Ci siamo forse stancati delle nostre città?
E’ questa la domanda che ci poniamo di fronte ai dati diffusi dalla Coldiretti. Questa, rappresentando la principale organizzazione degli imprenditori agricoli, mostra che con oltre 55mila aziende agricole guidate da under 35, l’Italia è leader nell’Unione europea per la presenza di giovani nell’agricoltura. Il dato che più sembra sorprendere è legato all’incremento sempre maggiore di anno in anno.
La società in cui viviamo è in continua evoluzione. Non sorprende dunque che, con l’industria e i servizi che non riescono ad assicurare un futuro stabile ai nostri giovani, si assista a un vero e proprio ritorno alla terra.
Gli under 35
La componente giovanile in agricoltura si dimostra la più dinamica. Con oltre il 15% in più di aziende condotte da under trentacinquenni dal 2015 ad oggi, possiamo considerare il settore in piena espansione. Il nuovo agricoltore è sinonimo di innovazione. Egli è sicuramente più istruito rispetto ai colleghi più anziani. Basti pensare che il 51% di capi azienda giovani ha un diploma e il 16% una laurea, anche non attinente a materie agronomiche.
Inoltre, il nuovo imprenditore può sfruttare a suo favore uno strumento divenuto indispensabile al giorno d’oggi: internet. Attraverso il suo utilizzo è possibile raggiungere un vasto pubblico al fine di far conoscere, e, di conseguenza, vendere i propri prodotti. Sarà importante che l’agricoltore crei il suo e-commerce come strumento di supporto al negozio fisico. Solo così sarà possibile creare una fidelizzazione che porterà il consumatore ad avere come punto di riferimento per i suoi acquisti una determinata azienda agricola.
La presenza dei giovani, spiega la Coldiretti, si sta rivelando rivoluzionaria. Sette imprese under 35 su dieci operano in attività multifunzionali che vanno dalla trasformazione aziendale dei prodotti alla vendita diretta ma anche alle attività ricreative come l’agricoltura sociale per l’inserimento di disabili, detenuti e tossicodipendenti.
Etica e agricoltura
Il giovane imprenditore agricolo è anche molto attento al fenomeno del riscaldamento globale. Con l’obiettivo di contrastare questo problema, mette in atto una serie di comportamenti volti a rendere sostenibile la sua agricoltura.
L’uso di tecnologie innovative rende il suo lavoro più attento ai temi etici; la razionalizzazione dell’acqua e lo sfruttamento non intensivo dei campi sono solo due dei molteplici esempi a cui è possibile far rifermento. Ha un ruolo fondamentale anche la vendita di prodotti a Km 0. Pratica che ha un impatto positivo sull’ambiente comportando la riduzione dell’emissione di gas inquinanti.
L’argicoltura del domani
L’emergenza economica che stiamo vivendo legata alla Covid-19, ridisegnerà il mercato del lavoro. Ciò comporterà numerosi cambiamenti e nasceranno opportunità lavorative che fino a pochi anni fa nessuno, o quasi, prendeva in considerazione.
Questi cambiamenti interesseranno anche l’assetto della società come noi la conosciamo oggi. Ci saranno sempre più persone disposte ad abbandonare la vita di città per ‘rifugiarsi’ in campagna. Ambiente molto spesso sottovalutato e poco apprezzato dai giovani, ma indubbiamente rivalutato dopo il periodo di lockdown vissuto tra marzo e maggio 2020.
Si presume un “ritorno al passato”. Tutto ciò avverrà in maniera graduale con il sostegno delle istituzioni. Sono stati stanziati infatti svariati miliardi di euro da parte dell’Unione Europea in supporto agli agricoltori, ma anche per la nascita di nuove start-up. Per accedere ai fondi stanziati sarà imprescindibile basarsi sui temi del futuro: bio, green, e soprattutto, giovani. Questo è quanto stabilito dal NextGenerationEu, un progetto europeo comune per la ripresa economica post pandemia. L’Italia potrà accedere ad una quota consistente del fondo, così da poter modernizzare un settore finora poco preso in considerazione.
E’ necessario investire sull’agricoltura che è un settore strategico per far ripartire l’Italia grazie anche a un esercito di giovani attenti all’innovazione e alla sostenibilità.
Queste le parole di Veronica Barbati, leader dei giovani della Coldiretti. L’allarme globale provocato dal Coronavirus ha fatto assumere una maggior consapevolezza sul valore strategico rappresentato dal cibo. Le fragilità presenti in Italia sono molte e dunque occorrerà intervenire per creare nuovi posti di lavoro e difendere la sovranità alimentare riducendo la dipendenza dall’estero.
Export Made in Italy
In controtendenza sull’economia nazionale, che fa segnare un crollo nelle spedizioni all’estero, il settore agroalimentare è stato l’unico a registrare un aumento nel 2020. All’estero i consumatori stranieri non hanno fatto mancare la presenza dei prodotti più tradizionali dell’alimentare Made in Italy. Prima fra tutte la Germania, primo partner dell’Italia. A seguire gli Usa che, nonostante i dazi imposti su numerosi prodotti, è il secondo paese in cui la domanda di cibi e bevande è cresciuta raggiungendo il 5,5%.
Come si è potuto evincere sono proprio i giovani che esprimono il desiderio di reinventarsi attraverso un lavoro prettamente manuale. Grazie alle più svariate tecnologie che vengono in aiuto ai nuovi imprenditori agricoli, è stato sfatato il tabù che considerava il lavoro del contadino come poco al passo con i tempi.
Abbiamo visto, anzi, come questo concetto rappresenti un ruolo che sarà al centro della società futura, in quanto vedrà crescere sempre di più la presenza dei giovani. Questo periodo che stiamo vivendo ci ha senza dubbio insegnato a rispettare la natura e i suoi ritmi. Proprio quella natura che è tornata prepotentemente al centro di numerosi progetti volti al riscatto sociale ed economico della nostra società.
Torneremo competitivi solo se ripartiremo, non soltanto letteralmente, proprio dal basso.