Il 27 febbraio di quest’anno i Pokémon hanno compiuto venticinque anni e non passano di moda. Seguono infatti, ancora oggi, il cambiamento generazionale, pur tenendo una vena di nostalgia.
Tutto nasce da una singolare passione
Il papà dei Pokémon si chiama Satoshi Tajiri e nacque nel 1965 a Machida. La sua città, prima di essere conurbata con la capitale giapponese Tokyo e diventarne un suo sobborgo, era una città piuttosto rurale e ricca di verde. In questo contesto, il bambino e ragazzo Satoshi iniziò a sviluppare la passione nel catturare insetti. Il mondo di questi animali lo affascinava molto: li trovava strani ma affascinanti, sosteneva che ognuno di loro custodisse un segreto. Più ne cercava e più ne trovava e questo lo portò a studiare nuove tecniche per catturarli. La cosa più strana che i suoi insetti a volte facevano era mettersi a combattere tra loro.
Continuando a coltivare il suo hobby, Tajiri diventò così il conoscitore e cacciatore di insetti più esperto tra tutti i suoi amici, con cui si scambiava informazioni e tecniche.
Dagli insetti ai videogiochi
Crescendo, Tajiri si interessò di manga, anime e videogiochi arcade. Quest’ultima passione lo portò dopo le superiori a frequentare un corso di due anni di elettronica e informatica. Dal 1981 al 1986 curò e pubblicò Game Freak, una rivista amatoriale dedicata ai videogiochi arcade. Con essa si fece conoscere continuando a mostrare la sua minuziosa capacità di analisi: spiegava infatti nel dettaglio certe strategie di gioco ed easter egg (parti nascoste, spesso inutili ma buffe, di certi videogiochi).
Uno dei suoi collaboratori era l’illustratore Ken Sugimori, che in seguito sarebbe diventato l’illustratore dei primi 151 Pokémon. Alla fine degli anni Ottanta Tajiri non si accontentò e decise di trasformare Game Freak in una piccola e artigianale casa di produzione di videogiochi.
Da insetti a mostri tascabili
Arrivarono così i primi anni Novanta e Tajiri cominciò a ragionare su che cosa potesse creare, pensando alle sue varie passioni coltivate negli anni. Pensò innanzitutto al cavo Game Link con il quale due Game Boy potevano essere collegati, dando la possibilità di sviluppare videogiochi che favorissero lo scambio e l’interazione competitiva tra più giocatori.
Ripensando alla sua passione di catturare gli insetti si mise quindi a pensare un gioco in cui si potessero cercare e collezionare dei piccoli “mostri tascabili”: a partire da questo scelse il nome Pocket Monsters, abbreviato in Pokémon.
Il sodalizio con Nintendo e la Pokémania
I Pokémon, come tante altre idee geniali della storia, inizialmente furono un rischio: Tajiri studiò e lavorò per anni a quella sua nuova idea, trascurando gli affari di Game Freak. Decise di andare dalla famosa azienda giapponese di videogiochi e console Nintendo – che dal 1989 produceva e vendeva i Game Boy, la più famosa console di videogiochi portatile della storia – per proporre la sua idea. Dopo qualche titubanza, Nintendo decise di dargli una possibilità e credere in quel progetto.
Uno dei collaboratori di Tajiri ad avere l’idea di far uscire in contemporanea due giochi molto simili che però avevano al loro interno alcuni Pokémon diversi. Chi aveva uno dei due giochi doveva, per arrivare ad avere tutti i Pokémon, collegarsi via cavo con qualcuno in possesso dell’altro. I due giochi, Pokémon Rosso e Pokémon Verde, uscirono in Giappone il 27 febbraio 1996 ed ebbero subito un grande successo.
Un mondo, tanti mondi
I Pokémon sono creature di varie forme e dimensioni. Tajiri non si ispirò solo agli insetti per le sue creature immaginarie ma prese spunto anche da altri animali e da esseri mitologici come il drago. I Pokémon, come gli animali, vivono nella natura insieme agli esseri umani. I mondi Pokémon non sono reali ma verosimili al mondo che conosciamo; le regioni Pokémon (Hoenn, Kanto, Johto, Sinnoh solo per citarne alcune) sono spesso ispirate alle isole dell’Arcipelago del Giappone.
La maggior parte dei Pokémon subisce un’evoluzione, quindi cambia forma dal suo stato di partenza e lo fa se allenato. I 151 Pokémon iniziali sono quelli della prima generazione e il più potente, il 151esimo, è Mew. Negli anni si sono aggiunte via via nuove generazioni, arrivando a oggi all’Ottava Generazione.
Immedesimarsi nel mondo Pokémon
Una passione miliardaria
I Pokémon compiono 25 anni e non passano ancora di moda. Pokémon è a oggi il più grande media franchise al mondo, con quasi 100 miliardi di euro di ricavi. L’intero mondo Pokémon vale più di quelli di Harry Potter e Star Wars messi insieme. Negli anni sono state vendute più di 30 miliardi di carte da gioco e l’anime è arrivato a oltre 800 episodi.
Nel 2016 approdò negli smartphones Pokémon Go, che con l’utilizzo della realtà aumentata permise agli utenti di catturare i Pokémon quasi come se esistessero davvero. L’anno scorso i nuovi videogiochi su Nintendo Switch (Pokémon Spada e Scudo) hanno battuto il record di sei milioni di copie vendute nella prima settimana. Anche l’impatto mediatico è impressionante: da marzo 2020 a gennaio 2021, sulla piattaforma di livestreaming Twitch il numero di spettatori mensili che hanno seguito live dedicate al gioco di carte è cresciuto del 3.000%.
I Pokémon sono il simbolo di ogni generazione
È legittimo chiedersi come mai, con un continuo progresso nel mondo videoludico, i Pokémon non passino ancora di moda dopo venticinque anni. Il segreto del loro ventennale successo è l’unione quattro elementi: le battaglie, i giochi di ruolo, l’ossessione da collezionista e la passione bambina per i cuccioli. I Pokémon piacciono perché è facile scegliere il proprio rappresentante: i Pokémon sono carini, ma sono anche forti e risoluti, rappresentano le forze della natura unite all’intelletto e ad affinate tecniche di combattimento.
I Pokémon, infine, rafforzano da sempre il senso di community: il combattimento tra creature non porta a una divisione fra i giocatori e gli allenatori, ma genera confronto, voglia di migliorarsi e di rafforzare le proprie capacità, di esplorare nuovi mondi e nuove esperienze.