Bastano tre parole per descrivere il rapporto tra l’artista Étienne Krähenbühl e la sua arte: tempo, movimento e suono. Aggiungiamoci poi un tocco di testardaggine e autoironia e il quadro è completo.
La metallurgia, una seduzione giovanile
Lo scultore, nato nel 1953 a Vevey, Svizzera, iniziò con l’arte attraverso l’impressione dei suoi sogni nel rilievo e nei riflessi del metallo. Nonostante infatti il desiderio irrefrenabile del materiale di tuonare e riverberare, riesce comunque a farsi domare e accarezzare, piegandosi al fuoco della fiamma ossidrica.
Etienne Krähenbühl è sempre stato attratto dal metallo, sin da quando era un semplice adolescente con tendenze pratiche e inventive. E la passione nacque, quando, in assenza di laboratori extra-curriculari offerti dalla scuola, iniziò a modellare il materiale da solo, con l’ingenuità e l’entusiasmo tipici di un quindicenne.
Il risultato, nonostante fosse tecnicamente un novizio nel campo della scultura, si rivelò abbastanza riuscito. Talmente curato da essere scambiato per un González o un ready-made Duchampiano. E la sua prima opera fu un gatto stilizzato, quasi astratto nella forma fatta da piastre di ferro, tagliato e assemblato, in cui gli spazi vuoti acquisivano la stessa importanza delle parti solide.
Le prime difficoltà
A differenza di altri artisti autodidatti, però, Krähenbühl non si rivelò affatto timido nel produrre sculture classiche o moderne, o imitare e copiare quello che gli succedeva intorno. In uno stato di totale libertà, infatti, continuò il suo cammino armeggiando, esplorando, indagando. All’inizio era ancora inconsapevole del fatto che poi avrebbe sentito la necessità di ripercorrere i suoi passi e consolidare tutte quelle tappe che aveva così felicemente saltato.
Dopo la sua breve e poco piacevole esperienza alla Scuola di Belle Arti di Losanna, si diresse a Barcellona, dove osservò per ben due mesi il progetto della Sagrada Familia. Così studiò le tecniche e aspetti pratici del mestiere come tagli, curve e assemblaggi. La fase più difficile emerse però nel momento in cui dovette iniziare a impartire un significato e un linguaggio alla propria arte.
I fondamenti della scultura
Nel 1983, Etienne Krähenbühl ha soli trent’anni, perfettamente in linea con il mainstream artistico del tempo. Inoltre cova già quindici anni di lavori di metallurgia alle spalle, così decide di dedicarsi esclusivamente all’arte della scultura. Sin da subito mostra particolare interesse per i segni lasciati dal tempo sui materiali. In breve, quindi, le commissioni cominciarono ad arrivare, non solo per i modelli prêt-à-porter di lampade scultoree e caminetti, ma anche per opere da esporre in luoghi pubblici e imprese private.
A metà degli anni Novanta, l’artista si direziona verso la ricerca dell’essenziale, lavorando materiali meno lucidi e più forti, definendo i volumi di forme sempre più tendenti al minimal. La sua collaborazione con il pittore catalano Muma Soler, dà poi vita a un dialogo incentrato sul tema del tempo e sulla forma del quadrato. Così che tutto possa essere ridotto a uno stato elementare fino alle origini del mondo e della scultura, per riflettere sui suoi fondamenti.
La superficie delle sue sculture divenne perciò una forma di geografia tattile, in cui la ruggine materializza la realtà del tempo e la piazza si declina come limite territoriale di esplorazione esistenziale.
L’inclinazione detta Shape-memory
A segnare una svolta nella sua carriera artistica fu l’incontro con il Dr. Gotthardt, specialista in leghe metalliche shape-memory presso l’Istituto Federale Svizzero di Tecnologia di Losanna. Composte da nichel e titanio, queste tipologie di leghe sono dotate di qualità inusuali, come il ritorno alla forma originale dopo essere state piegate. O ancora la composizione superelastica che permette un allungamento maggiore, senza causare una deformazione permanente.
La loro lunga collaborazione portò l’artista a utilizzare le shape-memory per aggirare le proprietà fisiche dei materiali. Etienne Krähenbühl creò quindi pezzi in cui il suono, il movimento e il contrasto tra monumentalità e fragilità acquistavano un’importanza primordiale. In questo modo viene offerta allo spettatore un’affascinante riflessione su noi stessi e su ciò che ci circonda.
Nelle sue sculture in movimento, non c’è traccia né di motori, né di alcun fattore esterno che le muove. Ci sono solo leghe shape-memory e materiali superelastici. Di solito questi sono sospesi nello spazio o tenuti con aste di ferro ultra sensibili, consentendo un movimento molto libero.
Big Bang Dance
In queste opere metalliche, il tocco di un dito, come il soffio del vento, o il minimo cambiamento di temperatura può dare inizio alle danze, accompagnate dal suono causato dalle parti che si scontrano tra loro. Questo può accadere, ad esempio, passeggiando per i Giardini di Chateau de Vullierens nel Canton Vaud. Qui infatti ci imbattiamo nel Bing Bang (2010), un concentrato di materia ed energia in divenire a forma di sfera. Una creazione, quindi, che potrebbe facilmente evocare un pianeta o un grande atomo visto al microscopio, dove l’infinitamente piccolo incontra l’infinitamente grande.
Composta da 1600 tubi metallici, la scultura gioca nello spazio, lo occupa, si ritira e ritorna, in una coreografia imprevedibile. Tuttavia, nel momento in cui viene provocata, sprigiona la sua potenza sonora. Come una sorta di strumento musicale cosmico, che traduce poeticamente il suono originale fino a diminuire in un lungo decrescendo. Questo è sempre più ovattato e distante, man mano che il tempo passa. Con Big Bang, Krähenbühl ha perciò voluto rivelare la sua fascinazione per i dettagli più piccoli e insignificanti che si muovono, animati dalla luce, nello spazio e nel tempo.
La respirazione ancestrale della materia
Anche se lontane da qualsiasi riferimento formale all’uomo o all’animale, le sue sculture sembrano costituire una sorta di bestiario geometrico. Rievocano infatti creature viventi che inspirano ed espirano, rimandandoci alla respirazione originale della materia. Al suo intrinseco moto, dunque, che si dispiega e si allunga prima di ritornare al suo stato originario, come se obbedisse ad una memoria ancestrale.
Per quanto le sculture di Etienne siano indipendenti e promotrici di ogni sorta di metafora burlesca, poetica o metafisica, gli spettatori diventano loro collaboratori attivi. Sono indubbiamente desiderosi di far muovere il metallo e danzare o cantare in sintonia con esse. Affiora poi un richiamo alla geometria delle forme. Le sculture dell’artista hanno quindi solo forma geometrica, poiché è l’unica capace di rimanere sullo sfondo, declinando temi, variazioni e sequenze, così da enfatizzare il protagonismo del metallo.
Come un sasso in uno specchio d’acqua
Pensiamo per esempio a Au fil de l’O del 2013, opera composta da una serie di tredici cerchi metallici che si irradiano attorno a un cerchio solido. Tutti tenuti assieme da cavi ancorati a una struttura quadrangolare, che funge da cornice. E il suo titolo, la forma e i suoni trasmessi, ci ricordano subito il moto concentrico dell’acqua, creatosi dopo essere stata infranta da un sasso. Un movimento semplice e arcaico, quindi, senza apparente sofisticazione.
Inoltre, le forme circolari e il movimento delicato segnano un forte contrasto con la materialità dura e fredda del metallo forgiato, domato dallo scultore. C’è quindi in gioco anche un equilibrio sensoriale. Nella sua poetica esaltazione della materia, infatti, Krähenbühl richiama contemporaneamente i sensi della vista, dell’udito e del tatto. Si crea così una dialettica di contrari tra pesantezza naturale dei materiali e apparente leggerezza dei loro movimenti, monumentalità e intimità, sublime e ridicolo.
Temps Suspendu
Ma l’arte di Etienne è in continua evoluzione. Così, tramite la sua collaborazione con il polo di ricerca MaNEP e l’Università di Ginevra, l’artista scoprì dei materiali superconduttori. Questi, se raffreddati in azoto liquido a meno 160 gradi, non fanno più resistenza alla corrente elettrica, producendo tutta una serie di nuove sorprendenti proprietà, tra cui la levitazione.
Associando quindi il suo immaginario artistico alla ricerca scientifica, il nostro scultore realizzò una sfera monumentale che, nonostante il suo peso, levitava a mezz’aria. Il tutto sopra una superficie inclinata, rappresentando letteralmente il suo titolo in omaggio alla fisica: Temps Suspendu.
Il percorso della memoria
Nel 2019, invece, come un ponte gettato tra passato e presente, lo scultore decise di far risaltare la passeggiata archeologica di Losanna-Vidy con l’installazione Horizon Lousonna, nata da una collaborazione padre-figlio. La scultura è composta da 56 pali gallo-romani trovati durante degli scavi archeologici a cui prese parte anche il figlio di Krähenbühl.
Questi vengono poi fatti levitare sopra un piano d’acqua, così da materializzare il livello antico del lago Lemano. Come testimoni di un’epoca lontana, queste silhouette dalle qualità estetiche e simboliche ci invitano a riflettere sul tempo, sulla memoria e sulle origini.
La preoccupazione per le Plastiques
Sempre in quello stesso anno le materie plastiche si sono dimostrate un nuovo punto di partenza per l’artista. Nonostante questo sia rinomato soprattutto per le sue sculture in metallo e legno, aveva già sperimentato le risme di involucri di plastica ondulata. Il risultato, però, gli era apparso troppo estetico e privo di significato.
L’attrazione verso la trasparenza e la fluidità di questo materiale, però, lo portarono comunque a creare Plastiques. Si tratta di un colorato mosaico di 730 sagome di involucri per alimenti di plastica utilizzati dalla famiglia dell’artista da settembre 2017 a settembre 2018.
All’interno della Galleria d’arte contemporanea di Yverdon-les-Bains riposa questa straordinaria mappa visiva di plastiche scartate. Dipinte con inchiostri di diversi colori e pressate tra due fogli di cartone, rappresentano per l’artista la sua preoccupazione per il consumismo incontrollato. E, soprattutto, le conseguenze di vasta portata che ha per il nostro pianeta.
Il compendio estetico della regola dei tre
Fedele alla sua iniziale regola del tre (movimento, tempo, suono), Krähenbühl decise che ogni stampa avrebbe dovuto rispecchiare il giorno specifico in cui era stata realizzata. I colori usati, poi, dal blu all’arancione, dovevano riflettere il cielo e la temperatura del giorno. Lo scultore è infatti convinto che la quotidianità non debba essere piena di disfattismo e colpe. Per questo con Plastiques decise di scommettere tutto sulla bellezza dell’arte come produttrice di consapevolezza.
Possiamo così dire che il lavoro di Etienne Krähenbühl, tra arte, scienza, poesia e filosofia, sia riuscito a creare un patrimonio caleidoscopico di ricerche e soluzioni. Queste sono regolate sia dai fenomeni naturali che, indubbiamente, dalla sublimazione poetica della materia.
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