Odio gli uomini (Moi Les Hommes, Je Les Déteste) di Pauline Harmange, attivista femminista, edito in Italia con Garzanti, è diventato, in Francia e nel mondo, un vero e proprio caso editoriale.
Pubblicato dalla piccola associazione culturale Monstrograph, questo brevissimo saggio, inizialmente stampato con una tiratura di 450 copie e destinato ai lettori del blog di Harmange, è diventato un best seller. Il breve saggio è andato esaurito per tre volte a due settimane dall’uscita, con 2500 copie vendute.
Il caso
La pubblicazione del libro, avvenuta a fine 2020, ha attirato l’attenzione di Ralph Zurmély, un funzionario del Ministero delle Pari Opportunità francese che si è indispettito per il titolo, ritenuto misandrico.
Zurmély ha chiesto alla casa editrice la rimozione immediata dal catalogo, accusando il libro di incitamento all’odio di genere. A causa di questa polemica le prime tre edizioni del libro sono andate a ruba e la piccola casa editrice Monstrograph, stata sopraffatta dalle richieste, ha cessato la pubblicazione. Il testo è stato poi ristampato dalla casa editrice Éditions du Seuil, che dispone di maggiori risorse.
La polemica ha fatto uscire il libro dal circuito indipendente, incuriosendo molte persone e facendone infuriare altre, arrivando a essere tradotto e pubblicato in 17 Paesi, tra cui l’Italia.
Un titolo che trae in inganno
Molti, tra cui la stampa conservatrice, hanno accusato Pauline Harmange di essere un’ipocrita, dal momento in cui dice di odiare gli uomini ma è sposata e, da quello che si vede sui social, le piace cucinare per il marito. La donna che sembra odiare gli uomini ne ha sposato uno, sono innamorati e coniugati e vivono insieme nel nord della Francia.
Sembra strano? Non lo è affatto. Questo perché il titolo ambiguo ha portato fuori strada le persone che, senza nemmeno cercare di capire il libro, hanno subito pensato al peggio.
Quello di Harmange non è un attacco al genere, ma una critica del ruolo degli uomini nella società. Nel libro Odio gli uomini, l’autrice rivendica il diritto delle donne di cercare e trovare da sole la propria realizzazione al riparo dal giudizio degli uomini e spiega perché finiamo per odiarli e come possiamo trasformare questo sentimento in una pratica che non avvelena ma fortifica.
Misandria
Nell’introduzione al libro l’autrice afferma che l’accusa di misandria non è altro che un meccanismo di silenziamento: quando una donna avanza una critica verso il genere maschile, ecco che subito qualcuno la accusa di odiare gli uomini.
La frase “tu dici così perché odi gli uomini” tronca ogni possibilità di proseguire il discorso, spostando l’attenzione da ciò che si sta dicendo al piano individuale e personale, rendendo inutile provare a citare statistiche, studi sociali e teorie filosofiche. Rendendo impossibile il confronto, le istanze paritarie e l’accusa verso il privilegio vengono ribaltate in un generico odio verso gli uomini.
Harmange afferma che, se per odio si intende la messa in discussione del potere degli uomini, la negazione del modello patriarcale dominante e la rabbia verso le ingiustizie, le violenze, gli omicidi e le discriminazioni di genere, allora sì, lei odia gli uomini. La misandria, riflette l’autrice, è una reazione giustificata alla misoginia radicata nella società, ed esiste solo in reazione ad essa.
Un invito a bastare a se stesse
Chiarito che l’intento di Harmage non è diffondere l’odio verso il genere maschile, emerge la visione divergente dell’autrice. Magari è un pensiero che può non piacere, ma di sicuro bisogna lasciargli spazio nel dibattito e non soffermarsi al titolo pensando di aver già capito dove vuole andare a parare il libro.
Il testo di Pauline Harmange è un invito dedicato alle donne, che le sprona a prendere coscienza del fatto che possono bastare a loro stesse, che non c’è nessuna necessità di costruirsi in base allo sguardo maschile, che non sono obbligate a svolgere le mansioni soltanto perché è quello che la società si aspetta da loro.
Harmange restituisce la legittimità del sentimento della rabbia: le buone maniere non ci stanno facendo fare progressi, e millenni di cultura patriarcale ci autorizzano ad arrabbiarci. L’odio va bene se permette di intraprendere un percorso di totale emancipazione dai maschi.
La sorellanza
La rabbia prodotta dalle discriminazioni non deve essere soppressa per far piacere alla società maschile: bisogna incanalarla in una lotta che faccia saltare in aria i meccanismi di oppressione. Non bisogna alleggerire le proprie posizioni per apparire meno aggressive, piuttosto bisogna cercare rapporti di sorellanza.
Nella sorellanza è possibile costruire uno spazio per una comprensione di se stesse e delle altre donne, in cui predomina il valore della solidarietà. Nella sorellanza tutte le donne si fanno scudo e si supportano le une con le altre, trovando nel sostegno la forza per dire di no ed essere libere. Una pratica che Harmange sperimenta tutti i giorni come attivista in associazioni e in centri antiviolenza, mettendo in primo piano la priorità di garantire alle donne una presenza forte e di fare della sorellanza la propria bussola.