A scuola siamo abituati a studiare le sculture greche e romane, rimanendo affascinati dalla perfezione, dall’uso di materiali consolidati e canonici e dalla precisione della tecnica. Poi veniamo inevitabilmente a contatto con l’arte moderna e contemporanea che, apparentemente, ha poco o niente a che vedere con quelle sculture. In primis, per i materiali più disparati che utilizza, dei quali ci chiediamo dove nasca la scelta espressiva. Ecco quindi una lista di cinque artisti, non molto conosciuti, che utilizzano materiali che nessuno si aspetterebbe. Siete curiosi?
Heather Jansch
Classe 1948, Heather è un’artista e scultrice britannica nota per realizzare composizioni scultoree a grandezza naturale rappresentanti cavalli. E fino a qui sembrerebbe tutto normale, quante sculture equine, ad accompagnamento bellico o ornamentali, conosciamo? Ma è qui che Heather ci stupisce, perché per farlo utilizza materiali come legno e sughero. Proprio sul suo sito personale, l’artista sintetizza in poche righe la sua storia:
Le mie prime passioni erano il disegno e i cavalli, Leonardo da Vinci era il mio eroe e il mio sogno era quello di essere un artista che viveva in una valle boscosa con un ruscello limpido e cavalli al pascolo tutt’intorno. Ho chiesto consiglio ad Arthur Giardelli, artista contemporaneo di levatura internazionale. Mi disse di andare a vedere una siepe e disegnare ciò che rendeva una spina una spina, non solo quello che vedevo, e, forse più precisamente, di non smettere mai di lavorare con i cavalli ma di trovare un modo per farli miei.
Benedetta Mori Ubaldini
Prima di trasferirsi a Milano nel 2005, Benedetta Mori Ubaldini ha vissuto e si è formata a Londra. L’artista lavora con molti materiali, ma è meglio conosciuta per il suo lavoro di filo innovativo e straordinariamente bello. Così le sue composizioni si fondano sull’uso di reti metalliche gradualmente modellate a mano, pezzo per pezzo, unendole tutti insieme per dare loro un aspetto apparentemente continuativo.
Quello che amo è riempire grandi spazi di narrazioni, creare immagini tridimensionali e mi piacciono che siano evocative, simboliche e poetiche. Le sculture che creo in rete metallica non hanno nessuna struttura interna, quindi il gioco tra presenza e assenza diventa l’elemento magico dell’opera e dona ad ogni pezzo la leggerezza di un’apparizione, una qualità fantasma come una traccia della memoria o delle immagini da un sogno.
Nelé Azevedo
Artista e ricercatrice indipendente, Néle Azevedo, invece, vive e lavora a San Paolo. La sua peculiarità? Il ghiaccio. Sembra assurdo, ma quest’artista usa proprio un elemento così labile per creare invece qualcosa destinato a rimanere in eterno, sculture di mirabile bellezza. Nel 2002, la scultrice ha infatti avviato diversi interventi nello spazio urbano con il progetto Minimum Monument.
Si tratta di una combinazione di piccole sculture glaciali collocate sui monumenti pubblici di metropoli contemporanee come Brasilia, San Paolo, Tokyo, Parigi, Berlino e Firenze. Le opere, a causa della loro composizione, dettano un tipo di lavoro non permanente, che tuttavia ha focalizzato ancor di più l’attenzione sul problema del riscaldamento globale.
Victor Nunes
Quante volte ci è capitato di guardare un’opera e pensare: “anche un bambino avrebbe benissimo potuto disegnarla”? Sicuramente molte, soprattutto quando entra in campo l’arte contemporanea. Il fascino e la bravura di un’artista stanno però nel partire da tutto ciò che tanti danno per scontato, che tanti non vedono. Pensiamo per esempio a Victor Nunes, un art director in pensione di 63 anni, che vive a San Paolo, Brasile.
Un giorno, per puro caso, ha deciso di aprire una sua pagina Facebook dove pubblicare quotidianamente le sue opere. Si tratta di volti d’arte realizzati da oggetti di uso quotidiano, dalla confezione di pillole di alluminio ai trucioli di matita, fino al cibo. Le sue immagini sono peculiari perché ci invitano a guardare il mondo in modo diverso e a trovare stimoli creativi nel nostro ambiente domestico.
Potremmo semplicemente chiederci come sia vivere con un occhio così fantasioso, ma quello che è sicuro è che è una vera gioia trovare un’arte così mista realizzata con forme e schizzi semplici. La grandezza di Victor riposa nela sua originalità e ci fa capire come dall’apparentemente banale possa nascere l’interessante. Ma soprattutto, insegna come non sia necessario essere un Picasso per poter giocare con colori e forme.
Fabrizio Corneli e Kumi Yamashita
Tutti gli artisti appena citati si distinguono per i propri materiali fantasiosi: legno, ghiaccio, tappi di penne e così via. Ma se ad essere utilizzata non fosse nessuna materia? Ce lo racconta, o meglio, ce lo mostra Fabrizio Corneli, classe 1958. Questo artista inedito utilizza per le sue sculture un materiale esclusivo: l’ombra. Fabrizio, quindi, ha osato ancora di più, non servendosi di nessun materiale concreto. Semplicemente, in forma concettuale e avanguardista, ha eliminato la materia, focalizzandosi piuttosto sul binomio luce-ombra, già ampiamente sondato dall’arte. Ecco di seguito una sua creazione.
Della stessa identica idea è un’altra artista dalla parte opposta del mondo. Si chiama Kumi Yamashita e nasce a Takasaki, in Giappone. Dopo aver conseguito il Master of Fine Arts presso la Glasgow School of Art e il Bachelor of Fine Arts al Cornish College of the Arts di Seattle, ha dato luce a una serie di mostre personali per tutto il mondo, sulla scia di istituzioni museali prestigiose. Nel 2009, la sua scultura Pathway, commissionata da Seattle City Light, è stata inserita tra le prime quaranta opere pubbliche della nazione.
Cosa ci insegnano gli artisti eclettici?
Un’opera d’arte non può che fiorire sotto il gioco combinatorio di materiali originali. Tra questi, negli ultimi anni sono affiorati materiali di riciclo, in grado di donare all’opera una storia e un messaggio sostenibili. Ve ne abbiamo parlato con Alejandro Duran, Vik Muniz e infine Béatrice Coron. Tutti artisti che hanno messo su un piatto d’argento la sperimentazione. Il tema, poi, dimostra come nulla nella vita debba essere considerato banale e scontato. Perché spesso sono le idee che sembrano più semplici ed essenziali a rivelarsi le più intriganti. Davanti alla lista di così tanti artisti, l’arte ancora una volta ci dimostra come, in fin dei conti, tutto può diventare un’opera d’arte. Basta solo vederlo e realizzarlo.