Desio, provincia di Monza e Brianza. La scuola media Rodari, in vista di un evento in presenza del sindaco, sceglie di inserire Bella Ciao tra i brani da suonare per l’occasione. Non si fa attendere l’indignazione della Lega, che su Facebook ci tiene a puntualizzare: «La scuola non è una sezione di partito».
È risaputo, è unanime: la cesura tra istruzione e politica non può essere violata, non quando a essere coinvolti sono studenti minorenni e “condizionabili”. Tuttavia, per quanto il reminder dei leghisti possa essere in sé ragionevole, non ci si spiega che cosa abbia a che fare con il caso della scuola Rodari. Perché ogni discorso su “sezioni” e “partiti”, nell’Italia di oggi, è un discorso che non dovrebbe riguardare Bella Ciao.
Il significato di Bella Ciao
Ora, sulle origini di questo canto si è battibeccato a lungo, e le schermaglie sono tutt’altro che risolte. Questa e quella cittadina ne rivendicano la genesi, storici e giornalisti si lambiccano a riguardo senza darsi pace. Il fu partigiano Giorgio Bocca ha affermato di non aver mai sentito Bella Ciao in venti mesi di guerra, e lo scrittore Gianpaolo Pansa ha ribadito: «Non è mai stata dei partigiani». Cesare Bermani, storico, sostiene invece una sua ampia diffusione negli ambienti della Resistenza, e la scoperta recentissima di un altro storico, Ruggero Giacomini, sembrerebbe avvalorare questa tesi.
Ma a prescindere da luogo e data di nascita, è inequivocabilmente con un significato ben definito che Bella Ciao è passata alla storia. Poco importa di chi sia la responsabilità, poco importa se sia stato o meno il frutto di una deliberazione consapevole: il dato di fatto è che, in un momento x del passato del nostro Paese, questa canzone ha in qualche modo fatto capolino e si è ritrovata investita di tutta una silloge di ideali; quegli ideali, cioè, che trovano un fiato comune nel concetto di antifascismo.
Fascismo e antifascismo
Dare una definizione del termine parrebbe meramente interlocutorio. Anti-fascismo: rifiuto del fascismo, opposizione al fascismo. Sarà allora più produttivo spiegare che cosa sia il fascismo, anzi che cosa non sia. Se si assume per valida la grossolana differenziazione tra movimenti di destra e movimenti di sinistra, il fascismo andrà a depositarsi nell’estremità di destra, lì accanto al nazismo (che del fascismo è figlio ed emulatore). Estrema destra, dunque; non semplicemente “destra”. Tra i partiti che non si riconoscono nel programma fascista, infatti, troveremo senz’altro quelli di sinistra, ma allo stesso modo troveremo anche la parte più cospicua della destra: tutta la destra che non ha oltrepassato la soglia di “estremismo”.
La Resistenza: destra e sinistra insieme
Essere di destra ed essere antifascista… un paradosso? Niente affatto. La storia della Resistenza Italiana è fatta sì da socialisti e comunisti, ma non in misura maggiore rispetto a chi si rifaceva all’egida del centro-destra: liberali, cattolici, addirittura monarchici. E non si può dire che abbiano avuto un ruolo marginale. La leggendaria presa della città di Alba, per fare un esempio, fu opera dei cosiddetti “badogliani” (o “azzurri”), formati dalle tre categorie dette poc’anzi (liberali, cattolici e monarchici). Si trattava soprattuto di membri del Regio Esercito, fedeli alla monarchia, avversi tanto al fascismo quanto a socialismo e comunismo. A rendere possibile l’istituzione dell’effimera Repubblica di Alba, in particolare, fu il 1° Gruppo Divisioni Alpine. Il suo fondatore, Enrico Mauri, era maggiore del corpo degli alpini, cioè le truppe da montagna dell’Esercito. Sotto il suo comando, all’impresa partecipò anche Beppe Fenoglio, destinato a diventare nel dopoguerra il più importante e schietto cantore della realtà partigiana. Lo stesso Milton, protagonista del suo capolavoro Una questione privata, è dichiaratamente badogliano. L’antifascismo è stato il cemento che ha tenuto insieme tutte queste entità tra loro eterogenee. Bella Ciao, che sia stata o no cantata dai partigiani, è portavoce di questo coagulo eccezionale.
Un emblema universale
Non tutti se ne rendono conto. Qualcuno pensa che fosse appannaggio esclusivo delle Brigate Garibaldi e che sia quindi di matrice comunista. Come specificato poc’anzi, però, sulla provenienza e, per così dire, sul “copyright” di Bella Ciao tutto è fumoso, e l’ipotesi che non sia nemmeno un prodotto di prima mano dei partigiani si regge su solidi argomenti.
Tutto ciò che conta è il messaggio universale di libertà di cui è rimasta intrisa. Commette una terribile ingiustizia, chi accusa la sinistra di essersi “appropriata” di questa melodia e di averla assurta a proprio emblema. È vero, ci sono precedenti di simboli e inni nati con un significato e poi trasfigurati da una determinata propaganda. Ma ad appropriarsi di un simbolo si fa presto: ai nazisti è bastato sigillare il proprio operato con la svastica, antichissimo simbolo orientale del sole, per corromperne irrimediabilmente il significato. Appropriarsi di una canzone, per contro, richiede qualche accorgimento: quando le camicie nere allungarono le mani su Giovinezza, innocuo motivetto studentesco, per farne la propria voce, il ritornello venne subito ritoccato con un paio di dediche a Mussolini e al fascismo. Le parole di Bella Ciao si riferiscono a un generico invasore e a un generico partigiano, e finché vengono recitate tali e quali non ha senso parlare di “appropriazione”.
Che poi la parte azzurra e la parte rossa si sputassero veleno l’un l’altra non è un mistero, anche con più acredine di quanta ce ne mettano oggi la destra e la sinistra. Sta di fatto, però, che entrambe si batterono per il medesimo scopo: l’abbattimento del nazifascismo.
Matteo Salvini e l’idea diversa
Ed è proprio sulle ceneri del nazifascismo che si erge la Repubblica Italiana, come anche l’intera Unione Europea. Non ci dovrebbe essere nulla di strano in un gruppo di commissari europei che intonino Bella Ciao, come avvenuto a dicembre del 2019: la celebrazione dell’antifascismo, a rigore, rientra nella corde di una civiltà democratica sorta proprio dalla lotta al fascismo. Eppure fu proprio in quell’occasione che il leader della Lega Matteo Salvini espresse tutto il suo sdegno, definendo “follia” il gesto dei commissari. “Quelli rappresentano 500 milioni di persone” ricordò Salvini, preoccupandosi quindi che il coretto potesse far sentire emarginati certi cittadini europei, quelli che non si riconoscessero come antifascisti – cittadini fascisti, insomma. “Al prossimo giro canteranno anche Bandiera Rossa” profetizzò infine su Twitter, confondendo l’antifascismo col comunismo: indebita generalizzazione che ben poco si attaglia alla suddetta eterogeneità della Resistenza.
Già l’anno prima, durante una sua visita a un mercato di Milano, Salvini aveva automaticamente recepito come ostili delle trombe che suonavano Bella Ciao. Aveva comunque fatto buon viso a “cattivo gioco”, sorridendo: “Manifestare così un’idea diversa è bello”. L’antifascismo è per lui “un’idea diversa”… cosa si dovrebbe dunque pensare della sua, di idea?
Libertà di essere fascista?
Si potrebbe ricordare che l’apologia del fascismo, per la nostra Costituzione, costituisce un reato in piena regola. Si potrebbe considerare che far finta che questa legge non valga autorizzerebbe a ignorare a piacimento tutte quante le leggi. E, quindi, si potrebbe notare che il rifiuto delle leggi è caratteristica degli anarchici, che rispetto ai fascisti stanno all’estremità opposta dello spettro politico. Sì, si potrebbe osservare questo curioso paradosso. Ma ci si chieda lo stesso se sia lecito inculcare a un bambino indifeso i valori dell’antifascismo.