Un nuovo appuntamento con la rubrica “Il redattore consiglia”, un appuntamento mensile dedicato a ciò che più ci ha rapito il cuore, a eventi e festività da non trascurare, a personaggi e icone da non dimenticare. Questa volta vi parliamo degli Oscar.
Finalmente, dopo interminabili mesi di attesa, arriva anche la 93ª edizione degli Academy Awards. Al Dolby Theatre di Los Angeles le ragnatele sono state debellate, ma comunque non vedremo il caloroso ed emozionante ingresso degli ospiti al quale eravamo abituati. Nonostante questo, con due piccoli mesi di ritardo, arrivano i nostri amati Oscar. La celebrazione della creatività, del talento, delle emozioni che solo il cinema riesce a racchiudere in sé finalmente farà il suo ritorno.
Un’edizione non ancora iniziata che già scrive il suo capitolo nella storia. Per la prima volta nessuno, ma davvero nessuno, ha avuto modo di vedere i film candidati nelle sale cinematografiche in quanto chiuse per la pandemia. Inoltre, la cerimonia si svolgerà in diretta da più location: il Dolby Theatre, Union Station, collegamenti da Londra e Parigi.
Questo basta forse a fermare la nostra voglia di cinema? Ovviamente no! Quindi, anche questa volta, abbiamo qualche consiglio per voi. Aspettando lo spettacolo di stanotte vi invitiamo a ripercorrere insieme quelli che, per noi, sono i più grandi capolavori nella storia della settima arte, candidati durante le precedenti edizioni.
Buona visione.
Inception – Consiglio di Beatrice
Il vero e proprio capolavoro di Christopher Nolan. La selezione di un cast che, solo dai nomi, promette un’esperienza cinematografica degna di nota. La trama? Beh, è Nolan. L’impronta di Memento (opera antecedente del regista) è subito evidente. Un intreccio di passato e futuro tradotto in maniera sublime, capace di portarti all’interno di limbo costruito appositamente per confonderti, ma in modo chiaro. Un intreccio caotico di eventi che si susseguono, una sceneggiatura impeccabile, che proietta un’idea nel film e contemporaneamente dentro di te. Non potevano mancare le quattro statuette ricevute: Miglior Fotografia, Miglior Sceneggiatura Originale, Miglior Scenografia e Miglior Colonna Sonora.
The Fighter – Consiglio di Francesco
Lowell, Massachusetts. Micky Ward è un pugile di trent’anni che tenta di farsi largo nel mondo della boxe portandosi sulle spalle un grosso fardello. Quello di essere il fratellastro di Dicky Eklund, l’orgoglio di Lowell. Dicky era stato anch’egli un pugile in passato, ma la sua stella non ha brillato più di tanto, fatta eccezione per un match. In un incontro incrociò i guantoni con il campione del mondo Sugar Ray Leonard, perdendo ai punti ma mandandolo precedentemente al tappeto.
Questo suo traguardo lo ha reso celebre nella città di Lowell, ma il successivo declino della carriera lo ha condotto verso il baratro della dipendenza da crack. La madre, manager di entrambi i ragazzi stravede per Dicky e finge di non vedere ciò che sta accadendo, ponendo in ombra la carriera di Micky.
Sarà la conoscenza di Charlene, futura compagna di Micky, a dare una svolta alla sua vita, riconducendolo verso un modo sano di vivere la boxe e di perseguire i propri obiettivi. Il film di David O. Russell del 2010 fu candidato praticamente in ogni categoria principale dei premi Oscar, riuscendo a portare a casa ben due statuette: miglior attore non protagonista a Christian Bale, nei panni di Dicky, e miglior attrice non protagonista a Melissa Leo, in quelli di Alice Ward.
La storia vera che racconta The Fighter tocca in maniera decisa le corde emotive dello spettatore e pone l’accento non solo sull’aspetto sportivo, ma anche e soprattutto sull’aspetto umano. Le interpretazioni attoriali sono assolutamente mozzafiato, da quella pluripremiata di Christian Bale a quella di Amy Adams, nominata anch’essa agli oscar. The Fighter è un film semplice nel suo incedere, eppure emozionalmente complesso, in cui a fare da protagonista è la fragilità umana e l’incredibile desiderio di rialzarsi e vincere.
Il discorso del re – Consiglio di Alessia
Tra le pellicole che hanno ricevuto un alto numero di riconoscimenti e di candidature agli Oscar, è d’obbligo citare Il discorso del re, film del 2010 diretto da Tom Hooper. Ottimo per tutti gli appassionati della famiglia reale britannica, esso narra parte della vita di Giorgio VI (interpretato da Colin Firth), padre della regina Elisabetta.
Ciò che distingue Il discorso del re dalle tante narrazioni sulla monarchia inglese è la profonda umanità dei suoi personaggi. Lo sviluppo della trama si concentra sui problemi di balbuzie che impediscono al protagonista di poter tenere tranquillamente un discorso in pubblico: grazie all’intervento dello specialista Lionel Logue (interpretato da Geoffrey Rush), i due cercheranno di affrontare questa difficoltà, trasformando un distaccato rapporto medico-paziente in una relazione fraterna.
Il discorso del re fu un vero e proprio trionfo alla cerimonia degli Oscar 2011, ricevendo alcuni dei premi più ambiti. Ottenne infatti la statuetta per il Miglior film, la Miglior regia a Tom Hooper, la Miglior sceneggiatura originale a David Seidler e Miglior attore protagonista a Colin Firth. Inoltre, Geoffrey Rush e Helena Bonham Carter, nel ruolo di supporto come moglie di Giorgio VI, furono rispettivamente candidati come Miglior attore non protagonista e Miglior attrice non protagonista.
Il meraviglioso mondo di Amèlie – Consiglio di Giorgia
Il 25 aprile del 2001 (ah, le coincidenze!) nei cinema francesi usciva una delle commedie romantiche più strambe e meravigliose di tutti i tempi. Il film fu candidato a cinque Oscar, ma non ne vinse nemmeno uno. Quest’anno la ricorrenza sembra posizionata apposta per ricordare quanto l’assegnazione dei premi fosse suscettibile già vent’anni fa. Perché il mondo di Amélie Poulain (Audrey Tautou) favoloso lo era davvero: una Parigi di ansiosi, dove una giovane cameriera cresciuta invisibile al mondo s’ingegnava timidamente per rendersi visibile a un tenero sconosciuto.
Si parlava di piccoli piaceri, paura del fallimento e dell’importanza di ascoltare i propri bisogni, con le musiche di Yann Tiersen che scaldavano il cuore. Eppure l’Academy si focalizzò sul cast poco inclusivo e – disse il regista Jean-Pierre Jeunet – sulla presenza del tirannico Harvey Weinstein tra i distributori. Fortuna che il film rivive nelle decine di lungometraggi e serie tv che ha ispirato.
Captain Fantastic – Consiglio di Dario
Esistono tanti tipi di famiglie. Ma nessuna di queste sarà mai come la famiglia Cash. Captain Fantastic è avventura, libertà, anticonformismo, colore e riflessione. Nessun vendicatore in costume, nessun nuovo tassello a condire l’universo Marvel o DC.
Captain Fantastic è la storia di un supereroe atipico, o forse del più comune dei paladini. La storia di un padre e del suo amore per i figli. Non troverete effetti speciali o strane creature sovrannaturali. Non troverete un mondo a rischio o assurdi mostri da sconfiggere. Captain Fantastic galleggia sulla contemporaneità del nostro mondo, forgiandosi al contempo di una stravagante bizzarria. Complice un’ottima scrittura e la convincente interpretazione di un Viggo Mortensen candidato all’Oscar 2017, la pellicola diverte, emoziona e invita all’utilizzo di uno sguardo critico sulla società. Uno sguardo che non si limiti a dividere il bianco dal nero, ma sappia cogliere le numerose sfumature della complessità del reale.
Grand Budapest Hotel – Consiglio di Chiara
Per evocare il clima Oscar consiglio la pellicola di Wes Anderson: Grand Budapest Hotel. Il film del 2014, con nove nomination, vinse quattro statuette per Miglior scenografia, costumi, trucco e colonna sonora. Un meritato successo per un film straniante e ingaggiante, ricco di colpi di scena.
Nel clima sospeso e nell’atmosfera fuori dal tempo, Anderson accompagna lo spettatore all’interno di racconto tragicomico, a tratti fiabesco, dominato dal filtro cromatico color pastello. Così la suspense si mescola all’onirico in un passo a due di attrazione e mistero. L’hotel, perfetta esemplificazione di spazio soggettivo e personalizzato, diventa nel film una sospensione nel vuoto, un paradigma del non-luogo. Le inquadrature stranianti e i colpi di scena sembrano invece coinvolgere lo spettatore in prima persona, come se Anderson chiedesse un contributo alla risoluzione del caso. Insomma Grand Budapest Hotel è un giallo dai tratti comici, una vera chicca nel panorama del cinema contemporaneo.