Sono passati quattro anni da quando lastanzadigreta, collettivo torinese formato da cinque musicisti, ha pubblicato il suo primo album Creature Selvagge. Lo scorso 5 febbraio però è uscito il loro secondo lavoro Macchine Inutili in collaborazione con SIAE, che sostiene il programma “Per chi crea”, che supporta la creatività e la promozione culturale dei giovani. Macchine Inutili è un album interamente ispirato alla filosofia della musica bambina della quale la band si fa portavoce.
Lastanzadigreta ha stilato un vero e proprio manifesto della sopra citata musica bambina, intesa come una musica che può raggiungere chiunque, indistintamente dall’età, dalla cultura o dalla classe. L’idea di fondo è che non esiste una musica, così come una lettura, destinata solo ai bambini o agli adulti ma tutto può essere adatto a tutti. È una musica che, in questo caso, viene condivisa permettendo agli ascoltatori di stupirsi e di guardare le cose con occhi diversi, un po’ come fanno i bambini.
Il progetto musicale
Il collettivo è attivo dal 2009 e da allora di strada ne ha fatta: suonano, cantano, sviluppano progetti culturali. Affiancano all’attività musicale quella teatrale portando in scena diversi spettacoli in giro per l’Italia, collaborano con diverse associazioni impegnate nel sociale e hanno composto colonne sonore per il cinema.
Una band a tutto tondo. Quello che salta all’occhio di questa jug band (come loro stessi si sono definiti), è senz’altro il carisma giocoso e spensierato. Un approccio leggero alla musica che permette a ciascuno di avvicinarsi a essa in maniera costruttiva, dove lo strumento musicale si delinea come un mezzo importante nella creazione e nella stesura delle canzoni. Ed è proprio la sperimentazione con gli strumenti la punta di diamante dei lastanzadigreta. La volontà di creare musica a partire da vecchi strumenti dimenticati in qualche soffitta, o presi in qualche mercatino delle pulci, nuove sonorità. Fare uso di tutto ciò che emette un suono creando sinergie nuove e giocando con la musica stessa.
L’album
Voglio vederti filare
Amo la spola che fa su e giù
Cerco una trama d’amore
Il filo che fili anche tu
Guardo le macchine
Come guardo le nuvole
Che sono macchine inutili in cielo
E se otto ore vi sembrano poche
Provate anche voi a non lavorare.
L’album è composto da tredici tracce di puro e ricercato cantautorato italiano di impostazione pop che spazia da inni ironici a sonorità eleganti, il tutto condito dalla presenza di tematiche attuali come il capitalismo, personaggi di fantasia, bambini sognanti, macchine animati e figure dei giorni nostri, in una cornice dove non mancano le riflessioni profonde. Potremmo dire che, ciascuna canzone, porta con sè ritmi e musiche diverse, riconducibili ora a Battiato in Attenzione Attenzione, ora al cantautorato di Brunori Sas in Tarzan (quello vero), ora allo stile baustelliano in Fiori.
Tra accostamenti classici e altri più bizzarri – come racchette da tennis e batterie di pentole –, il gruppo si dimostra un abile motivatore e un audace cantastorie di filastrocche che sembrano essere frutto di un accurato studio di suoni, materiali e parole che ricordano la canzone italiana e il polistrumentismo di Tenco e Gaber.
Il titolo Macchine Inutili fa riferimento a un lavoro del più famoso designer italiano di tutti i tempi, Bruno Munari. Negli anni Trenta, l’artista diede forma a delle sculture aeree che erano come delle striscioline di carta, con l’obiettivo di “svecchiare” e rinnovare la pittura astratta. Macchine dunque, per l’appunto, inutili perché non produttrici di alcun bene di consumo, ma produttrici di beni spirituali come la curiosità e il senso estetico.
Una musica per tutti
Questa musica rivoluzionaria e innovativa nasce dalla necessità di elevare l’arte a leggerezza e spensieratezza, soprattutto in tempi non troppo felici. Una canzone che abbraccia giovani e meno giovani, facendoli danzare sulle ali delle fantasia. Testi semplici che veicolano insegnamenti e messaggi rilevanti, melodie allegre e orecchiabili che fanno di questo album un prezioso lavoro collettivo, degno di essere ascoltato.
Ma una cosa certa è che il collettivo, con la sua musica popolare e un po’ fuori dagli schemi, riesce a mantenerci nella costante dimensione adolescenziale. Questi artisti danno ancora una speranza ai sogni nel cassetto o a quegli oggetti considerati inutili, da abbandonare. La loro musica si potrebbe ritenere forse una metafora della vita? Una musica di resistenza e la consapevolezza che tutto, se si vuole, può prendere forma, nonostante le difficoltà della vita, nonostante il periodo particolare dovuto alla pandemia nel quale l’album ha preso vita e sostanza.
Materiale gentilmente offerto da GDGPress
Copertina e immagine gentilmente offerte da GDGPress