivando il pool di talenti nei media digitali e cercando, con la sua stessa presenza, di cambiare il futuro della testata.
Local designers
There’s never been a better time to support young design talent. Despite the odds, creatives across the globe have been channeling their creativity into inspiring designs.
Il 26 Febbraio 2021 la giornalista Sarah Spellings ha pubblicato un articolo su Vogue.com che includeva designer locali emergenti scelti da 11 editori di «Vogue» da ogni parte del mondo. Una selezione di brand che inneggia alla creatività, all’inclusione e alla valorizzazione dell’artigianato locale.
«Vogue Korea» sceglie designer che si ispirano alla scena avanguardista della nazione, mentre «Vogue Hong Kong» seleziona marchi che incrociano alla perfezione lo street-style cinese emergente e linee minimal e contemporanee. «Vogue Turkey» regala un occhio sofisticato allo stile emergente Turco, con brand che si ispirano alla cultura mediterranea con silhouette ampie e femminili. Fili Niedenthal, editor di «Vogue Poland», opta per la valorizzazione del corpo in tutele sue forme, a partire dalla lingerie per concludere con austeri capispalla anni Novanta.
Look at the Aurelia handbag line of wood boxes, recommended by Vogue Mexico’s editor in chief, Karla Martinez de Salas. Invest in these brands now and enjoy watching them develop over the years. What’s more satisfying than being early to an It brand, after all? See picks from Vogue Korea editor in chief Kwangho Shin, Vogue Paris fashion director Aleksandra Woroniecka, and more, below.