“The Falcon and the Winter Soldier”: più no che sì

Si è conclusa da poco la seconda serie Marvel The Falcon and the Winter Soldier, creata da Malcom Spellman e dedicata all’approfondimento delle due storiche “spalle” di Captain America. Il prodotto, grande successo di pubblico, ha intrattenuto milioni di telespettatori, curiosi di conoscere il destino di Sam Wilson e Bucky Barnes dopo la fine di Endgame.

Tuttavia, a dispetto di una generale buona accoglienza e di un comparto tecnico davvero di prim’ordine, The Falcon and the Winter Soldier presenta notevoli difetti di sceneggiatura, confermando una preoccupante tendenza già riscontrata nelle ultime puntate di WandaVision.

Una breve sinossi

La serie, come anticipato, si colloca nel periodo successivo a Endgame e ci presenta due personaggi in evidente stato di difficoltà; da un lato Sam Wilson (Anthony Mackie), costretto ad affrontare la pesante eredità dello scudo di Captain America e dall’altra Bucky Barnes (Sebastian Stan), occupato in sedute di terapia che possano aiutarlo a superare il suo passato. La rinuncia di Sam allo scudo, affidato a un nuovo Capitano, e la minaccia terroristica dei cosiddetti Flag Smashers, attivisti fanatici desiderosi di creare un mondo privo di confini, danno il via al racconto.

Protagonisti?

File:Anthony Mackie by David Shankbone.jpg - Wikimedia Commons

La prima pecca di The Falcon and the Winter Soldier risiede purtroppo nei suoi due protagonisti, o almeno presunti tali. La caratterizzazione di Sam e Bucky è in molti casi poco convincente e i due attori, probabilmente a causa di una scrittura approssimativa, sembrano soffrire particolarmente la centralità del loro ruolo.

A dispetto di una prima puntata piuttosto ben calibrata, dedicata ad approfondire la psicologia e la storia personale dei due, il prosieguo della serie sembra infatti abbandonarsi a litigi e battibecchi ingiustificati o, in alcuni casi, a una comicità spicciola e fuori luogo, spesso stiracchiata o forzata.

La possibilità di una convincente introspezione viene cancellata da un frettoloso susseguirsi di eventi; il risultato è un rapporto umano ben poco esplorato, a tratti stereotipato o addirittura incomprensibile. Le loro stesse azioni appaiono talvolta assurde, la scelta degli alleati inspiegabile e i messaggi veicolati, soprattutto in relazione alla cruda violenza dei due, francamente ridicoli.

John Walker

Se la scrittura di Sam e Bucky appare, per la maggior parte del tempo, abbastanza superficiale e malfatta, quella di John Walker (Wyatt Russell), momentaneo nuovo Captain America, è a dir poco schizofrenica. Conclusa la visione delle sei puntate della serie, non è ancora chiaro se il buon vecchio Walker sia da considerarsi un personaggio positivo, negativo, o grigio, per il semplice fatto che ogni singola scena che lo vede protagonista sembra scritta da un autore differente. Apparso sul finire del primo episodio come usurpatore dello scudo, il personaggio di John ci viene approfondito nell’incipit della seconda puntata e presentato come un soldato di grande valore, conscio del peso che gli è stato richiesto di portare e pronto a fare del suo meglio per adempiere al suo dovere.

Da questo momento inizia un vero e proprio percorso a montagne russe, all’interno del quale Walker, ingiustificatamente maltrattato dalla poco simpatica coppia di protagonisti, passa dalla condizione di bravo ragazzo a quella di antipatico villain a cadenza regolare. Lo sviluppo del personaggio, potenzialmente molto interessante, è gestito senza alcun tipo di logica, tanto che il suo futuro all’interno dell’MCU appare francamente impossibile da definire.

C’era una volta Thanos

File:Erin+Kellyman+BBC+One+Les+Miserables+Photocall+VkZWzCteNSvx.jpg - Wikimedia Commons

A un buon protagonista corrisponde un buon antagonista. In The Falcon and the Winter Soldier sembra valere l’esatto contrario. A fare da contraltare ai due ben poco riusciti protagonisti sono infatti dei villain abbastanza inconsistenti, soprattutto se pensiamo ai grandi antagonisti a cui la Marvel ci ha abituati negli ultimi anni.

Il vero problema dei Flag Smashers, al di là di una credibilità solida quanto un blocco di ghiaccio al sole, risiede ancora una volta nelle loro azioni, incomprensibili o poco chiare dall’inizio alla fine della serie.

Il ritorno della metà di popolazione cancellata da Thanos cinque anni dopo lo schiocco delle sue dita ha creato situazioni spiacevoli e di gestione alquanto complicata nell’intero pianeta. I Flag Smashers, almeno per come ci vengono presentati, lottano per un mondo senza bandiere e unito, così come, a loro parere, lo era durante il periodo di Blip. Un mondo che possa aiutare le persone riapparse senza però dimenticarsi di quelle che non se ne sono mai andate. Se l’ideale di lotta e rivendicazione appare nobile e i temi da toccare potenzialmente profondi, il risultato finale è però un generale appiattimento del tutto.

Complice una leader, Karli Morgenthau (Erin Kellyman), completamente fuori di testa e poco credibile, i Flag Smashers appaiono semplicemente come un esperimento di gruppo terroristico mal riuscito, con punte di ridicolo abbastanza evidenti. Il fatto che la loro violenza, peraltro incomprensibile, venga parzialmente giustificata dalla imbarazzante retorica di Sam, rappresenta la ciliegina sulla torta di un prodotto di fattura davvero mediocre.

Sottotrame vacillanti

Non è ben chiaro cosa sia avvenuto; forse il formato serie TV ha messo in difficoltà gli sceneggiatori, ma i difetti di scrittura della serie sono davvero fin troppo evidenti e, purtroppo, non hanno risparmiato nemmeno i comprimari.

Pensiamo a Zemo, divenuto di sangue blu da un momento all’altro e salvato solo dall’interpretazione dell’ottimo Daniel Brühl; o alla cara e dimenticata Sharon Carter (Emily VanCamp), decisa ad “omaggiare” la carriera della zia Peggy trasformandosi in una criminale internazionale della cui identità sembra non fregare nulla ad alcuno. Entrambi personaggi mediocri e sulla cui reale ed effettiva utilità permangono pesanti dubbi. Ulteriori elementi a conferma di una scarsa cura della materia e di una gestione che ha lasciato molto a desiderare.

Giungiamo dunque alla fatidica domanda. The Falcon and the Winter Soldier è un prodotto brutto e di basso livello? La risposta è no. Malgrado i difetti elencati la serie presenta un comparto tecnico assolutamente all’avanguardia, capace di restituire atmosfere cinematografiche come mai prima di oggi e la leggerezza unita all’azione di alcune puntate è garanzia di un buon intrattenimento. Inoltre la trattazione di tematiche importanti come il Black Lives Matter è stata, almeno in alcuni momenti, effettivamente riuscita e la valutazione della serie, nel complesso, raggiunge dunque la sufficienza.

Dispiace però che il punto d’inizio del racconto combaci alla perfezione con il punto d’arrivo della stessa e che, per questa ragione, soprattutto in considerazione di una sceneggiatura purtroppo scadente, The Falcon and the Winter Soldier appaia come un prodotto che i fan della Marvel non meritavano e di cui, francamente, non avevano assolutamente bisogno.

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