C’è un tipo di musica che non è ancora abbastanza esplorato in Italia, che però merita un’adeguata attenzione e sperimentazione. Si tratta di quell’elettropop delicato ma un po’ ambiguo, che fonde più generi in un insieme indefinibile. È quell’unione di sonorità di cui si fanno portavoce FKA Twigs e Björk, portata agli estremi della sperimentazione con Poppy e la diva experimental Arca. Certo, questi potranno sembrare nomi piuttosto sconosciuti al pubblico italiano – anche se speriamo vivamente il contrario. È però innegabile come le loro influenze stiano dilagando ovunque, anche arrivando nel Bel Paese. E la musica di Lyre ne è la dimostrazione.
Di chi stiamo parlando?
Lyre è un’artista milanese ma fondamentalmente naturalizzata scozzese. È infatti a Edimburgo che inizia a plasmare la sua identità musicale, inizialmente associandola alle tonalità calde del blues. PJ Harvey, Massive Attack, Radiohead e James Blake sono solo alcune delle sue ispirazioni in quel periodo. Certo, il bisogno di Lyre di scrivere e cantare in inglese è soddisfatto, ma sente che vuole di più. Con il produttore Dan Brown (lo stesso dei Massive Attack, per intenderci) dà una nuova forma al suo EP di debutto, Queer Beauties. L’artista, però, sente che c’è qualcosa che non va, e perciò sceglie di continuare il suo viaggio alla ricerca delle sonorità che più l’attirano.
A colmare il vuoto che tormenta Lyre ci penserà la scoperta del Pantheon della musica elettronica internazionale. “Perché parlare addirittura di Pantheon?”, potranno pensare alcuni. Molto semplicemente, a volte, nel mondo musicale ci ritroviamo davanti dei veri e propri colossi, divinità il cui talento è innegabile. Ci sarà infatti un motivo per cui tuttora ricordiamo i Queen, Britney Spears, Michael Jackson e tanti altri. Potranno piacere o meno, ma sarebbe un’eresia non riconoscere l’immensa eredità che hanno lasciato al panorama musicale, nonché al mondo intero. Allo stesso modo, oggi si stanno formando altrettante divinità, che da subito fanno capire, con la loro arte, di essere tali.
Un Pantheon sublime
Parliamo in primis della forza della natura Björk, dell’eterea FKA Twigs e dell’innovativa Arca. Per chi non le conoscesse, parliamo di una triade che fa della musica elettronica un’arte delicata, raffinata, curata nei minimi dettagli. Sono personalità che adorano sperimentare con i suoni a non finire, fino a sconvolgere l’ascoltatore medio.
Anche Lyre si è sentita travolgere da questa fresca ventata d’aria, e da lì non ha più potuto farne a meno. Sente il bisogno di fare sua quella arte, di fonderla con il suo stile e preparare la musica italiana a una rivoluzione. È in questo preciso istante che nasce la vera personalità artistica Lyre.
Grazie al produttore Droven, al mix di Antonio Polidoro e al master di Claudio Giussani, Queer Beauties vede finalmente la luce: è una creatura nata dal contrasto e al contempo dalla necessità di far convivere opposti e simili. Un insieme di luce e ombra, armonie dolci e sonorità violente. Uno spettacolo che affascina e inquieta perché nuovo, poco diffuso nel panorama musicale a cui solitamente siamo abituati.
È esattamente ciò in cui contiste il sentimento del sublime che molti artisti e filosofi hanno espresso nel tempo: la musica di Lyre è un’esplosione artistica che seduce e in contemporanea spaventa come le Sirene omeriche. È impossibile non notarlo: con una voce elegante come la sua, accompagnata da delle basi che potrebbero tranquillamente essere usciti dal capolavoro di FKA Magdalene, Lyre è destinata a conquistare e rivoluzionare il panorama elettropop italiano, che questo sia pronto o meno.