Fra il V e il III secolo a.C. – un’epoca passata alla storia come il “periodo degli Stati Combattenti” – regni diversi si scontrarono sul suolo cinese per ottenere la supremazia sull’intero territorio. Nel 221 a.C., lo stato di Qin ebbe la meglio sugli altri regni e il suo sovrano divenne il Primo Imperatore cinese: Qin Shi Huangdi (259-210 a.C.). Fu così che nacque l’impero cinese, che sarebbe stato destinato a diventare uno degli imperi più longevi dell’intera storia umana.
Qin Shi Huangdi si assicurò che la Cina diventasse un’entità unitaria e rimanesse così a lungo, anche dopo la sua morte. Infatti, tra le sue imprese passate alla storia, si possono annoverare la standardizzazione della scrittura e delle misure delle strade. Un detto cinese che celebra questa realizzazione recita: “Nei libri gli stessi caratteri; nelle strade la stessa misura”. Dopo secoli di divisioni e differenze, fu il primo imperatore a immaginare e “realizzare” una Cina unita – che non si sarebbe più divisa per migliaia di anni. Dopo aver completato l’unificazione, si dedicò a rafforzare il suo potere di sovrano assoluto.
La ricerca dell’immortalità
Per l’Imperatore ci fu una vera e propria ossessione: la ricerca dell’immortalità, nata forse anche come risposta a diversi tentativi di omicidio.
“Io ho favorito le scienze occulte, affinché si cercasse per me, nel paese, la droga d’immortalità”
Secondo la leggenda, infatti, gli studiosi e i medici dell’impero confezionarono per lui pillole da ingerire quotidianamente che gli avrebbero garantito il raggiungimento dell’immortalità. Ma furono proprio queste a causare la sua morte, dovuta ad avvelenamento da mercurio.
Ma l’ossessione per l’immortalità continuò anche dopo la sua morte. Se il trapasso terreno fosse stato inevitabile, la vita eterna sarebbe stata raggiunta dopo il decesso. Per fare da ponte fra il mondo terreno e ultraterreno, era necessaria una tomba che avrebbe potuto accoglierlo nella sua vita oltre la morte. Con queste premesse, venne costruito il complesso tombale antico più grande del mondo. E se la vita ultraterrena fosse stata pericolosa tanto quanto quella sulla terra, sarebbero stati necessari dei soldati pronti a difenderlo: l’esercito di terracotta.
Il complesso funerario
Il mausoleo del primo imperatore venne scoperto per caso – un ritrovamento fortuito che avrebbe dato vita a una delle scoperte più incredibili della storia. Nel 1974, dopo migliaia di anni dalla chiusura della tomba, il contadino Yang Zhifa scava un pozzo ai piedi del monte Li, nella città di Xi’an, nella provincia cinese dello Shaanxi. Fra sterpaglie e terriccio, gli si presenta davanti la testa del primo dei guerrieri di terracotta dell’esercito. È l’inizio della scoperta di un sito archeologico diventato presto patrimonio dell’umanità.
Poco tempo prima di essere ufficialmente inserito nell’elenco dell’UNESCO, l’ex Presidente Francese Jacques Chirac in visita a Xi’an afferma:
“Ci sono sette meraviglie al mondo, ma con la scoperta dell’Esercito di Terracotta possiamo dire di aver trovato l’ottava. Nessuno che non abbia visto le piramidi può affermare di aver visitato l’Egitto, e adesso io posso dire con fermezza che nessuno che non abbia visto l’Esercito di Terracotta può affermare di aver visitato la Cina”.
L’esercito, però, non corrisponde alla tomba dell’imperatore. Le statue dei guerrieri, infatti, sono contenute in tre fosse. La quarta fossa, seppur pianificata, non venne mai riempita di soldati, probabilmente per la morte prematura e improvvisa di Qin Shi Huangdi. È solo a circa 1,5 km di distanza che, sotto un tumulo apparentemente senza significato, è racchiusa la tomba dell’imperatore. Che non è mai stata aperta.
Il mistero della tomba inviolata
Le ragioni sono molteplici e molto diverse fra loro. La prima, è la consapevolezza di non avere ancora tecnologie adeguate a entrarvi senza provocare danni. L’archeologa Kristin Romey ha più volte sottolineato:
“Quando andarono a scavare la tomba di Tutankhamen distrussero gran parti dei reperti, e altri furono irrimediabilmente danneggiati. Se fosse stata aperta oggi le informazioni che riusciremmo a ricavare sarebbero assai più numerose e dettagliate. Allo stesso modo, anche se oggi pensiamo di avere eccellenti tecniche di scavo, magari fra un secolo saranno infinitamente più avanzate, e quindi riusciranno a preservare molte più informazioni di quello che è senza dubbio il sito archeologico più importante di tutta la Cina”.
La seconda, è legata al contenuto dell’opera “Memorie di uno storico” di Sima Qian. L’autore racconta che la camera funeraria dell’imperatore conterrebbe un modello dell’intero impero e che sarebbe circondata da fiumi di mercurio – quello stesso liquido che avrebbe dovuto garantire l’immortalità al sovrano. Che sia verità o leggenda, le analisi del terreno nelle zone limitrofe alla tomba hanno rivelato livelli particolarmente alti di mercurio. Se fosse così, scoperchiare la tomba di Qin Shi Huangdi implicherebbe un rischio altissimo in termini di danni sulla salute e sull’ambiente, causati dal liquido altamente velenoso. Sima Qian racconta, inoltre, che per custodire i segreti del mausoleo, gli stessi operai che vi avevano lavorato vennero rinchiusi nella tomba.
La terza ragione – e forse la più importante – è legata alla naturale e umana paura che nella tomba, in realtà, non ci sia niente, o che sia già stata trafugata nei secoli passati. Se così fosse, crollerebbe una retorica idealizzata basata sull’importanza della storia legata a Qin Shi Huangdi – colui che per la prima volta unificò la Cina. Il valore che questo mistero ha assunto per la popolazione cinese e mondiale non può essere messo a rischio, almeno per ora.
Conclusioni
Più di 2.000 anni dopo, i guerrieri dell’imperatore sono ancora lì, in posizione di attacco, pronti a proteggere il loro comandante da qualsiasi pericolo. Tengono vivo il ricordo del primo imperatore cinese e regalano la tanta agognata immortalità a una delle figure più importanti e controverse della storia cinese.
In lingua cinese, Cina si pronuncia 中国 (zhongguo), letteralmente “paese di mezzo”. “Cina”, il nome arrivato in Occidente, deriva proprio dal termine Qin: il nome della dinastia che unificò il paese, fondata da un imperatore che sognava l’immortalità.