Il nostro mondo è in guerra. Il nostro mondo è in guerra contro i suoi stessi abitanti. Da sempre l’uomo ha preferito dare importanza alla propria sopravvivenza, senza curarsi dell’ambiente circostante, facendo crescere sempre di più la sua insaziabile esigenza di dominare il proprio spazio di vita senza dargli respiro. Questo fenomeno lo conosciamo da sempre, fa parte di noi. Il non riuscire ad avere controllo sui nostri istinti violenti, spesso efferati, e sulle nostre azioni, spesso sconsiderate, è un comportamento che connota il genere umano fin dalle origini. La nostra propensione alla violenza ha contaminato talmente tanto la nostra vita che tutt’oggi, nel ventunesimo secolo, è normale leggere e sentire, pur dopo le esperienze di due conflitti mondiali, notizie di morte per guerra.
Gli investitori in armi
Le guerre, grandi e piccole, si fanno con le armi e ci sono ancora tantissimi stati che investono molti miliardi in armi. Ma armi per cosa? Per difendersi da un nemico? Per seguire ancora propositi imperialisti? Cosa spinge le nazioni più potenti del mondo, e non solo queste, a investire in armi?
I dati riportanti le spese militari negli Stati Uniti, contano un investimento superiore a seicento miliardi di dollari in armi, quasi 4,5 del PIL statunitense. Sul secondo gradino del podio abbiamo la Cina, con novantotto miliardi investiti nel mercato della morte. La Russia, governata dall’oligarca Putin, dichiara attualmente di investire sessanta miliardi l’anno per il rifornimento del loro arsenale. Ma anche l’Europa non è da meno. Il totale dei soldi investiti nel mercato delle armi sarebbe di oltre trecento miliardi e vede in prima fila, senza contare il Regno Unito che da solo investirebbe circa settanta miliardi di euro, tre delle principali nazioni che hanno dato vita alla nostra attuale Unione Europea, ovvero Francia, Germania e Italia.
Ebbene sì, il nostro amato tricolore investe annualmente circa quarantacinque miliardi di euro nel mercato delle armi: il nostro PIL speso in questo mercato è pari all’1,3%. Investiamo quasi il doppio del denaro in armi, rispetto a quello che investiamo per la tutela dell’ambiente. Anche se è scritto nella nostra costituzione che l’Italia ripudia la guerra, continuiamo a produrre e a commerciare vari tipi di armi e di veicoli bellici. In Italia, come nella maggior parte dei paesi esportatori di armi da fuoco, il mercato è regolato da leggi e norme alle quali i produttori si devono attenere. Le autorizzazioni ottenute hanno matrice sia economica sia politica sia di sicurezza nazionale. Ed è proprio in base alla Legge 185/90, integrata nel 2012 con un decreto legislativo creato per semplificare il trasporto delle armi, che aziende produttrici di veicoli da combattimento come la Leonardo S.p.A o la RWM ITALIA S.p.A. hanno raggiunto fatturati da capogiro. Parliamo di miliardi di euro. E questi sono solo i dati noti.
Il mercato illegale
Altrettanto noto però, anche senza avere bilanci aziendali pubblici, è il proliferare di attività illegali intrecciate al mondo della vendita delle armi. Questo dato si registra soprattutto in paesi a elevata instabilità politica, ma non è insolito anche in Paesi come l’Italia riuscire a reperire un’arma illegale.
Anche se l’Italia viene considerato un paese molto severo sulla tematica armi, ci sono molti cittadini che ne possiedono una e spesso anche più di una. Una delle ricerche più recenti e aggiornate su questo tema è quella realizzata nel 2018 dall’associazione Small Arms Survey, che parla di circa otto milioni di unità di armi detenute legalmente e registrate nel nostro paese, numero comunque molto inferiore rispetto a Francia e Germania.
Riuscire a comprare un’arma
Valutazioni internazionali stimano il mercato illegale delle armi intorno a vari miliardi di euro. La vendita di armi illegali in Italia è un tema molto vasto e complesso, ma ciò che sappiamo per certo è che chiunque senza una licenza da parte delle autorità fabbrichi, importi o esporti armi è punibile fino a tre anni di carcere e con un’ammenda fino ad un massimo di 1239 euro.
Nonostante ciò la vendita illegale di armi è molto estesa e ramificata, e non solo nel contesto della criminalità organizzata: anche per una persona comune può essere facile reperire un fucile d’assalto, collegandosi online al Dark Web per esempio, una rete pericolosa che dà accesso a un’infinità di contenuti, tra cui appunto le armi. Non servono documenti, né account di registrazione, basta solo avere il denaro sufficiente e le giuste conoscenze informatiche per riuscire a comprare illegalmente un M-16 oppure un AK-47.
Inoltre, per quanto riguarda l’Italia, se si hanno gli agganci giusti, basta per esempio recarsi nei sobborghi di Milano per riuscire ad acquistare pistole o micro UZI. Molti sono i casi di rapine avvenute nell’anno del 2020 con ausilio di pistole automatiche Glock-g18, a volte anche usate da minorenni per derubare i coetanei. In particolare, l’anno scorso tra giugno e dicembre un gruppo di giovani rapinatori, hanno agito indisturbati a bordo dei mezzi pubblici di Milano. Si contano in totale 17 rapine compiute da 6 ragazzi di cui 3 italiani, che tramite l’utilizzo di armi e attraverso minacce verbali, si facevano consegnare portafogli, telefoni, orologi e gioielli.
La crescita della vendita
La preoccupazione maggiore però non è tutta rivolta alla criminalità organizzata. Fa riflettere anche la crescita esponenziale dell’esportazione di armi italiane all’estero, spesso indirizzate alla coalizione di Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, impegnate nel conflitto in Yemen, o verso destinazioni ancora di più “complicate”, come per esempio Palestina, Israele e Turkmenistan. Durante i 30 anni di applicazione della legge 185/90, sono state vendute all’estero quasi 98 miliardi di armi e in particolare nel Medio Oriente, negli ultimi 5 anni si stima una percentuale di vendita del 45,9 %, in paesi come Kuwait e Qatar, soprattutto per la vendita di veicoli corazzati.
Attualmente ci sono diversi enti che cercano di studiare a fondo la questione del commercio delle armi italiane, la richiesta per il disarmo e la cessazione di queste vendite, come per esempio Rete Italiana per il Disarmo, che si pone l’obiettivo di fare chiarezza sul commercio delle armi esportate dal nostro paese, spingendo verso il rafforzamento del trattato Arms Trade Treaty, che promuove la consapevolezza e la responsabilità delle persone sulle armi.
La caccia e le armi
Un altro tema di fondamentale importanza è quello della caccia, in quanto si stima che in un solo anno vengono ritrovati sul nostro suolo circa 500 milioni di cartucce che provocherebbero la dispersione nell’ambiente di 17.500 tonnellate di piombo, con conseguenze molto gravi non solo per la flora e la fauna del nostro territorio, ma anche per l’uomo stesso.
L’ISPRA, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, proprio a causa dell’inquinamento da piombo, ha classificato come a rischio avvelenamento numerose specie di uccelli. La soluzione che gli esperti dell’ISPRA suggeriscono è proprio quella di ridurre a zero la dispersione di queste cartucce e quindi di aumentare al più presto il numero delle zone in cui sarà vietata la caccia con l’uso di piombo.
Le armi rappresentano per l’uomo una fonte di forza e motivo di audacia, ci hanno accompagnato durante tutto il corso della storia, senza però riuscire a farci smettere di sottovalutare la pericolosità del loro utilizzo. In fondo, forse, l’unica vera arma mai stata creata siamo proprio noi, che abitiamo questa terra e che non abbiamo ancora capito che quando si spara, non è mai una persona sola a morire, ma moriamo un po’ tutti.
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