Lezione numero uno: puoi viaggiare nel tempo quanto vuoi, ma non puoi costringere una persona ad amarti.
Diretto da Richard Curtis, Questione di tempo ha esordito nelle sale nel 2013; una commedia romantica dai toni leggeri ma dai numerosi spunti di riflessione. Un film ispirato dal Tempo, centro nevralgico ed extra ordinario di una avventura di vita come tante altre.
Dalla Cornovaglia con furore
Questione di tempo racconta la storia di Tim Lake, giovane ragazzo cresciuto nella contea inglese della Cornovaglia in una graziosa casa sul mare. Suoi fedeli compagni di vita sono il padre James, accanito lettore di Dickens, la madre Mary, affettuosa ma non troppo, l’enigmatico zio Desmond, perennemente distratto, e la sorella Katherine, soprannominata Kit Kat, dal carattere istrionico ed esuberante. La vita di Tim trascorre tranquilla, tra ormoni impazziti, imbranataggine e difficoltà amorose. Tuttavia, al compimento dei 21 anni di età, un’assurda scoperta promette di stravolgere la sua quotidianità.
Suo padre James infatti gli rivela una straordinaria capacità che gli uomini di famiglia si tramandano da generazioni; una capacità in bilico tra magia e fantascienza destinata a trasformare le prospettive di un Tim in partenza per Londra.
Viaggiare nel tempo: cinema e quotidianità
Esistono binomi inscindibili, capaci di attraversare epoche e generazioni senza mai venire meno; uno di questi lega tempo e settima arte, fedeli compagni di viaggio ed esploratori curiosi della filosofia umana. Da sempre il cinema si interroga sul valore del tempo, sul suo significato più profondo, sulla possibilità di usarlo a proprio piacimento, modellarlo e padroneggiarlo.
Il tempo ha ispirato Robert Zemeckis quando, nel 1985, il giovane Marty McFly tentava disperatamente di ritornare al futuro in una pellicola destinata a diventare un vero e proprio cult, primo capitolo di una fortunata e indimenticabile trilogia. Il tempo ha sconvolto la mente di Christopher Nolan, autore del fantascientifico Interstellar, in cui passato, presente e futuro si mescolano in una ricetta futuristica a base di astrofisica e filosofia. Una forza misteriosa dalle numerose sfaccettature, capace di farsi largo nel mondo magico di Harry Potter, invadere il Bel Paese con Non ci resta che piangere, giocare con lo spaventoso coniglio di Donnie Darko fino a trovare sfogo nella speranzosa circolarità di Arrival.
Il tempo di Richard Curtis è qualcosa di diverso. Una forza in evoluzione che, pur soggetta a regole ben precise, non sembra voler ascrivere la pellicola al cumulo di esperimenti cinematografici fantascientifici, bensì cerca di proporre una leggera quanto profonda riflessione sul valore della nostra vita, sulle nostre azioni, sulle conseguenze di una scelta. Il regista, all’interno di una pellicola divertente e molto ritmata, tenta più volte di suggerire l’ineluttabile impotenza umana di fronte allo scorrere degli attimi; una condizione bilanciata però da un potere altrettanto inequivocabile: la possibilità di poter decidere cosa fare con il tempo concessoci.
Viaggiamo tutti insieme nel tempo, ogni giorno della nostra vita, possiamo fare solo del nostro meglio per gustare questo viaggio straordinario.
Domhall Gleeson: bizzarro temponauta
Protagonista assoluto è ovviamente Tim, giovane sensibile e imbranato alle prese con un potere davvero peculiare. Domhall Gleeson, ottimo interprete, riesce a dare vita a un personaggio davvero particolare, bilanciato tra una naturale timidezza e un’intraprendenza fuori dal comune. Un protagonista riuscito, a tutto tondo, capace di giostrarsi fra esilaranti gag comiche e momenti più seri e drammatici.
Al suo fianco Rachel McAdams si rivela un’acuta scelta di cast, in grado di amalgamarsi alla perfezione con Gleeson. La sua Mary, omonima della madre, condivide la gentilezza di Tim mostrando tuttavia una decisione e una fermezza che ne arricchiscono il carattere di sfumature. Il risultato è una coppia di attori affiatati, in grado di svolgere alla perfezione il ruolo di perno attorno a cui ruota l’intera storia.
Da segnalare anche la presenza di un Bill Nighy in stato di grazia. L’attore, qui padre del protagonista, ha la camaleontica capacità di adattarsi ad ogni ruolo, riuscendo in questo caso a dare colore e humor al suo personaggio, indimenticabile nel suo istrionismo tragicomico. Senza ovviamente tralasciare l’irascibile e misogino Harry, commediografo londinese dalla spiccata scurrilità e dal pessimo coinvolgimento sociale.
Questione di tempo è in definitiva una commedia da vedere e rivedere. Non un capolavoro, non un film da annali, solo un buon modo di passare due piacevoli ore in compagnia dei suoi bei personaggi, tra risate, sogni e buon cuore.