Se solo, nella frenesia caotica della vita quotidiana, ci fermassimo a ragionare un istante, ci renderemmo conto che l’arte, in tutte le sue sfaccettature, ci circonda in ogni momento della nostra vita, avvolgendola come un morbido vestito. Che lo si voglia oppure no, che se ne sia consapevoli oppure no, tutto intorno all’uomo civilizzato comunica arte.
Romanzo o film? Quotidiano o telegiornale? Numerose sono le decisioni che, anche inconsciamente, l’uomo prende ogni giorno in materia di cultura e informazione. Anche il più accanito degli illetterati, il più scapestrato, il fannullone a cui alla parola ‘’studiare’’ prende un crampo allo stomaco; ecco, anche lui, quando sintonizza il telecomando su una qualsiasi commedia all’italiana, entra in contatto con l’arte. Certo, il Cinepanettone non sarà la Divina Commedia, ma il cinema, come il teatro, è una forma d’arte: e gli attori imparano a memoria copioni e sceneggiature che costituiscono pur sempre una tipologia di testo letterario. Stando così le cose, l’arte si configura come una vera e propria compagna di vita per l’uomo, che, volente o nolente, si trova a convivervi costantemente.
Ma se l’arte è così indissolubilmente intrecciata all’esistenza umana, qual è la sua vera funzione? Arricchimento personale? Puro e mero divertimento? Oppure evasione dal caos del reale?
Giacomo Leopardi, la cui esistenza fu largamente contraddistinta da insofferenze familiari e disagi interiori, fu un immenso poeta e, per alcuni, anche un grande filosofo. Egli fruiva della poesia come uno dei rari strumenti per raggiungere la felicità. Privilegio della poesia secondo il poeta, infatti, era quello di esprimere in una forma sentimentalmente viva l’illusione, fino a renderla più vera della stessa realtà dei fatti. L’uomo è per natura un essere desiderante, e proprio per questo crea illusioni che cercano un riempimento nella realtà. Nella loro costante e infinita aspirazione al piacere, gli uomini agiscono sempre spinti dal sentimento, dalla passione e dall’emozione. La poesia, quindi, risulta essere una molla decisiva all’azione. Non un annichilimento.
Un’opinione del tutto differente è stata sostenuta da un’altra influente figura intellettuale, il poeta francese Charles Baudelaire, padre del Simbolismo. Nella sua celebre L’Albatro, egli rispondeva così al quesito poetico:
Il poeta è come lui, il principe delle nubi
Che sta con l’uragano e ride degli arcieri;
fra le grida di scherno esule in terra,
con le sue ali da gigante non riesce a
camminare
Si tratta di un poeta deluso dalla società, una società desolante e misera, dominata dallo spleen. Egli è un uomo piccolo e vulnerabile sulla terra, che riesce a trovare sollievo soltanto ‘’nelle nubi’’, in compagnia ‘’dell’uragano’’: attraverso quella anestetica estraneazione che solo la poesia è in grado di elargire. L’immaginazione artistica consente di creare mondi “altri”, onirici e paralleli, nei quali rifugiarsi per ricercare un po’ di sollievo.
In effetti, ogni giorno si apprende da giornali e televisione di stupri, rapine, omicidi e attentati: il mondo pullula di tragedia. Sono infatti ormai parecchi mesi che nelle case delle famiglie non giunge altro che morte, malattia, separazione e dolore. Il bombardamento mediatico di notizie avvilenti è divenuto ormai compagno di vita dell’uomo del 2020. Egli sta imparando a convivere con la drammaticità del Coronavirus, perdendo forse parte della sua umanità. I contatti sociali si sono drasticamente ridotti, così come i momenti di svago, spensieratezza e gioco. La gentilezza troppo spesso cede il posto alla rabbia, alla violenza e alla negazione. Su un mondo che fino a pochi mesi fa faceva da palcoscenico ad un’evoluzione inarrestabile, ora è calato il sipario.
Se il mondo cambia – e negli ultimi tempi decisamente in peggio – le pagine di un libro restano però immutate, impresse nell’eternità del tempo. E continuano a preservare la bellezza di momenti che, almeno per ora, non è possibile esperire nella vita reale. Se, dunque, si è stanchi di percepire soltanto impulsi negativi, perché non rifugiarsi nella narrazione, ad esempio, di una storia d’amore? O nella lettura di una poesia che inneggi alla gioia? O nella visione di una commedia? Non si tratta di negazione del reale o di alienazione dall’informazione, ma di una piccola parentesi di serenità e spensieratezza, in un momento in cui l’intera popolazione mondiale è tesa come una corda di violino.
Può sembrare assurdo, ma un tè caldo, qualche biscotto e un buon libro possono davvero distendere i nervi della nostra mente e sgomberarla, almeno per qualche ora, dal peso dei pensieri negativi. E il buon umore che ne seguirà, gioverà sicuramente anche alle persone che ci circondano, che – non dimentichiamolo – stanno attraversando lo stesso infelice periodo storico.
FONTI
R. Luperini, P. Cataldi, L. Marchiani, La letteratura come dialogo, Vol. 3B, Palumbo, 2012
Charles Baudelaire, I fiori del male e altre poesie, traduzione di G. Raboni, Einaudi, 1987
CREDITS