Quanta importanza riveste oggi la lettura? Quante persone la ritengono ancora un impiego degno del proprio tempo? E soprattutto, qual è la reazione delle nuove generazioni a un’abitudine che per lungo tempo è stata solamente un privilegio per pochi?
Solo in Italia poco più della metà di bambini e adolescenti (6-17 anni) ha letto nel 2019 almeno un libro nel tempo libero, mentre i lettori deboli (ovvero chi legge fino a tre libri) sorpassano di gran lunga i lettori forti (la cui cifra di libri letti supera la dozzina) con un 46,9% contro uno scarso 12,5%. Nonostante le disparità siano dovute all’estrazione sociale all’area geografica e persino al genere, si può notare un generale andamento statico nel numero di giovani lettori negli ultimi anni.
Che la lettura sia un’attività secondaria, tuttavia, è ormai evidente. Spesso il disprezzo per questo svago nasce proprio nel luogo dedito all’insegnamento: la scuola. Massicci gruppi di bambini disinteressati che muovono i primi passi verso la lettura sono obbligati a leggere libri le cui storie sono a dir poco lontane dai loro interessi o dalle loro fantasie, diventando quindi sofferti compiti da svolgere. Niente di più lontano da un piacevole passatempo.
Per questo motivo Alvin Irby, la cui versatilità spazia dal ruolo di comico a quello di insegnante, da quello di autore a quello di imprenditore sociale, ha deciso di ricorrere alla sua esperienza multiforme per creare un ambiente che sia in grado di stimolare i bambini ad avvicinarsi alla lettura. Questi Barbershop books sono l’ambiente ideale per attirare bambini che normalmente non si interessano a tale attività, fornendo loro l’occasione di vivere l’esperienza letteraria senza le pressioni scolastiche. Il fulcro di quest’idea ha come base la collaborazione dei suddetti centri con una vasta rete di biblioteche e scuole, al fine di preparare gli educatori a fronteggiare le difficoltà causate dallo stesso sistema scolastico coercitivo, che crea disinteresse e avversione verso la lettura da parte di bambini e adolescenti. A costituire il maggior ostacolo sono infatti le metodologie tradizionali utilizzate nelle scuole, che puntano solamente a un’assimilazione passiva dei contenuti da parte degli studenti, mentre il tipo ideale di insegnamento non può in assoluto escludere la partecipazione attiva degli studenti, cosa che invece viene applicata nei Barbershop books. I ragazzi, come sostiene Paulo Freire, non vanno considerati come semplici contenitori da riempire di nozioni, ma veri e propri co-creatori di conoscenza (cocreators of knowledge): il percorso che si dovrebbe instaurare tra educatore e bambino non sarebbe allora unidirezionale, bensì a due sensi, collaborativo.
Non la memorizzazione forzata di interi testi, non l’insegnamento di parole complesse e incomprensibili, ma una forte componente partecipativa unita a una mutata selezione di libri scelti possono cambiare la visione che i bambini hanno della lettura. Il cambiamento necessario a risvegliare l’attenzione dei piccoli lettori sarebbe infatti quello che riguarda l’identificazione: Irby fa presente come la maggior parte dei libri proposti agli studenti neri
Il progetto non-profit Barbershop books riesce quindi nello scopo in cui gli ambienti più tradizionali falliscono, dando ai giovani libri di loro interesse, precedentemente selezionati da persone che conoscono bene le loro aspettative. I Barbershop books connettono l’atto di leggere a un “male-centered space”, incorporando tipi di lettori che fino a poco prima erano tenuti in disparte.