Questa è la favola dell’oscura creatura e della bambina, che indugiano sul calar della sera, al confine tra il giorno e la notte.
Ognuno ha una favola dentro che non riesce a leggere da solo
L’etica popolare delle favole affonda le radici nella tradizione orale della vecchia Europa, descrivendo e condannando varietà comuni di comportamenti scorretti come avidità, ipocrisia e inganno. Porta così alla ribalta la natura fittizia della storia, intrisa di letteratura moralizzante. Qui, molto spesso, la fattibilità dell’animale umanizzato consente di esprimere un punto di vista, senza annoiare o insultare il lettore. Ha quindi come scopo principale quello di conferire consigli etici da applicare nella vita.
La Bella e la Bestia, Biancaneve, Cappuccetto Rosso, sono tutte storie contraddistinte da parole e disegni. La loro anima narrativa è quindi in grado di individuare i punti sensibili del nostro immaginario. Vengono così risvegliati gli incubi sopiti o i desideri reconditi, all’interno di un’atmosfera dai connotati spiccatamente fantastici e grotteschi. Come in una sorta di Sonno della ragione genera mostri (1797), celebre acquaforte dell’artista Francisco Goya.
Gioventù da maestro
Ed è proprio a questo tipo di immaginario occidentale che ha voluto attingere il talentuoso manipolatore di miti e leggende Yoshida Ayumu, in arte Nagabe. La sua creazione si intitola Girl from the Other side. E il giovanissimo mangaka, laureatosi in Arte e Design alla Musashino Art University, si districa tra i target più disparati. Dallo shojo, manga indirizzato ad un pubblico femminile, al seinen, per un pubblico adulto maschile, fino ai Boy’s Love e gli one-shot. Il tutto attraverso storie sempre distinte dall’elemento soprannaturale e misterioso.
Nagabe, dopo essere stato notato su Pixiv dall’editore Akane Shinsha, debutta nel 2013, a soli vent’anni, con il volume unico Buchou wa Onee, che racconta le avventure di un drago antropomorfo con l’hobby del crossdressing, ovvero del travestitismo. Nel 2015 realizza la commedia slice of life – espressione teatrale che indica “uno spaccato di vita” – in 3 volumi, Nivawa to Saito. Quest’opera è invece incentrata sulle bizzarre avventure di un ragazzo e il suo incontro con una creatura acquatica fantastica. Tuttavia, il lavoro che gli permetterà di raggiungere la notorietà a livello internazionale sarà Girl from the Other side.
Un’apologia sulla complessa convivenza tra diversi
L’opera è stata pubblicata dalla Mag Garden a partire dal 2015 e tradotta in Italia da Christine Minutoli nel 2019, sotto l’etichetta J-Pop. Si tratta della saga dark fantasy per eccellenza di Nagabe, arrivata lo scorso aprile all’undicesimo e ultimo tankobon, il tradizionale formato di circa duecento pagine. Qui l’artista si muove tra misticismo e suggestivi scenari sospesi nel tempo, attraverso un evocativo uso del bianco e nero tipico del cinema espressionista.
La storia si articola sul seguente corso narrativo. Non molto tempo fa, il mondo era governato dal Dio della luce e dalla Dea delle tenebre. Chiamati semplicemente Padre e Madre dai loro devoti, gli dei ottemperavano ai loro doveri con misure quasi sempre tra loro divergenti. Da una parte il Padre offriva felicità e buona fortuna e dall’altra la Madre si divertiva a rubare gioia e anima alle persone. A causa delle proprie azioni, infatti, la dea verrà bandita dal regno e trasformata in mostro insieme ai propri adepti.
Infuriata, però, decide di infliggere una maledizione a tutti coloro che avrebbe osato toccare lei o i suoi mostruosi figli. Da questo insolito scenario ammantato di spiritualità, l’autore fa così calare un’atmosfera grave e rarefatta di conflitto, molto vicina ai cosiddetti secoli bui della peste nera e delle eresie.
Il dualismo folgorante
Ed è proprio in questo mondo, diviso tra esseri umani e grottesche figure ancestrali ed estranee, che agiscono i due protagonisti. Shiva è una bambina curiosa e solare, avvolta da una semplice vestaglia bianca con cui incarna il candore e la spontaneità della fanciullezza. Alla ricerca della propria nonna, con echi che ricordano Peter Pan e Cappuccetto Rosso, la bambina comprende a malapena cosa stia succedendo intorno a lei. Ne ha soltanto una vaga idea, giunta dalla conoscenza di alcuni racconti popolari. È una luce che illumina il buio della foresta quasi come una figura eterea, in perfetto contrasto con il suo caprino demone custode.
Con le sue corna tortili e il suo stravagante becco nerastro, il Maestro è un protagonista stranamente affascinante. Incarna mostro che incute timore e al contempo emana un senso di eleganza e raffinatezza. Dai tratti luciferini e brillanti occhi espressivi, il suo stile ricorda vagamente i personaggi dall’estetica gothic-horror di Tim Burton. Non percepisce né il gusto e l’olfatto, né il caldo e il freddo e a parte alcuni ricordi frammentati, non rammenta niente del suo passato, annebbiato dal maleficio che gli ha fatto perdere la memoria. Con il suo manto nero come la notte, il Maestro è, tuttavia, ancora pienamente cosciente di quella che era la sua umanità, Si comporta infatti con gentilezza di spirito e bontà d’animo, non comune neanche agli esseri umani.
Un quadro familiare
I due vivono all’insegna della quotidianità, in una fattoria attualmente in possesso degli estranei. Questi, quando parlano di Shiva la chiamano l’Anima, colei che dovrà essere donata alla creatura a cui sono devoti, la cosiddetta Madre. A differenza degli altri estranei, però, il Maestro non desidera l’anima della bambina per compensare la propria mancanza spirituale. Vuole quindi proteggerla, pur non potendola toccare per evitare di contagiarla.
Nonostante lo chiami Maestro, è quindi Shiva che, inconsapevolmente insegna qualcosa a quest’ultimo. Osservando l’attitudine della bambina verso la vita e il suo entusiasmo per le piccole gioie quotidiane – come le cerimonie del tè o la preparazione di torte al limone – il Maestro riesce a ritrovare la consapevolezza verso la realtà che lo circonda. Così si dimentica per un po’ di quell’ansia esistenziale che lo accompagna nel suo esilio.
In questo modo, la loro peculiare convivenza restituisce un insolito ritratto di famiglia, da cui traspare una sorta di elaborazione del trauma legato alla scoperta della morte. Pur mantenendo sempre la tensione alta con suspense e colpi di scena, l’autore è riuscito a inserire degli intermezzi leggeri e spensierati. Il suo stile evoca così l’atmosfera lugubre del conflitto con momenti di giocosa tranquillità e calore familiare.
Analogie di “incanto”
Il rapporto di contrapposizione e affinità, data dalla mostruosità del Maestro e dalla dolcezza di Shiva, offre, inoltre, una moderna variante de La Bella e la Bestia di Jeanne-Marie Leprince de Beaumont. La storia, infatti, vede una figura femminile cercare di riscattare la bruttezza di una bestia, sottoponendosi con umiltà a diverse prove che supera con successo. E la più emblematica di queste consiste proprio nel contatto fisico, con il suo carico significante sull’accettazione dell’altro e sulla necessità di abbattere i muri in nome di un sentimento universale. La diversità, quindi, non possiede valori negativi, ma è destinata al superamento di qualsiasi barriera che si frappone nella ricerca dell’amore e dei suoi bisogni.
Non è un caso, infatti, che i tratti del Maestro di Nagabe assomiglino moltissimo a quelli lucifero-caprini disegnati da Beauge Bertall, per l’edizione illustrata con xilografie de I racconti delle fate, edita da Hachette nel 1860. Questa creatura umanoide mostruosa può essere interpretata anche come un chiaro riferimento al Maestro di Bulgakov. Un diavolo che, giunto nella Mosca sovietica degli anni ‘30, dà il via ad una serie di eventi tragicomici, generando scompiglio insieme ai suoi compagni di avventura demoniaci.
A svelare invece il ruolo di Shiva nel racconto, è proprio il suo nome, proveniente da una delle divinità del pantheon induista. Questa presiede all’incessante dinamica che convoglia creazione, annientamento e rigenerazione, scandita dalla sua danza cosmica. Tale aspetto, infatti, insieme ad altre informazioni di contorno, fanno capire come la bambina abbia le caratteristiche per diventare la chiave di volta nella crisi tra i dannati e i benedetti.
Tattica scacchistica
Una delle particolarità di questo manga è il suo continuo oscillare fra opposti. Dalla suddivisione manichea tra bene e male, a quella tra luci e ombre, fino all’opposizione tra cielo e abisso e sacro e profano. Si fonda quindi sull’idea che ogni concetto abbia il proprio opposto e la scelta stilistica si intreccia con quella contenutistica, grazie a una pervasività percettiva resa immediatamente riconoscibile attraverso i colori.
I decisi contrasti fra bianchi e neri, alternati con vignette forti e grezze, ricordano molto le scene di azione disegnate in Berserk dal maestro Miura. Le tavole nivee e quasi vuote, se non per qualche elemento naturale o di sfondo, insieme alla calma con cui è narrata la vicenda, ricordano invece le scene di rurale spensieratezza presenti ne Il mio vicino Totoro di Miyazaki. L’effetto scacchiera è quindi il fil rouge che unisce tutto il manga, ma che, avanzando nella storia, mette sempre più in dubbio questa partizione così arbitraria.
Eredità europea
È possibile avvertire anche dei rimandi alla letteratura fiabesca di tradizione tedesca, come la crescente inquietudine di Cappuccetto rosso che cammina nel bosco inseguita dal lupo o la preoccupazione di Hänsel e Gretel persi nella foresta dove vive la strega. Nagabe fa accenno anche ad echi dickensiani, presentando Shiva come una dolce, piccola orfana, che verrà aiutata da un essere fantastico a sopravvivere in un mondo ingiusto. Qui, gli adulti sono figure cattive ed egoiste. Tutti, tranne il Maestro.
Un ulteriore rimando al folklore europeo è il sottotitolo dell’opera: Siùil a Run, Torna da me, titolo di una malinconica ballata popolare irlandese di fine Seicento. Tradizionalmente associata alle parole di una donna per il suo amante partito per la guerra, questa esprime sofferenza e necessità di ricongiungimento. Si presenta quindi come premessa narrativa della terribile situazione che affligge il mondo, rigorosamente spaccato in due, in cui è ambientata la storia.
Postille e curiosità
Il ritmo della narrazione, invece, che alterna momenti contemplativi a tempestive scene d’azione, è accompagnato da inquadrature strette e spesso quasi cinematografiche, in cui lo spostamento della camera è affidato ai soli movimenti dei personaggi. Molto spesso, infatti, la conversazione fa da sfondo, lasciando spazio al disegno evocativo ed eloquente, con primissimi piani di mani e figure a mezzo busto.
Gran parte del fascino, però, è dovuto allo scenario, fatto di borghi, villaggi medievali e di foreste, luoghi archetipici per eccellenza, in cui si annida l’imperscrutabile e angoscioso pericolo, ma che, in questo caso, aiuta i due protagonisti a nascondersi dal nemico. La messa in scena è curata nei minimi dettagli, con stili e tradizioni che evidenziano volutamente l’anacronismo stridente. Vecchi cottage e cattedrali gotiche, infatti, condividono la scena con oggetti quali ombrelli e servizi da tè. D’altra parte, le armature medievali dei soldati stonano con il vestiario dandy del Maestro, tipico della moda vittoriana.
Linee, tocchi e contorni
Nonostante la giovane età, lo stile di Nagabe risulta magistrale e del tutto dissimile dal più comune manga nipponico. Fin dall’immagine della sovraccoperta si entra in contatto con l’atmosfera surreale e grottesca che attraverserà tutta l’opera, rendendo pienamente l’idea della quiete prima della tempesta.
L’uso ponderato dei bianchi e dei neri, assieme all’elaborazione visiva della tavola hanno permesso al disegnatore di smuovere la narrazione, velocizzando o rallentando, a seconda dell’occasione, le situazioni di azione, pericolo e suspense. Agli esterni, costruiti su bianchissime radure innevate, fanno da contrappunto gli interni notturni dominanti di nero. Qui emerge il gusto per le lumeggiature, che contribuiscono a stabilire l’umore tetro della serie.
La fascinazione dei personaggi
I personaggi, invece, sono ritratti con eleganti tocchi di pennino in composizioni a pagina intera, che ricordano molto le vecchie favole illustrate di un tempo. I disegni sono semplici ma raffinati, caratterizzati da una linea sottile e morbida, che dona eleganza alle tavole, giocando su luci ed ombre mediante l’uso del tratteggio.
Gli estranei, infatti, non sono altro che contorni riempiti di nero, senza alcun dettaglio di vestiti o del viso. Risultano così delle creature antropomorfe molto simili a quelle presenti nei bestiari europei medievali. La piccola Shiva, invece, è caratterizzata dai toni del bianco e da linee fiabesche di contorno, che permettono di riconoscerla, ma sempre in maniera molto sommaria.
Idoli zoomorfi
Un altro aspetto ricorrente nei disegni di Nagabe è la rappresentazione del mondo animale. Dalla figura umanoide del Maestro con la testa da capra e il becco di uccello, fino agli animali antropomorfi che popolano la scuola di magia di Wizdoms, l’autore ha una predilezione per i cosiddetti kemonomimi.
Dal punto di vista visivo, l’autore fa dell’illustrazione la sua base di riferimento principale, mostrando delle chiare influenze da parte di Tove Jansson, la creatrice di Moomin, soprattutto nel tratto frammentato ma al contempo armonico e preciso. Dai giapponesi Komako Sakai e Yuko Higuchi, invece, riprende l’aderenza ad un immaginario fiabesco e onirico attraverso l’uso dei colori e del tratto.
Questione di Tabù
Il giovane mangaka, tuttavia, non fa sfoggio solo di eleganti idee visive, ma anche di una profonda consapevolezza sociologica sulla paura odierna verso il “diverso”. Ottimi, infatti, sono i messaggi intrinsechi nascosti nella storia, come la nascita di un legame atipico, ma profondo, che va al di là dei pregiudizi e dei pericoli.
Si aggiunge poi il superamento del finto Dualismo tra bianco e nero, poiché non sempre una creatura dall’aspetto diverso è necessariamente malvagia. In conclusione albeggia il messaggio dell’imparare a convivere aiutandosi l’un l’altro, nonostante le inevitabili differenze, abbattendo così i muri reali e psicologici eretti per difesa dall’altro da sé. Si tratta dunque di temi universali e senza tempo, ma che riescono a confezionare un’opera così toccante ed empatica, che è impossibile non restarne affascinati.
Mentalità cartoonistica
Bellissima la rilegatura in brossura fresata, così come l’elegante sovraccoperta con piccole decorazioni e scritte. Queste sono in linea sia con il design originale giapponese, che con l’antico stile medievale europeo. Si aggiunge poi un’appendice contenente tavole disimpegnate dell’autore, che concedono ai fan alcuni retroscena autoironici sulla storia e sui personaggi. Insomma, Girl from the other side si è dimostrata un interessante esperimento di trasversalità culturale.
Intrigante e delicatamente sinistra, questa favola gotica è riuscita ad ammaliare i lettori grazie e soprattutto alla forza seduttiva dei due personaggi principali. Pur rimanendo all’interno dell’alveo fantasy filosofico-religioso, gli eclettici protagonisti sono così riusciti ad assicurare anche una dose graffiante di attualità.
CREDITS
Immagini a cura di Giulia Raffaelli
Per le immagini 4-9 https://www.youtube.com/watch?v=HPQin-uuI9o