Ha inventato la maglia con slogan e ha intuito l’importanza di una moda sostenibile ancor prima che questa diventasse di tendenza. Con Katharine Hamnett la moda inizia a farsi promotrice di valori forti e a chiedere cambiamenti sociali, esponendo i suoi messaggi sui capi che potevano essere indossati da tutti. “Scegli la vita”, “Protesta e sopravvivi”, “Salva il mondo”: questi sono solo alcuni degli slogan a sfondo politico e sociale stampati a caratteri cubitali sulle magliette di Katherine Hamnett, stilista britannica, cittadina del mondo, classe 1947.
Chi è Katharine Hamnett?
Katharine è stata la prima della sua generazione a dialogare con la moda da una prospettiva diversa. Già ai suoi tempi non si trattava solo di abiti, solo di una necessità primaria o di una funzione estetica. La moda è sempre stata parte attiva del mondo, specchio della società e, in quanto tale, con un impatto non trascurabile sull’ambiente. La prima a capirne l’importanza, in chiave così attuale, è stata proprio Katharine Hamnett già nel 1889, ancor prima che la sostenibilità fosse un tema conosciuto da tutti e fosse sfruttata a fini commerciali.
Katharine si interessa alla moda fin da giovanissima, quando ancora era una ragazzina e seguiva il padre console nei suoi impegni in giro per l’Europa. Che sia in Francia, in Svezia oppure in Romania, partecipa alle feste più esclusive e inizia a sviluppare un senso dello stile, sperimentando con gli abiti che si cuciva da sola: Katherine è molto alta, e il prêt à porter di allora non si adattava così bene alle singole necessità.
Di ritorno in Inghilterra inizia un percorso più istituzionale e si incammina ufficialmente verso il mondo della moda: nel 1965 entra al prestigioso Central Saint Martins di Londra e inizia a studiare disegno di moda, in un periodo culturale giovane e rivoluzionario, aperto a qualsiasi creatività.
Dopo qualche impiego come freelance in giro per il mondo, Tuttabankem è il nome del primo esperimento: una fashion house nata dalla collaborazione con l’amica e collega Anne Buck. Si tratta di un progetto che dura solo qualche anno, ma che le permette di avviare la sua carriera subito dopo il diploma. Katharine ha sempre voluto essere una donna indipendente: così nel 1979 fonda il marchio di moda che ancora oggi porta il suo nome.
Verso la sostenibilità
Durante i mitici anni Ottanta, la carriera di Katharine assomiglia a quella dei suoi contemporanei: etica e sostenibilità sono parole ancora estranee al vocabolario della moda. In un periodo di eccentricità, ogni collezione è un trionfo di pellicce, rigorosamente di origine animale, e di capi dai tessuti prodotti con l’ausilio di sostanze chimiche.
Nel 1989, per puro interesse personale, Katharine decide di fare qualche ricerca sull’impatto ambientale dell’industria tessile. Così, grazie alla sua curiosità, scopre che ogni anno i pesticidi utilizzati nella coltivazione del cotone sono la causa della morte di almeno diecimila persone.
La sua moda cambierà per sempre, così come il suo atteggiamento verso l’industria.
Katharine Hamnett è una delle prime a utilizzare il denim prodotto in modo più sostenibile e il cotone organico coltivato senza l’utilizzo di sostanze inquinanti. Approfondisce anche le tematiche più delicate, legate al mondo della moda e al suo impatto ambientale, tra cui la condizione dei lavoratori ridotti in schiavitù. Inizia quindi a battersi per i loro diritti, cercando di creare consapevolezza, al fine di innescare un cambiamento attorno a queste tematiche.
La t-shirt con slogan
Non più un atteggiamento passivo, ma un dovere di impegno ambientale e sociale per proteggere il mondo e la sua popolazione. Nasce in questo contesto la t-shirt con slogan, in tinta unita e con messaggi che parlano chiaro, a caratteri cubitali: le prime magliette di Katharine mirano proprio alla creazione di una sensibilità collettiva, sull’impatto ambientale della moda e sulla necessità di un cambiamento. Forse si sentiva un po’ in colpa per le sue linee di abbigliamento precedenti, ma le sue maglie con le scritte “Save the Planet” o “Preserve The Rainforests” scatenano subito interesse. I ricavati delle vendite sono destinate alla beneficenza.
Katharine Hamnett è una donna che non abiura mai la propria opinione: lo stesso anno infatti incontra il Primo Ministro Margaret Thatcher indossando una maglia contro l’acquisto di missili nucleari nel Regno Unito, per dar voce alla maggioranza della popolazione inglese.
Grazie alla forza comunicativa della moda, i valori e le cause per cui lotta la stilista britannica si diffondono a macchia d’olio: le sue maglie influenzano personalità note in tutto il mondo, dal cinema alla musica: sono indossate dagli Wham! fino a Madonna.
Altro evento che farà parlare di questi capi è il Fashion Aid del 1985, un show pensato per unire le forze della moda a sostegno della popolazione africana contro la carestia.
La collaborazione con Tesco
Nel diffondere i suoi messaggi e la sua idea di moda etica, la Hamnett manca però dell’appoggio di una filiera produttiva forte e disposta a rivedersi in ottica sostenibile. Sono i tempi in cui la domanda di cotone organico è praticamente assente e i produttori di tessuto non vogliono mettere a rischio il proprio mercato. Katharine manca di alleati e il sistema moda non è disposto a cambiare: forse bisogna fare un passo avanti, partire dai consumatori e dalla loro vita quotidiana.
La svolta arriva nella collaborazione con Tesco, uno dei colossi della grande distribuzione nel Regno Unito. Katharine disegna una collezione prodotta eticamente per la nota catena di distributori, ogni giorno a contatto con il grande pubblico. Tesco, forte di un mercato enorme, può infatti mobilitare la produzione di cotone organico, democratizzandolo grazie alla quantità ordinata. Il risultato? Una collezione alla moda disegnata dalla Hamnett, prodotta in modo etico e sostenibile, venduta a un prezzo più che accessibile.
Katharine ha centrato il punto fin da subito. L’obiettivo è quello di rendere la sostenibilità alla moda e allaa portata di tutti, senza dover sottostare a tutti quegli stereotipi che la vedono manchevole di stile.
Verso il nuovo millennio
Un impegno che continua anche dagli anni Novanta in poi, sempre con le stesse tematiche come filo conduttore dei suoi valori: una produzione sostenibile, i diritti dei lavoratori, e il sostegno per la popolazione africana. Nascono Enviromental Cotton 2000, un progetto di ricerca sulla sostenibilità del cotone entro il 2000, e Save Africa nel 2003: l’attivismo con Oxfam a sostegno del continente africano.
Il suo impegno è riconosciuto ufficialmente nel 2010, quando Katharine viene nominata CBE nella New Year Honours List per il suo contributo nella moda.
Dobbiamo migliorare il modo di produrre i nostri vestiti. Mi sto impegnando a cambiare il modo di lavorare: realizzando solo indumenti in modo etico e il più possibile a basso impatto ambientale, preservando le tecniche artigianali e mostrando come questo sia davvero possibile
Ancora oggi Katharine Hamnett produce iconiche magliette per diffondere messaggi sociali che riflettono lo spirito del tempo. Come quando nel 2019, in collaborazione con l’artista Jeremy Deller, durante la settimana della moda milanese ha presentato t-shirt con la scritta “Siamo tutti migranti” e con messaggi contro la Brexit.