Ci mettiamo vestiti addosso ogni giorno […] e affrontiamo il mondo indossandoli. Questi vestiti sono il condotto per molte esperienze diverse. […] Mentre siamo seduti al tavolo di questo caffè e guardiamo i passanti, ognuno di essi indossa qualcosa che ha scelto di indossare. […] Questo dice qualcosa sulla nostra cultura. È antropologico, sociologico.
I capi d’abbigliamento possono davvero raccontare una storia? Può un semplice oggetto come un indumento costituire un bagaglio di ricordi di inestimabile valore per alcuni di noi? La serie tv targata Netflix Worn stories (dal titolo italiano I vestiti raccontano), in onda dal 1 aprile, parla proprio di questo. Una piccola collezione di storie commoventi, bizzarre e dal fascino misterioso, lontane dai meccanismi che dominano il sistema moda contemporaneo. Non si tratta di pronto moda né di fast fashion; non c’è nessuna corsa all’ultima capsule collection. Non si parla di alcun valore economico dietro a un capo, né di lusso sfrenato. Solo otto storie di persone comuni che parlano di oggetti che diventano parte della loro identità, capi che faranno sempre parte della loro esistenza.
La docu-serie prende ispirazione dai best-seller di Emily Spivack, che da undici anni racconta storie di personaggi famosi e gente comune e il loro legame speciale con alcuni abiti.
La focalizzazione della serie
Il punto di vista della serie resta assolutamente unico: questo è forse il motivo principale del suo successo. Le puntate sono state girate senza espedienti né filtri di alcun genere. Solo persone normali, che con grande naturalezza condividono le loro storie, in cui tutti possiamo immedesimarci e – perché no? – commuoverci con un leggero sorriso. Perché tutti abbiamo avuto una t-shirt che profumava del nostro primo amore, le prime scarpe da ginnastica sporche di fango, la fascia per capelli colorata che indossavamo con acconciature improbabili, il nostro primo zaino per affrontare lo scoglio insormontabile che sembrava essere l’ingresso della scuola. Piccoli orpelli quotidiani, con un valore inestimabile. Worn Stories celebra la meraviglia delle piccole cose. Non c’è posto per la moda come la conosciamo: in questo documentario si parla di vita vera e proprio di come la moda abbia scandito momenti indelebili per i nostri protagonisti.
So, the book ‘Worn Stories’ came out in 2014. Worn in New York came out in 2017. I loved, and it was a very deliberate choice, that when you read the books, and you saw the image of the clothing. You filled in the gaps imagining who the person was, what they might look like, what they might sound like, everything like that. But there was a sense that there were some stories where I really felt like, ‘Ah, I wish there was a visual component. I wish you could see the person. I wish we could actually create fantastical recreations of what they’re telling me’. So, I started thinking about that once the second book came out. I was like, ‘Yeah, there’s more here’
La prima parte
I vestiti sono terribili. È molto meglio restare completamente nudi. Chi me lo fa fare di svegliarmi e mettermi il reggiseno?
Neanche a farlo apposta, la prima puntata parla proprio di una coppia di nudisti, che hanno trovato la loro libertà nell’assenza di abiti. Ne celebrano l’abbandono insieme alla loro comunità, con feste e incontri fissi. È proprio intorno a questo concetto che ruota la puntata: alcuni capi di abbigliamento non si limitano ad avvicinare le persone, ma costruiscono vere e proprie reti di contatto. L’uniforme, più o meno personalizzata, ci fa sentire riconoscibili tra miliardi di individui, ci aiuta a notare persone con interessi comuni ai nostri, a integrarci in un gruppo.
Il secondo episodio si apre con la presentazione di un capo molto singolare: un sospensorio in pelle appartenente a un sassofonista. Gli è stato regalano da Tina Turner, con cui suonava, prima di un concerto a Berlino. Un semplice oggetto per ricordargli la sua grande forza d’animo da possedere sul palco. Una puntata che parla di oggetti persi e ritrovati e di come la scomparsa di un capo possa davvero influenzare la sorte di chi lo possiede.
Il terzo episodio conserva una narrazione davvero interessante: il potere di un capo di abbigliamento per percorrere le nostre radici. L’autrice Emily Spivack narra del viaggio alla ricerca delle sue origine grazie ai vestiti che hanno segnato la sua vita, sin dalla sua prima tutina che ha indossato appena nata. Tra le tante piccole storie, spicca quella di un astronauta che ha portato la sua felpa preferita nello spazio.
La seconda parte
Il quarto episodio introduce un argomento fondamentale e ampiamente discusso nel dibattito sociale attuale: gli abiti gender fluid che accompagnano i protagonisti fin dalla crescita. Ragazzi dalla forte personalità, accompagnati da outfit assolutamente unici. L’innocenza di indossare quello che ci fa stare più a nostro agio, senza pregiudizi, sembra star diventando più di una semplice utopia.
La quinta puntata affronta l’argomento uniforme nel dettaglio: la divisa diventa molto più di un semplice modo di identificare le persone. È il modo in cui gli altri vedono chi la indossa e come influenza anche il trattamento che si riceve da chi si ha di fronte. Per molte persone diventa un’arma di sicurezza, per altri un elemento di vulnerabilità. Un giubbotto catarifrangente e un elmetto riescono a rendere forte e sensuale la donna che li indossa. Un’agente di attraversamento pedonale con disabilità parla di come la sua uniforme giallo fluorescente la trasformi in un ninja di notte.
La sesta puntata parla del valore degli abiti per chi abita nella pirotecnica realtà di Las Vegas e di quanto alcuni indumenti siano stati capaci di far prender loro coraggio e di rischiare. Tutto questo tra wrestling professionale, vita notturna e spettacoli scintillanti.
L’ultima parte
La settima puntata parla di commoventi viaggi di sopravvivenza, di come alcuni capi hanno salvato la vita dei loro possessori (un elmo, una cintura) e di come altri hanno aiutato a tener vivo il ricordo di una persona amata, tragicamente scomparsa.
La serie termina con uno splendido episodio sull’amore, intessuto in ciò che indossiamo. Un paio di stivali che hanno salvato un matrimonio di più di trent’anni, una trapunta che riesce a cucire un difficile rapporto familiare, un costume da Elvis che aiuta a realizzare il sogno di un cantante.
Storie meravigliose, storie semplici, storie passate inosservate, quelle di Worn stories, I vestiti raccontano. Uno spaccato di vite comuni legate dal potere straordinario degli abiti, oltre le rigide logiche di mercato.
FONTI
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