Sappiamo tutti che quando una specie, che sia animale o vegetale, si estingue, la perdita che ne deriva influenza, a catena, tutto l’ecosistema in cui questa viveva; anzi, spesso l’estinzione si verifica proprio come conseguenza di fronte a un cambiamento dell’ambiente naturale. Si genera quindi una notevole perdita di biodiversità, che spesso, a lungo andare, può influenzare anche l’uomo stesso. D’altra parte, non è infrequente che proprio l’uomo sia la causa principale delle mutazioni degli habitat animali.
La situazione attuale
Di fronte alla situazione attuale, con centinaia di specie a rischio a livello globale, si può reagire in vari modi. Il WWF si batte per difendere le specie animali in via d’estinzione fin dalla sua nascita (nel 1961), con la convinzione che non si salvano le specie se non attraverso la tutela e la conservazione degli habitat naturali. Gli sforzi del WWF consistono nel tentare di ripristinare l’equilibrio preesistente in quelle aree dove una specie si avvia all’estinzione, con la collaborazione sia dei governi e delle istituzioni, sia delle comunità locali.
Tuttavia, ad oggi la scienza apre nuovi spiragli per la salvaguardia delle specie in pericolo. Negli ultimi mesi del 2020, infatti, un team di scienziati statunitensi è riuscito a clonare con successo un furetto dai piedi neri, specie in via di estinzione negli USA. Il furetto si chiama Elizabeth Ann, ha ormai quasi quattro mesi e sembra che goda di buona salute. Si tratta di un esemplare clonato a partire da delle cellule appartenenti a un altro furetto morto più di trenta anni fa.
Il caso specifico
L’Unione internazionale per la conservazione della natura (sigla inglese: IUCN) ha inserito il black-footed ferret tra le specie in pericolo, pocihé oggi ne sopravvivono solo popolazioni piccole e poco numerose. Tuttavia, per lungo tempo si è creduto che il furetto dai piedi neri, animale autoctono del territorio nordamericano, fosse completamente estinto.
Questa specie, scoperta nel 1851 da John James Audubon e John Bachman, rispettivamente un ornitologo e un naturalista, si è ridotta progressivamente nel XX secolo, soprattutto a causa della diminuzione delle popolazioni di cani della prateria, di cui i furetti si nutrivano. E indovinate un po’ come mai questi roditori sono scomparsi? Ebbene sì, ancora una volta c’è stata la mano dell’uomo; sono stati gli agricoltori e gli allevatori a sottrarre il terreno dove vivevano i cani della prateria per destinarlo a piantagioni e allevamenti.
Come dicevamo inizialmente, infatti, un minimo cambiamento nell’habitat, e in questo caso nella catena alimentare, può influenzare pesantemente l’intero ecosistema. Un’altra ragione che contribuì alla considerevole riduzione della specie furono le sempre più frequenti epidemie di peste selvatica che colpirono le popolazioni dei furetti. Dal 1979, dunque, la specie fu dichiarata estinta; tuttavia, alcuni anni dopo (era il 1981), il cane della signora Lucille Hogg si presentò alla porta della sua abitazione di Meeteetse (Wyoming) con un animaletto morto in bocca. Si trattava proprio di un furetto dai piedi neri.
Da allora, alcune popolazioni del “cacciatore di cani da prateria” (prairie dog hunter) hanno continuato a vivere in quella zona, finché nel 1987 la specie non è stata dichiarata estinta in natura. Tuttavia, grazie a un programma di riproduzione in cattività condotto dal Servizio Pesca e Fauna Selvatica degli Stati Uniti, è stato possibile ricondurre diverse popolazioni allo stato selvatico. In particolare, i furetti sono stati gradualmente reintrodotti in otto stati delle Grandi Pianure e in Messico. Pete Gober, coordinatore del recupero dei furetti dai piedi neri, afferma che attualmente la loro popolazione selvaggia è di circa 400-500 esemplari.
La problematica più urgente che affligge questa specie oggi, però, è la mancanza di diversità genetica. Infatti, gli esemplari viventi sono tutti discendenti di sette furetti dai piedi neri; pertanto, gli animali sono strettamente imparentati fra loro. Questo legame genera furetti più deboli fisicamente, tratto che li rende predisposti a contrarre più facilmente delle malattie. È questa la ragione principale per cui i ricercatori hanno deciso di ricorrere alla clonazione per generare Elizabeth Ann.
Elizabeth Ann: la svolta?
Il giovane furetto femmina è una copia genetica di un esemplare selvatico di nome Willa, morta intorno alla metà degli anni Ottanta nel Wyoming, che non ha discendenti in vita. Le sue cellule sono state conservate a lungo al Frozen Zoo, un programma del San Diego Zoo Global che ha raccolto campioni da più di mille specie rare e in via di estinzione in tutto il mondo. Le cellule di Willa possiedono alcune variazioni genetiche che le rendono molto diverse rispetto a quelle del resto della popolazione di furetti attualmente in vita.
Gli scienziati confidano nel fatto che Elizabeth Ann sia in grado di riprodursi: in tal modo, la diversificazione genetica potrà aumentare e la popolazione di furetti sarà più resistente alle malattie e ai cambiamenti climatici. Queste le parole di Noreen Walsh, direttore della US Fish and Wildlife Regione di Mountain-Prairie di Service:
Sebbene questa ricerca sia preliminare, è la prima clonazione di una specie autoctona in via di estinzione in Nord America e fornisce uno strumento promettente per i continui sforzi per conservare il furetto dai piedi neri.
Tuttavia, non sono mancate le critiche: alcune persone sostengono infatti che non fosse necessario ricorrere alla clonazione e sottolineano invece l’urgenza di ripristinare gli habitat naturali, perduti proprio a causa dell’intervento umano.
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