Come si forma l’identità etnica di un popolo? Una domanda dalla risposta non facile, soprattutto considerando il fatto che fino ad alcuni decenni fa vi era la convinzione che un popolo fosse tale esclusivamente per via biologica. In ambito storiografico, però, intorno agli anni Sessanta del XX secolo, nasce un concetto nuovo, volto a spiegare, in particolare, la formazione identitaria dei popoli barbari nei primi secoli del Medioevo: l’etnogenesi.
La transizione verso una nuova civiltà
Innanzitutto, sfatiamo un mito: come molti ormai sanno, il Medioevo non è stato un’epoca buia e di regressione culturale. Certo, dopo la caduta dell’Impero Romano d’Occidente, nel 476 d.C., si è verificata una crisi dei commerci su larga scala, un susseguirsi di guerre e numerosi migrazioni di popolazioni (i famosi “barbari”) in tutta l’Europa. Tali migrazioni sono generalmente note come “invasioni barbariche” e il loro arrivo ha provocato un profondo cambiamento nelle forme di vita delle popolazioni europee, tanto che quando parliamo di Medioevo ci riferiamo a una cultura nata dalla fusione di due civiltà: quella romana e quella barbarica.
Tuttavia, parlare di “cultura barbarica” è a dir poco generalizzante. I popoli che abitavano al di là del limes, che stabiliva la linea di confine (non particolarmente netta) tra l’Impero Romano e ciò che stava al suo esterno, sono numerosissimi e diversificati. Essi entrarono in contatto con l’Impero ben prima della sua caduta, collaborando con l’esercito come mercenari. Comincia così a verificarsi un mutamento che ha inizio nel IV secolo e che porterà progressivamente alla trasformazione dei popoli europei, fino ad arrivare a un’epoca lontana da quella romana classica, dove si parlano lingue diverse (anche se si continua a parlare e a scrivere in latino, lingua ancora vitale e importantissima), si crede in un solo Dio (quello cristiano, benché sorgano molteplici sette differenti), si formano numerose dominazioni diverse con un’estensione territoriale più circoscritta, le città sono più piccole e i commerci locali assumono più rilevanza. Eccoci nel Medioevo.
Questa trasformazione dura secoli ed è accompagnata da lunghi conflitti e saccheggi, persecuzioni religiose e violenze di vario genere. Non è una transizione pacifica: per questo quando ci si riferisce agli spostamenti dei popoli barbari si parla spesso di invasioni. Tuttavia, è necessario parlare anche di migrazioni, perché a spostarsi non sono solo i guerrieri (che corrispondevano, solitamente, a tutti i maschi adulti in grado di combattere), ma anche anziani, donne e bambini: insomma, tutto il popolo. Costoro, come si accennava prima, iniziano a collaborare con l’esercito romano, che aveva bisogno di soldati ed era disposto a stipendiarli. Era possibile anche fare carriera pur non essendo romani di origine: ed è per questo che abbiamo sempre più capi barbari che rivestono ruoli di potere all’interno dell’esercito romano, come Arbogaste o Stilicone. Costoro comandano su specifici gruppi di barbari integrati nell’Impero che li riconoscono come propri capi e che, con il tempo, assumeranno sempre più autonomia.
La formazione dei popoli: un processo graduale
Torniamo così al concetto di etnogenesi. Letteralmente, questo termine è composto dalle parole greche ethnos (popolo) e genesis (genesi): identifica infatti la comparsa di un gruppo etnico definito, che si riconosce in specifici valori e denominazioni. Si parla di “popoli germanici” al plurale perché sono realtà diverse e ben poco omogenee. La medievistica europea novecentesca ha approfondito tale nozione, notando come i popoli barbarici non siano altro che l’esito di una continua rielaborazione, sociale e culturale, che porta alla formazione di un’etnia nuova.
In passato, si riteneva che vi fossero sempre stati alcuni specifici popoli barbarici, come franchi, visigoti, vandali, longobardi. Ma questi gruppi, almeno inizialmente, non si presentano affatto come stabili. Si tratta di associazioni di popoli diversi costruitesi per convenienza, tramite accordi temporanei e malleabili. Come hanno evidenziato gli studiosi Reinhard Wenskus e Walter Pohl, non si tratta di realtà definite in modo specifico su base etnica, bensì di aggregazioni mobili che mutano sulla base dell’abilità del loro capo. L’appartenenza a un popolo non è un dato oggettivo, ma è frutto di una scelta, quella di sottoporsi a un capo, di identificarsi con un certo gruppo e con la sua cultura. L’etnogenesi, infatti, è in parte un processo di auto-identificazione, in parte il risultato di una percezione esterna.
Secondo Wenskus, dunque, qualcuno appartiene ad un’etnia se sente di farne parte, e tale identificazione può esprimersi attraverso segni esteriori di varia natura. Tra il III e il VI secolo assistiamo a un continuo processo di etnogenesi da parte di svariati gruppi altamente mobili, molto diversi rispetto al sistema politico-territoriale dell’Impero Romano, ben definito e strutturato. Ed è proprio il confronto con una realtà tanto diversa che favorisce l’identificazione di questi gruppi in aggregazioni che si fanno man mano sempre più definite.
La nascita dei miti fondativi
Sarà solo in seguito, quando ormai l’Impero Romano d’Occidente è caduto, che tali gruppi si definiranno davvero come popolo, anche tramite lo sviluppo di nuove tradizioni, la fede in una religione comune e la nascita di leggende volte a spiegarne l’origine. Tutto ciò avviene dopo secoli: si pensi all’Origo Gentis Langobardorum, un testo che spiega la leggendaria origine del popolo dei Longobardi e che è anche citato nell’ Historia Langobardorum di Paolo Diacono. L’Origo risale alla fine del VII secolo, quando il regno longobardo in Italia era stabile da più di cento anni. La comparsa tardiva di queste leggende fondanti per i popoli barbarici testimonia la necessità di fattori identitari in un popolo talmente eterogeneo, dal punto di vista etnico, che la sua regina più famosa, Teodolinda, non era neppure di etnia puramente longobarda (era infatti bavara).
L’etnogenesi è un processo complesso, che rende evidente come il concetto di popolo sia una costruzione incessante, una scelta del singolo, ma contemporaneamente un riconoscimento esterno. Per comprenderlo è necessario calarsi nel contesto storico e comprendere adeguatamente le dinamiche che lo caratterizzano, stando alla larga da facili mitizzazioni degli eventi. A lungo il popolo è stato visto come l’espressione di un gruppo etnicamente omogeneo, eppure, l’estremizzazione di questa convinzione ha portato alla nascita delle ideologie nazionaliste tipiche della prima metà del Novecento, di cui il nazismo è la degenerazione più evidente. Stiamo dunque alla larga dalle generalizzazioni e ricordiamo l’importanza di approfondire, per poter capire.
Luigi Provero, Massimo Vallerani, Storia Medievale, Mondadori Education, Le Monnier Università, 2016
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