Il turismo della vita notturna ad Amsterdam, legato al consumo di cannabis nei coffee-shop, potrà essere a rischio per i turisti stranieri. Il Public Prosecution Service e i vertici della polizia hanno infatti inviato una lettera al sindaco Femke Halsema, dove chiedevano di regolamentare l’accesso a questi locali solo ai residenti olandesi.
La città dei musei…ma non solo
Ma non è solo la sua grande varietà storica e culturale ad attrarre turisti da tutto il mondo: Amsterdam è anche frequentata per la sua vita notturna, grazie al quartiere a luci rosse De Wallen e i suoi numerosi coffee-shop autorizzati alla vendita di marijuana e di derivati della cannabis.
Un turismo da milioni di presenze ed entrate economiche
Prima dello scoppio della pandemia, i turisti stranieri che visitavano i coffee-shop erano circa 1,5 milioni al mese. Una ricerca effettuata all’inizio del 2020 dall’ufficio statistico della città, l’OIS, ha rilevato che circa il 57% dei visitatori ritenevano il turismo dello sballo un importante motivo per venire in città. Circa un terzo dei turisti vede nella possibilità di acquistare e consumare liberamente droghe il motivo per venire ad Amsterdam.
Un mercato decisamente redditizio per i 166 rivenditori: Amsterdam è un importante snodo commerciale a livello internazionale per i prodotti a base di cannabis, poiché ne produce quasi il 30% del totale prodotto in tutto lo Stato.
Una questione sociale
Il sindaco Halsema aveva già attuato una stretta al quartiere De Wallen due anni fa, presentando un progetto per trasferire fuori dal centro storico i locali a luci rosse. I motivi sono principalmente sociali: troppa criminalità e troppi reati legati al consumo e allo smercio di droghe leggere. “Il mercato della cannabis è troppo grande e surriscaldato – ha dichiarato Halsema – e lo voglio restringere per renderlo gestibile. Il requisito della residenza è di vasta portata ma non vedo alternative.”
Il sindaco ha anche evidenziato che, nonostante la riduzione degli esercizi da 283 ai 166 e l’intento di ridurre la criminalità legata all’industria della droga, la domanda è ancora aumentata: una crescita dove il cosiddetto “turismo della cannabis” avrebbe avuto un ruolo importante. Secondo un’altra ricerca, chiudere agli stranieri potrebbe così rendere 70 coffee-shop più che sufficienti per soddisfare la domanda locale.
Un desiderio di cambiare il turismo della città
Il turismo della vita notturna ad Amsterdam potrà essere a rischio, a favore di un turismo nuovo, forse di fascia più elevata. Turisti, quindi, più interessati alla cultura e a un altro tipo di esplorazione.
Non stiamo assolutamente lavorando per una Amsterdam senza cannabis. Ma c’è anche un’enorme richiesta di tenere sotto controllo il turismo. La nostra libertà non dovrebbe essere una licenza per grandi gruppi di giovani a vomitare nei canali perché hanno fumato e bevuto troppo. Amsterdam è una città internazionale e desideriamo attirare i turisti, ma per la sua ricchezza, la sua bellezza e le sue istituzioni culturali.
Questo desiderio di spostare le attività “a luci rosse” è appoggiato soprattutto dai residenti del centro storico di Amsterdam. Quest’attività metterebbe sicuramente il centro storico, oltretutto patrimonio UNESCO, sotto un’altra luce.
Ma è davvero tutto positivo?
I primi a contestare questa scelta sono, ovviamente, i proprietari dei coffee-shop. Sostengono infatti che questa scelta li porterebbe a un fallimento quasi certo, soprattutto dopo il quasi totale arresto del turismo a causa della pandemia. Hanno sottolineato, inoltre, come sia sbagliato definire il turismo dello sballo un turismo low cost, dato che i loro locali sono frequentati anche da persone facoltose e di spettacolo, disposte quindi a spendere.
Viene anche sottolineata la possibilità che la chiusura dei coffee-shop agli stranieri porti un pericoloso incoraggiamento all’attività degli spacciatori da strada: una tesi sostenuta sia da Joachim Helms, portavoce dei titolari dei locali di cannabis, sia da Tom Nabben, un criminologo dell’Università di Scienze Applicate di Amsterdam. In ogni caso, Halsema non pensa che il divieto possa entrare in vigore a partire da quest’anno; serve infatti un periodo di transizione e di più ricerche per combattere lo spaccio da strada. Se la proposta passerà, non si parla comunque di attuare la stretta prima del 2022.