Il male che non possiede profondità può ricoprire il mondo intero e devastarlo, perché si diffonde come un fungo sulla superficie. È una sfida al pensiero, perché il pensiero che vuole andare in fondo tenta di andare sulle radici delle cose, e nel momento che s’interessa del male viene frustato, perché non c’è nulla.
Questa è la banalità.
Solo il bene ha profondità, e può essere radicale.
Il male è banalità.
La storia lo grida oggi più che mai: tendiamo a compiere gli stessi errori o, per meglio dire, orrori. Siamo immersi, catapultati, in un periodo storico in cui sembra vigere un costante odio, un’infinita e smisurata rabbia. Spesso capita di operare il male senza consultare la propria coscienza, senza riflettere oltremisura. Una persona può compiere delle malvagità senza essere iniqua?
Il male secondo Arendt
Hannah Arendt parlava di “banalità del male”:pensava che Adolf Eichmann fosse noioso, un burocrate usuale. Uno che non era né “sadico” né malvagio, piuttosto “spaventosamente normale”. Le sue terrificanti azioni e il suo ruolo non erano dettati dal suo spirito maligno, bensì dalla volontà di migliorare la propria carriera all’interno dell’amministrazione nazista.
Nel suo libro La banalità del male. Eichmann a Gerusalemme (1963), la Arendt spiegò bene questo concetto: non si poteva parlare di un mostro senza alcuna morale. Egli aveva compiuto azioni mostruose, terrificanti, ma non aveva cattive intenzioni; lo aveva fatto perché incosciente, banale.
Adolf Eichmann non capì mai cosa stesse facendo per via della sua inabilità a pensare dal punto di vista di qualcun altro. Mancando di questa particolare abilità cognitiva, commise i suoi crimini in circostanze che gli resero quasi impossibile capire o sentire cosa stesse facendo di male.
Una storia che si ripete: gli Uiguri dello Xinjiang
Oggi si parla di genocidio uigurio, un’etnia turcofona di religione islamica. Il termine è stato coniato dinanzi a un’evidente serie di violazioni dei diritti umani compiuta, in questo caso, dal governo cinese sotto la guida del Partito Comunista, in concomitanza dell’amministrazione del segretario generale del PCC Xi Jinping, contro alcune minoranze etniche nella regione autonoma dello Xinjiang.
La Repubblica Popolare Cinese, dal 2014, ha avviato e concretizzato una politica, tuttora in vigore, che ha costretto oltre un milione di musulmani alla detenzione in campi di “rieducazione”. Così vengono descritti, anche se forse sarebbe meglio definirli per quello che realmente sono: campi dove persone innocenti vengono spogliate della propria identità e condizione di esseri umani, dove persone innocenti vivono in un mondo dove molti sanno e troppi tacciono. Quello che sta avvenendo è stato definito dai critici di tali politiche, attivisti, ONG indipendenti e molti stati come un etnocidio culturale.
H&M e il Governo cinese
H&M è una nota azienda d’abbigliamento svedese che ha raggiunto il massimo del suo sviluppo attraverso l’installazione di moltissimi punti vendita fisici e online in tutto il mondo, compresa la Cina.
Il conflitto di cui si è parlato a lungo nell’ultimo periodo rappresenta, tra le righe, lo scontro tra Cina e Occidente. Nel settembre del 2020, l’azienda svedese ha scritto un comunicato sui propri social network, in cui ha spiegato il rifiuto da parte della medesima di rifornirsi col cotone proveniente dallo Xijiang, per il sospetto che nella regione autonoma gli Uiguri fossero sottoposti a maltrattamenti e a lavori forzati.
La dichiarazione è stata subito rimossa; scelta dovuta, probabilmente, a una motivazione semplice: H&M è il quarto mercato più grande al mondo e una rivalità con il paese asiatico avrebbe portato sicuramente a considerevoli perdite. La Repubblica Popolare ha risposto con un certo ritardo e le conseguenze si sono rilevate pressoché dannose per il colosso, che è stato rimosso da qualsiasi piattaforma di e-commerce senza alcun tipo di spiegazione. Per questo motivo i negozi attualmente sono introvabili su Google Maps.
Unione Europea e il caso Uiguri
Alcuni paesi dell’Unione Europea e altri Stati come Canada, Stati Uniti e Gran Bretagna sono intervenuti imponendo alla Cina una sanzione per lo sfruttamento e la violazione dei diritti umani perpetuata alla popolazione dello Xinjiang.
Da un punto di vista comunicativo il governo cinese non sbaglia un colpo: sfrutta tutti i media a disposizione per propagandare la sua buona fede e per cercare di apparire innocente e benevolo agli occhi del mondo, grazie a slogan e hashtag come “io sostengo il cotone dello Xijiang”. L’obiettivo ̶ se non si fosse compreso ̶ è quello di far leva e accrescere l’orgoglio nazionale; una strategia che ha avuto molto successo, tanto da far sparire H&M dalle piattaforme online, perfino dalla multinazionale ALIBABA, fondata dal miliardario cinese Jack Ma. Per completare l’impresa, il brand è stato rimosso dall’app store di Android e moltissimi personaggi conosciuti hanno interrotto qualsiasi tipo di rapporto lavorativo con l’azienda accusandola di “diffamazione” nei confronti della Cina e di “interesse nazionale”.
E H&M? La sede centrale non ha commentato, ma la sua divisione cinese ha rimarcato come la decisone dell’azienda svedese sia legata esclusivamente a una visione di sviluppo sostenibile e non a una presa di posizione politica.
Il peso della colpa
A chi verrà attribuita la responsabilità morale di questo crimine? Chi dovrà portare il peso della colpa? Come in passato, probabilmente, si cercherà un reo a cui attribuire l’orrore. È la strada più semplice. Chi si limita a osservare, chi mette al primo posto i propri interessi e non si mobilita immediatamente o affatto per fermare il genocidio degli Uiguri è colpevole. Mario Draghi qualche giorno fa ha definito Recep Tayyp Erdogan un “dittatore di cui si ha bisogno per collaborare per garantire gli interessi del proprio paese”; quale esempio migliore.
Molti Stati sentono l’esigenza di urlare e salvaguardare la propria innocenza per negare responsabilità passate e presenti: la Cina con gli Uiguri e altre minoranze; la Russia di Putin che rivaluta Stalin come il difensore degli interessi del Paese; la Turchia di Erdogan che continua a oltranza a negare il genocidio degli armeni e a ricevere sovvenzioni da parte dell’Europa per “ospitare” migranti disperati all’interno del territorio nazionale, per poi farli vivere in modo disumano in “campi d’accoglienza”.
Saranno in grado le coscienze di sopportare tutto questo? Esiste una possibilità di redenzione nel momento in cui l’errore si ripete? Probabilmente tra qualche anno ci scuseremo, cercheremo qualcuno su cui scaricare il peso della colpa e instaureremo una giornata per ricordare lo scempio, l’orrore.
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