Oggi la Cina rappresenta uno dei mercati del lusso più sviluppati e importanti anche – e soprattutto – nell’ambito della moda. Pochi però forse sanno che gran parte del merito è da attribuire a un uomo dalle idee rivoluzionarie, che cinquant’anni fa ebbe un’intuizione geniale. All’anagrafe Pietro Costante Cardin, per tutti Pierre Cardin: comprese che la Cina avrebbe potuto amare la moda in un momento in cui nulla sembrava indicare quella direzione. Ma i veri artisti, si sa, vedono oltre quello che tutti gli altri sono solo in grado di osservare.
Non è un caso, infatti, che lo stilista amasse ripetere la frase:
Gli abiti che preferisco sono quelli che ho inventato per una vita che ancora non esiste, per il mondo di domani.
La moda maoista
Nel 1976 muore Mao Zedong; nello stesso anno la Cina inizia a pensare a come espandere la propria industria tessile e di abbigliamento. Pierre Cardin viene nominato “fashion consultant” dal governo di Pechino e inizia a pensare a come rispondere alle richieste della Cina, cioè a come modellare i prodotti tessili cinesi per renderli più commerciabili per l’Occidente.
Nel frattempo, nel 1978, Deng Xiaoping – leader de facto della Cina dal 1978 al 1992 – lancia il progetto di riforme che porterà a una apertura della Cina al mondo e al mercato internazionale. Deng Xiaoping e Pierre Cardin, un politico socialista e uno stilista occidentale, nulla di più diverso, ma fra loro vi fu un’intuizione comune: la Cina avrebbe potuto diventare un enorme mercato pronto a svilupparsi, e le opportunità da cogliere erano – sulla carta – straordinarie.
Sulla carta, ma non nella realtà: nulla faceva presagire che un Paese privato della moda e perfino dei colori durante tutto il periodo maoista avrebbe potuto aprirsi al variegato mondo del fashion. In quel momento, infatti, lo stile sartoriale dell’intera Cina era rappresentato dalla cosiddetta “giacca maoista” (zhongshan zhuang中山装), ovvero la tipica giacca con quattro tasche con copritasca a bottone e una fessura sul taschino superiore sinistro per la penna. I colori più comuni erano il blu e il verde, ma ne esistevano anche in grigio e beige. Fu in questo quadro stilistico che Pierre Cardin propose e organizzò la prima sfilata di moda di uno stilista occidentale nella Repubblica Popolare Cinese.
La sfilata del 1979
Nel 1979 porta più di duecento capi e una dozzina di modelle in Cina per una sfilata di moda a cui il pubblico cinese non è per nulla preparato. Gli ufficiali cinesi, preoccupati di come il popolo avrebbe reagito, riservano l’ingresso ai soli addetti ai lavori e fanno di tutto per tenere la stampa alla larga. L’interesse dei media però è alto e i giornalisti si accalcano fuori dall’ingresso per osservare qualche scena di un evento che avrebbe cambiato il loro modo di vedere per sempre.
Da quel momento, infatti, i prodotti del marchio Cardin inondano il mercato cinese grazie a una strategia − ancora una volta − geniale dello stilista: fornire in modo massiccio la licenza del marchio ai produttori cinesi. In questo modo, i capi e gli accessori di Pierre Cardin − anche quelli falsi − si moltiplicano in tutto il paese. In un’ottica commerciale, i profitti sono piuttosto bassi. Dal punto di vista socioculturale, è una rivoluzione.
Pierre Cardin era riuscito a dimostrare che la moda fosse molto più che semplice produzione.
Il primo team di modelle
Dopo aver organizzato altre sfilate alla fine degli anni Settanta, Cardin propone ai funzionari di Pechino di compiere un passo in più: sviluppare stili di moda “cinesi autoctoni“. Inizia così il reclutamento di un team di modelle, allo scopo di presentare la moda locale. Poco tempo dopo, nel novembre 1980, la Shanghai Garment Company compone il primo gruppo di modelle ufficiali cinesi. Scelte tra le lavoratrici delle fabbriche di abbigliamento, le ragazze vennero selezionate in base a rigidi criteri riguardo le loro caratteristiche fisiche. La loro selezione rappresentava l’idea prevalente di un aspetto ideale tra i funzionari dell’industria dell’epoca: 1,64 m di altezza, con un rapporto di 80 cm/60 cm/80 cm (busto/vita/fianchi).
Questa fu l’ennesima rivoluzione per una Cina ancora conservatrice. Per la maggior parte della società cinese, infatti, l’idea che le donne si esibissero e usassero essenzialmente il proprio corpo per vendere vestiti era impensabile. Peggio ancora, erano i disegni e gli stili occidentali a essere spesso considerati volgari. Per ovviare al problema, i media diedero un importante contributo e suggerirono più volte che le modelle cinesi stessero in realtà “lavorando per promuovere le Quattro Modernizzazioni” (cioè le riforme del leader Deng Xiaoping lanciate nel 1978) e non per soddisfare gusti volgari e inferiori.
Le ragazze dovevano seguire lezioni di movimento, tecniche di trucco, cucito e allenamenti di fitness. La selezione di modelle debuttò nel febbraio 1981, allo Shanghai Friendship Movie Theatre, dove furono mostrati capi provenienti dalle fabbriche locali di Shanghai. Questo era esattamente quello a cui la Cina voleva arrivare: persone del luogo che mostravano prodotti fabbricati in Cina ad acquirenti stranieri.
La Rivoluzione-Cardin
Pierre Cardin quindi cambiò tutto, una rivoluzione dopo l’altra. Nel momento in cui in Cina la moda era rappresentata da giacche senza colori e senza forma, vi portò lo stile europeo. Quando nessuno avrebbe mai scommesso nulla sul mercato cinese, fece produrre i suoi capi dagli artigiani di Pechino. In un’era in cui indossare vestiti occidentali era considerato volgare, Cardin organizzò il primo gruppo di modelle cinesi che mostrassero la bellezza della moda asiatica al mondo intero. In più, qualche anno dopo, portò quelle stesse modelle, per la prima volta, in Europa: una rivoluzione anche per il mondo occidentale.
Quello, insomma, fu il momento in cui cambiò tutto. Per la Cina, per la moda e per il futuro di entrambe, che da quel momento andarono di pari passo come mai avevano fatto prima di allora.
Oggi, infatti, la Cina è il primo mercato del lusso. Questo lo dobbiamo in gran parte alla geniale visione di uno stilista nato a Sant’Andrea di Barbarana, frazione del comune di San Biagio di Callalta, in provincia di Treviso. Pietro Costante Cardin, per tutti: Pierre Cardin.