Rei doesn’t give any instruction or any rules. She gave us carte blanche. Rei hardly ever came on the shoot. Sometimes she would send an assistant to dress the models, because the designs could be quite experimental. But she never left instructions for the photoshoots.
Da una parte la designer giapponese più acclamata degli ultimi quarant’anni, dall’altra il fashion photographer che meglio di tutti è riuscito a catturare nelle sue opere l’intero spettro delle emozioni umane. Rei Kawakubo e Paolo Roversi sono tra le figure più rivoluzionarie e affascinanti della storia della moda. Il loro primo incontro, nei libertini anni Ottanta, sancisce l’inizio di un lungo sodalizio artistico. Per celebrarne la fertile collaborazione, è stata inaugurata la mostra “Paolo Roversi: Birds” presso il Dallas Contemporary Museum.
I protagonisti
Rei is always exploring new horizons: new lines, new colors, new textures, new shapes, and very stimulating because it makes you think and look in another way and that is always exciting.
Il lavoro di Rei Kawakubo e Paolo Roversi è accomunato dallo stesso intento rivoluzionario e stravolgente.
Rei Kawakubo, insieme a Issey Miyake e Yohji Yamamoto, ha attuato un cambiamento senza precedenti nel mondo della moda, a partire dalla fine degli anni Settanta. Con le sue creazioni ha regalato un ruolo di spicco alla moda orientale, che si è fatta strada senza alcun timore tra le passerelle della Fashion Week parigina. La Kawakubo, figura iconica grazie al suo caschetto nero e alle giacche di pelle, ha ridefinito l’idea di brand. I suoi vestiti si collocano in infiniti mondi possibili, diventando vere e proprie istallazioni artistiche. I suoi modelli sono spesso artisti istrionici, con cui collabora per dare una concezione avanguardistica di moda. Le sue campagne non hanno niente di canonico, come quella scattata nel 1989 in Georgia, in cui il fotografo Brian Griffin ha vestito anonime persone del luogo.
Paolo Roversi pone il suo sigillo identitario in una fotografia drammatica, a tratti teatrale. Il suo modus operandi è ben preciso: adotta un grande formato e scatta con Polaroid o banco ottico, principalmente in studio. L’illuminazione diventa un’essenziale chiave di lettura delle sue opere. La malinconia delle sue fotografie, accompagnata da chiaroscuri pittorici, quasi caravaggeschi, viene enfatizzata da toni smorzati, apparentemente spenti, associati talvolta a palette più vivide.
Alla ricerca dell’emozione e della suggestione rifiuto l’oggettività del colore e lo uso in maniera molto soggettiva. Il mix magico dell’immagine fotografica è quel misto indefinibile di realismo e finzione, astratto e concreto, illusione e verità.
I soggetti delle sue fotografie si fondono con lo sfondo, i contorni diventano sempre più impalpabili, la sensualità delle modelle lascia spazio a un’inesplorata timidezza, nostalgica di un’infanzia perduta. Le modelle sono sole, rinchiuse in una cornice che, come uno specchio, costringe loro a mettere a nudo i pensieri più reconditi. I suoi scatti sono la realizzazione dell’effetto di lunghe esposizioni, che durano da pochi secondi fino a trenta. È il flash che scandisce l’espressione finale della modella. Questa tecnica, secondo l’autore, dà maggior tempo all’anima di affiorare e manifestarsi.
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When they first met
Il primo incontro tra i due artisti risale al 1983. Roversi racconta di essere rimasto scioccato dall’eclettismo dell’arte della stilista giapponese e della sua capacità di plasmare la materia in una maniera del tutto inesplorata.
Ho imparato molto da Rei. Primo fra tutto che la libertà e l’idea di assumersi dei rischi: è il modo migliore per lavorare. Quando ripeti te stesso, ed è sempre la stessa cosa, sei insoddisfatto del tuo sistema e sei perso. Non stai creando.
Di tutta risposta la Kawakubo, spesso schiva con la stampa, confida di essere sempre stata ispirata dalla poetica di Roversi, caratterizzata da un movimento drammatico dei corpi e una vasta palette, dai grigi ai rossi più opulenti, per enfatizzare la forte carica emotiva della fotografia. La tecnica di Roversi esalta le iconoclastiche creazioni di Rei Kawakubo, regalando agli occhi di chi osserva infiniti modi di reinterpretarle. La moda radicale di Rei Kawakubo, incastonata nelle opere del fotografo italiano, diventa pura arte contemporanea.
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La mostra
L’esposizione “Paolo Roversi, Birds” è stata presentata a Dallas il 30 gennaio 2021, con un posticipo di quasi un anno, a causa della pandemia in corso. Includerà più di cinquanta stampe, molte delle quali inedite. Dennis Freedman e Peter Doroshenko (executive director di Dallas Contemporary), sono i curatori della mostra. Roversi, che vive a Parigi, non ha potuto visitare la galleria durante l’istallazione della mostra. Doroshenko ha però affermato: “Gli abbiamo inviato centinaia di videoclip dello spazio espositivo, incentrato su design specifico diviso in due parti, una nera e una bianca”. Il risultato non ha deluso le aspettative: le opere dominano lo spazio, dando nuova vita allo stile industriale del luogo grazie alla complessa architettura degli abiti fotografati.
La suggestione del titolo ci riporta al movimento che anima le immagini di Roversi. Gli uccelli che atterrano, decollano, migrano verso Nord, diventano il simbolo della fotografia dell’artista italiano. Il tema della mobilità è più che mai ricalcato, in un periodo storico dove questa definizione sembra quasi essersi svuotata della sua etimologia originaria, per esplorare la nuova dimensione dell’onirico. Un sogno oscuro quello di Rei Kawakubo e Paolo Roversi, non rassicurante né intimidatorio, ma ricco di sfumature punk e romantiche. Il movimento dei soggetti sembra tanto fragile quanto sfuggente all’occhio umano. La nebulosità della fotografia ci pone numerosi interrogativi sui misteriosi soggetti e i loro abiti, i quali sembrano fatti non per la dimensione terrestre, ma destinati ad altri universi.
Nella sua prima esibizione in Nord America, Roversi mette in luce la sua collaborazione più avanguardista di sempre.
“Birds” non è la prima mostra per cui i due artisti collaborano insieme. Nel 2017 il Met di New York allestisce una mostra-evento annuale dedicata a Rei Kawakubo, intitolata “Rei Kawakubo/Comme des Garçons: Art of the In-Between”, per celebrare la sua estetica dirompente. Il catalogo conta più di centocinquanta abiti snodati in otto aree diverse, che rappresentano i dualismi ossimorici tipici dell’arte della designer giapponese. Paolo Roversi si è occupato di curare l’intero archivio insieme ad altre figure di spicco con cui Kawakubo ha collaborato negli anni.
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