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Facciamo i conti: un bilancio sui flussi museali nel 2020

Purtroppo è ormai diventato banale sottolineare quanto nell’ultimo anno la pandemia da Covid-19 e l’emergenza sanitaria in corso abbiano impattato negativamente sul mondo dell’arte. Non solo, ma anche sulla cultura in generale (teatro, musica cinema…) e sulla lunga lista di settori connessi, primo fra tutti il turismo. Indubbiamente, tutto il mondo museale ed espositivo si è trovato, e si trova tutt’ora, in ginocchio di fronte alla vulnerabile e precaria condizione attuale, che ha tramortito quasi tutti i settori professionali e lavorativi. 

Spesso però, e paradossalmente in Italia, culla di un immenso patrimonio artistico, si fa fatica a quantificare con un bilancio il danno. La vulgata comune pare quindi disorientata dal punto di vista statistico e numerico, su come il compartimento culturale abbia risentito della pandemia. 

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Museo del Prado (Madrid)

Il bilancio numerico

Inevitabilmente gli effetti sono stratificati e un’analisi complessiva ed esaustiva sarebbe impossibile. Altrettanto stratificate sono anche le varie concause nelle quali si è riversata la crisi in ambito artistico-museale. A partire dalla riduzione della circolazione, passando per la ridotta capacità di spesa dei potenziali turisti, fino ad arrivare all’involuzione dei finanziamenti e delle donazioni che i musei e le pinacoteche ricevono. Tutti questi fattori agiscono in maniera impattante sul bilancio del flussi museali ed è bene averne una prospettiva visiva. 

Recentemente, infatti, l’autorevole giornale inglese «The Art Newspaper», ripreso puntualmente dal «Sole24Ore», ha tracciato un primo bilancio annuale. In oggetto le statistiche relative alla riduzione dell’affluenza dei visitatori nei principali 100 musei e pinacoteche al mondo, rilevando dati e percentuali decisamente drastiche. La media è infatti di 145 giorni di chiusura (tenendo conto di tutti i musei presi in analisi) e una riduzione media del 77% dei visitatori complessivi. Quindi, dai 230 milioni registrati nell’anno solare 2019 si è passati ai soli ed esegui 54 milioni del 2020. 

I dieci musei con il maggior numero di visitatori nel 2020 

Se dai 100 musei totali di cui «The Art Newspaper» ha stilato la statistica, si restringe il campo sui i primi dieci musei al mondo per numero di visitatori, emerge un dato interessante. Non si può fare a meno di notare, anche in questo caso, un drastico calo dell’affluenza registrato nell’anno solare 2020, che comprende anche l’immortale Louvre. Nonostante tutto, quest’ultimo si è però confermato ancora il museo più visitato al mondo, con un totale di 2.700.000 visitatori. Si tratta comunque del 72% in meno rispetto ai 9 milioni registrati nell’anno precedente.

In particolare, se osserviamo il grafico sottostante, possiamo notare come:

  1. Il Museo del Louvre, con un totale di 2.700.000 visitatori, pur confermando di essere il museo più vistato al mondo, ha comunque registrato un calo del 72%, con un totale di 150 giorni di chiusura nel  2020;
  2. Il Museo nazionale di Pechino, invece, si colloca alla seconda posizione con i suoi 1.600.000 visitatori, ma accompagnato da un calo dei medesimi (sempre rispetto all’anno precedente) del 78%.
  3. Al terzo posto invece troviamo la Tate Modern di Londra, che ha registrato circa un milione e mezzo di visitatori, ma con un vigoroso calo del 77% rispetto all’anno 2019.
  4. I Musei Vaticani si collocano al quarto posto, con 1.300.00 visitatori, ma figurano tra le istituzioni museali che hanno registrano il peggior calo di affluenze tra quelle comprese nelle prime dieci posizioni, pari ad una riduzione dell’81% rispetto all’anno precedente.
  5. Più o meno agli stessi livelli dei Musei Vaticani, ma con una variazione di qualche migliaio in meno di visitatori, è anche il British Museum. Quest’ultimo, però, tra tutti i musei in classifica, è stato tra quelli chiusi più a lungo, con un totale di 208 giorni di chiusura. Proprio per questo è anche tra le istituzioni che hanno registrato la peggior riduzione percentuale dei visitatori, pari all’80%.
  6. Il Museo Reina Sofía di Madrid, invece, si posiziona sesto, registrando un totale di 1.248.000 visitatori, che corrispondono ad una riduzione del 72% rispetto al 2019.
  7. Interessante è il caso del Museo Statale di San Pietroburgo che, pur trovandosi alla settima posizione con 1.203.000 visitatori, è tuttavia il museo con la minore riduzione di affluenza tra quelli compresi nelle prime dieci posizioni. L’istituzione, infatti, ha dimezzato l’affluenza rispetto all’anno precedente. E il numero di giorni di chiusura totali è stato  di 97 (nulla a che vedere quindi con i 150 del Louvre o i 208 del British Museum).
  8. All’ottava posizione troviamo invece la National Gallery di Londra con un totale di 1.197.000 visitatori e una riduzione dell’80%.
  9. Alla nona posizione si colloca il Metropolitan Museum of Art. Si tratta del’istituzione museale che, tra le prime dieci al mondo, si ritrova nelle peggiori condizioni nel rapporto tra affluenza, giorni di chiusura e riduzione percentuale dei visitatori. La sua riduzione corrisponde infatti all’83%, con un totale di 202 giorni senza attività.
  10. Infine, alla decima e ultima posizione, troviamo il Museo d’Arte Contemporanea del XXI sec. di Kanazawa (Giappone) con 971.000 visitatori totali, ma un calo minore rispetto ad altre istituzioni (63%).

Soffermandosi quindi sui dati riportati da «The Art Newspaper», non si può fare a meno di notare come il 60% dei dieci musei con il maggior numero di visitatori nel 2020 siano europei. Di questi, gran parte nel Regno Unito, mentre il restante 40% è sparso tra Russia, USA, Cina e Giappone. Si conferma quindi come, nonostante i drastici cali, l’Europa resti il Continente trainante nel settore museale.  

Persone oltre i numeri: il caso della Spagna

Quello che occorre davvero ricordare, però, è che dietro a ogni astratto numero che compare nel bilancio, dietro a ogni percentuale e a ogni nome di un museo intervistato, ci sono persone. Sono i lavoratori e i professionisti del settore, su cui maggiormente si ripercuotono i danni economici e occupazionali provocati dalla crisi sanitaria. 

Per questo bisogna sottolineare il caso della Spagna che, si è mobilitata per una promozione culturale. Seppur abbia conosciuto un netto calo della media di affluenza, non ha mai chiuso davvero completamente e si è concentrata sulle proprie istituzioni museali. Lo ha fatto con misure precauzionali rigorose, volte alla mitigazione degli afflussi,  e con una campagna mirata ad assicurare la partecipazione alle attività culturali e museali. Non appena fosse possibile, ovviamente, dimostrando come la frequentazione di musei e pinacoteche non costituisca un fattore di rischio. Non è un caso che la sua campagna di chiami Ilumina la cultura. 

Inoltre, il Ministerio de Cultura y Deporte ha anche dichiarato che: 

Rimanere aperti nonostante le difficoltà è anche un’occasione per rivendicare il ruolo della cultura. Il nostro contributo al benessere di tutti è la possibilità di offrire ai cittadini un luogo dove la bellezza e l’arte abbiano la priorità.

Un messaggio di speranza per la cultura

Ecco, tutto questo è avvenuto in Spagna che, ricordiamolo, è stato uno dei Paesi più colpiti durante le prime ondate. Ed è stato possibile delegando la responsabilità, sulla base del monitoraggio dei contagi, alla singole Comunità Autonome (corrispondenti alle nostre Regioni, ma con un grado di autonomia maggiore). Queste hanno provveduto ad assicurare, laddove la situazione lo consentisse, una corretta fruizione delle proposte museali. In questo modo, le conseguenze mostrate dal grafico di bilancio ampliano la loro estensione sul fattore umano. Traspare così il desiderio di rivivere l’arte e la cultura, unito alla speranza di un domani migliore.


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