Per quanto costi ammetterlo, giudicare un libro dalla copertina è abitudine comune e, forse, inevitabile. I lettori, infatti, si fanno spesso condurre tra gli scaffali delle librerie dalle loro esperienze pregresse, che suggeriscono loro i parametri autoriali, visivi e di genere cui attenersi al fine di trovare il libro che più “faccia per loro”.
Preferiamo la “certezza”
Lungi dall’essere una colpa, uscire dal seminato può risultare un passo difficile: a volte per rimanere sul sicuro, altre per snobismo o, magari, per delusioni precedenti che hanno portato a disprezzare interi generi letterari. Tra le “bussole” che molti lettori, bene o male, finiscono per utilizzare durante l’acquisto di un libro si trova l’aspetto del libro stesso: la sua copertina. L’industria editoriale ne è consapevole e proprio per questo studia i metodi con cui sviluppare la parte più fisica e concreta del libro, quella che per prima si mostra al pubblico di lettori.
La copertina perfetta è chiara e misteriosa
Dunque, le prime impressioni contano. È con questa consapevolezza che Chip Kidd, graphic designer, ha elaborato durante la sua carriera numerose copertine di libri che fossero in grado di adattarsi opportunamente al contenuto del libro che avrebbero ricoperto. Facendo ciò, si è reso conto che le vie da percorrere sono essenzialmente due, opposte tra loro: chiarezza e mistero.
La prima, diretta e semplice, porta il lettore a comprendere nell’immediato ciò che troverà all’interno del libro; la seconda, ambigua e intricata, richiede al lettore una partecipazione attiva che permetta la decodifica dell’immagine e, di conseguenza, la sua comprensione. Un esempio che Kidd fornisce a proposito della chiarezza è quello che riguarda la segnaletica urbana, in particolare i semafori che accanto a una mano rossa che indica “Stop” aggiungono il numero dei secondi mancanti alla ricomparsa del verde. In questo caso, la chiarezza è tutto: non solo aiuta, ma si direbbe perfino necessaria alla sicurezza.
Al contrario, un esempio di mistero “grafico” è la copertina realizzata da Kidd per il libro di Haruki Murakami L’incolore Tazaki Tsukuru e i suoi anni di pellegrinaggio: nel libro il protagonista porta un soprannome (l’incolore) che si oppone a quello dei suoi quattro amici più cari, i cui nomi rinviano, invece, ai colori Rosso, Blu, Bianco e Nero. Nella storia, l’improvvisa perdita di rapporti con gli amici causa nel ragazzo un senso di abbandono che lo porterà a ripensare al loro gruppo come a un unicum, come alle cinque dita di una mano. È in questo modo che il contenuto del libro si riflette sulla copertina:
The four fingers are now four train lines in the Tokyo subway system, which has significance within the story. And then you have the colorlesssubway line intersecting with each of the other colors, which basically he does later on in the story. He catches up with each of these people to find out why they treated him the way they did.
Tra le due forze un equilibrio necessario
Sarebbe lecito pensare che la chiarezza, dunque, sia il punto di riferimento per tutte quelle opere che tentano di spiegare un certo argomento, come saggi, manuali e altri lavori di ambiti specifici che richiedono come caratteristica necessaria la comprensibilità.
Allo stesso modo, si potrebbe pensare che il mistero subentri nelle copertine dei libri che, invece di indagare la natura della realtà nei suoi vari aspetti, cerchino di raccontare delle storie. Queste, allora, avrebbero bisogno di un certo coefficiente di ambiguità che affascini il lettore e lo convinca a scoprirle fino in fondo.
In entrambi i casi, l’obiettivo di vendere il libro sarebbe raggiunto in gran parte grazie alla copertina. Ciononostante, la scelta di ibridare o addirittura sostituire una tecnica con l’altra è un’opzione possibile, soprattutto qualora l’editore scegliesse di intraprendere una terza via, che sfidi l’intelletto del lettore senza rinunciare a dire anche qualcosa su ciò che si racconta.
I rischi di unuseful mystery e unuseful clarity
A tal proposito, Kidd parla di “unuseful mystery”, ossia il prodotto nato dell’intreccio (non riuscito) tra chiarezza e mistero. Come esempio di ciò Kidd porta l’immagine fuorviante di un’indicazione presente nella metropolitana di New York in cui, in modo ambiguo, si indica ai passeggeri che, in tal periodo, la tal linea ne sostituirà un’altra. Quel che deriva da questo messaggio poco comprensibile è che in un contesto in cui la chiarezza è fondamentale, chi ha ideato la scritta ha involontariamente inserito un certo grado di mistero nel messaggio che, quindi, necessita di una decodifica, altrimenti non necessaria.
D’altro canto, anche l’”unuseful clarity” appare nel design, e con effetti piuttosto spiacevoli. La nota marca Coca-Cola ha infatti commesso un passo falso quando, dopo aver comprato numerosi spazi per la pubblicità, ha rivestito le pareti della metropolitana newyorkese con slogan alquanto discutibili che comparavano l’uso della Coca-Cola all’uso di sostanze stupefacenti: “You moved to New York with the clothes on your back, the cash in your pocket, your eyes on the prize. You’re on Coke”, o ancora “You moved to New York with an MBA, one clean suit, and an extremely firm handshake. You’re on Coke”. Inutile dire che la campagna ha avuto vita breve.
Nella sua ironica esposizione, dunque, Chip Kidd rivela la chiave di lettura di molte copertine di libri e, più in generale, di molte raffigurazioni che vengono pensate in base a determinati criteri logici e meccanismi mentali. L’immagine diventa più di uno sfondo su cui stampare un messaggio, per farsi essa stessa messaggio, costituendo il primo passo verso la conoscenza di un prodotto; un indizio diretto o indiretto del suo contenuto. Probabilmente, ora che sappiamo questo, il nostro giudizio dipenderà ancora di più dalla copertina.