Monica Vitti ha dimostrato che per divertire non occorre essere imbruttite o ridicolizzate, che per essere belle non occorre essere serie e altezzose, e che non è nemmeno necessario fare solo film di un certo tipo per conquistarsi lo scettro di grande attrice. Contro ogni stereotipo che incasellava – e in parte incasella tutt’oggi – la donna nello squallido vicolo cieco della ‘comicità al femminile’, che diverte gli uomini perché è qualcosa di inusuale e le donne perché è qualcosa in cui riconoscersi, quando Monica Vitti interpreta Assunta Patanè, riesce nell’ardua impresa di far ridere tutti, indistintamente. Non perché è una donnina sexy che si trova in una situazione di ambigua comicità in stile commedia all’italiana e nemmeno perché è una moglie frustrata in ciabatte che rincorre il marito che la cornifica: fa ridere perché è divertente, punto.
Capelli scompigliati, rigorosamente al vento. Occhi languidi che soffocano nostalgie passate. Monica Vitti è una diva italiana assolutamente atipica, e ancora oggi ricostruisce quell’immaginario romantico e decadente dell’Italia della seconda metà del Novecento. Il suo eclettismo non la rende solo una delle migliori attrici della storia del cinema, ma una vera e propria icona di stile, il cui valore estetico rimane intatto e totalmente esente dalle regole del tempo. Diciamoci la verità: chi non vorrebbe avere la tenacia di Assunta Patanè (Una ragazza con la pistola, 1968) o il fascino avventuroso di Monasty Blaise (La bellissima che uccide, 1966)?
Monica, un’attrice dai mille volti e altrettanti stili diversi, diventata musa di registi dal calibro di Michelangelo Antonioni e Mario Monicelli, ma che ha portato sullo schermo outfit indimenticabili, ancora oggi di forte ispirazione per le più grandi case di moda.
L’immaginario di Monica
Monica Vitti nasce a Roma nel 1931. La sua distintiva voce roca e la sua frizzante ironia le hanno regalato fama internazionale. Grazie ai suoi ruoli comici è stata definita “l’unica mattatrice della commedia italiana”, in grado di tenere testa a pezzi da novanta come Alberto Sordi e Vittorio Gassman.
Ma che tipo di donna porta sullo schermo Monica Vitti? Sarebbe troppo riduttivo rispondere a questa domanda. Ci basta dire che le diverse sfaccettature della sua espressività portano immediatamente ad aspirare alla sua delicatezza e alla sua geniale ironia. Il suo guardaroba diventa specchio del suo trasformismo, senza perdere identità.
Già sulla copertina di «Vogue» a metà degli anni Sessanta, Monica indossa capi figli della sua generazione. All’inizio della sua carriera sembra essere uscita da una campagna pubblicitaria di André Courrèges o Mary Quant, in perfetto stile Swinging London. La osserviamo in servizi fotografici con minigonne, stampe ottiche e colori fluorescenti. La chioma bionda le regala un fascino futurista fuori dal comune.
Negli anni Settanta strette gonne a tubino e pantaloni a zampa la fanno da padrone, abbinati a camice sartoriali e maxi occhiali da sole. Ai piedi, rigorosamente clogs, tornati di tendenza per questa Primavera Estate 2021. Il tocco di classe? L’immancabile riga di eye-liner. La sua naturale sensualità sarà fonte di ispirazione per Tom Ford nei primi anni da Gucci.
La trilogia dell’incomunicabilità
Quando vediamo Monica Vitti recitare in film come ‘Deserto rosso’, la sua interpretazione non sfocia mai nell’eccesso di pathos, in quella facile scappatoia sempreverde dello sguardo intenso da donna affranta e della recitazione mormorata. Monica Vitti, in sostanza, è una grande attrice perché prima di recitare come una bella donna, o come una donna simpatica, recita come una persona, al di là del suo sesso, del suo aspetto, della sua formazione da attrice ‘seria’.
Michelangelo Antonioni e Monica Vitti consolidano un legame indissolubile sullo schermo e nella vita privata. Il regista l’ha diretta nelle quattro pellicole L’avventura (1960), La Notte (1961), L’Eclisse (1962) e Deserto Rosso (1964), che costituiscono la poetica dell’incomunicabilità.
I personaggi di Antonioni sono lacerati da un’inconsolabile malinconia e una vacuità esistenziale, ma indossano outfit impeccabili. Il ritratto di una borghesia annoiata e la smaniosa cura per i dettagli da parte del direttore della fotografia Aldo Scavarda saranno una delle principali ispirazioni per l’estetica di Miuccia Prada.
No Italian film director more than Antonioni has had such a knowledge of, and sensibility for, fashion.
Così scrive Eugenia Paulicelli nel suo libro Italian Style: Fashion & Film from the Early Cinema to the Digital Age.
Il personaggio di Monica Vitti ne L’avventura, Claudia, ha uno stile glamour, europeo, lontano dal realismo post-bellico. Il suo completo a pois, accompagnato da un filo di perle, incastona il suo status sociale, insieme a pencil-skirts ed eleganti slingback. Ne La Notte indossa l’indimenticabile tubino nero della designer milanese Biki, sdrammatizzato da una parrucca corvina. Nella pellicola L’eclisse, dove la Vitti recita accanto ad Alain Delon, gli outfit sono semplici e minimali, figli di un’eleganza tutta anni Sessanta. Gli abiti sono abbinati a fotogenici tacchi a spillo, narratori di una sensualità velata ma certo non meno dirompente. Nelle scene finali gli spazi sembrano vuoti e asettici. A riempirli c’è solo il personaggio di Monica, Vittoria, che indossa un completo bianco blusa gonna, abbinato a una Gucci Bamboo Bag.
La ragazza con la pistola
Sono stata l’unica donna ad avere il coraggio di essere comica. Per essere comici bisogna essere spudorati, non ci si può nascondere dietro un alone di mistero e di bellezza.
La ragazza con la pistola (1968), diretto da Mario Monicelli, consacra Monica Vitti all’arte della commedia. L’attrice ha sempre amato la sua vena comica, considerando la sua risata una delle sue più grandi doti. Il film è concentrato proprio sull’evoluzione del personaggio della Vitti e il conseguente abbattimento di stereotipi provinciali e arcaici retaggi culturali. I suoi abiti rappresentano esattamente questo.
La pellicola ci regala un crescendo di look che vanno dal casto al frivolo. Il pizzo nero e i merletti delle matriarche siciliane vengono subito abbandonati per fare posto a outfit giovanili, che rispecchiano esattamente la Londra libertina degli anni Sessanta. Nella capitale inglese la Vitti indossa aderenti midi-dress neri, accompagnati da capispalla iconici, come la giacca in plastica arancione e il trench in vinile. Nel look non può mancare la misteriosa valigia, dalla quale Assunta, la protagonista, non si separa mai. Un viaggio verso l’emancipazione, che non può che partire dagli abiti.
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