Sembrava uno scherzo, invece era tutto vero. Per qualche giorno gli atleti italiani hanno rischiato di partecipare alle Olimpiadi di Tokyo 2021 senza tricolore, inno nazionale e medagliere. Un incubo per l’intero movimento sportivo azzurro che stava per diventare realtà, scongiurato in extremis da un decreto-legge firmato sul filo di lana dal Governo Conte. Ma qual è stata la causa del contenzioso, e cosa sarebbe successo se i nostri atleti non avessero potuto gareggiare sotto la bandiera italiana?
Le ragioni del problema
La causa che ha scatenato l’intero problema affonda le sue radici nella Legge di stabilità del 2018 firmata dallo stesso Conte, ma durante il suo primo Governo, con la quale CONI Servizi cessa di esistere. Al suo posto viene istituita “Sport e Salute”, una società di nomina governativa, che ha il compito di elargire i finanziamenti alle federazioni nazionali e agli altri organismi sportivi. Sport e Salute gestisce la maggior parte dei contributi destinati dal Governo allo Sport mentre la restante parte di tali contributi vengono gestiti dal CONI per la preparazione olimpica. Il problema diventa evidente quando la riforma dello sport viene approvata dal Parlamento e diventa legge n. 86.
Le preoccupazioni da parte del CIO (Comitato Olimpico Internazionale) iniziano a farsi sentire – l’Italia sta violando la Carta Olimpica in diversi punti. In particolare, fra i principi fondamentali della carta si legge:
Riconoscendo che lo sport si pratica nell’ambito del tessuto sociale, le organizzazioni sportive aderenti al movimento olimpico devono essere politicamente neutrali. Hanno il diritto e l’obbligo di autonomia comprese la libera determinazione e il controllo delle regole dello sport; la definizione della struttura e della governance delle loro organizzazioni, il godimento del diritto di elezioni libere da qualsiasi influenza esterna e la responsabile di assicurare che i principi della governance siano applicati.
In altre parole, le organizzazioni sportive che aderiscono al movimento olimpico devono essere neutrali. Peccato che il CONI, a
Lo scenario peggiore
Nonostante i numerosi inviti a risolvere il problema, il Governo italiano non aveva mai preso provvedimenti a riguardo, fino a quando il Comitato Olimpico Internazionale non ha lanciato un monito finale: se l’Italia non si fosse adeguata alle regole della Carta Olimpica una volta per tutte, non avrebbe potuto partecipare alle Olimpiadi di Tokyo 2021.
In questo scenario, l’unica possibilità di partecipare all’evento sportivo più atteso per gli atleti azzurri, sarebbe stato gareggiare come sportivi indipendenti. In altre parole, senza bandiera, senza inno nazionale, senza medagliere. Gli atleti italiani avrebbero partecipato alle Olimpiadi sotto la bandiera bianca con i cinque cerchi. Come a Mosca ’80, ma non a causa di boicottaggio internazionale, bensì per un inspiegabile immobilismo legislativo italiano. Nella peggiore delle ipotesi, a rimetterci sarebbe stato lo sport.
Il decreto-legge firmato in extremis
Fortunatamente, così non è stato. La lotta contro il tempo da parte dell’Italia per “mettersi in regola” è andata a buon fine grazie ad un decreto-legge “recante misure urgenti in materia di organizzazione e funzionamento del Comitato olimpico nazionale italiano”, approvato al fotofinish dal Governo italiano il 26 gennaio 2021.
Il testo sancisce dunque l’autonomia del CONI, con queste parole:
Al fine di assicurare la piena operatività del Comitato olimpico nazionale italiano e la sua autonomia e indipendenza quale componente del Comitato Olimpico Internazionale (CIO), il testo attribuisce al CONI una propria dotazione organica di personale, anche dirigenziale.
Pericolo scampato per l’Italia, che in questo modo potrà partecipare alle prossime Olimpiadi senza alcun impedimento. Il presidente del Comitato Olimpico Internazionale Thomas Bach – sostenitore dell’Italia, ma allo stesso tempo anche grande difensore dei principi della Carta Olimpica – ha dichiarato di essere “molto felice” della notizia. Così come lo sono stati tutti gli atleti azzurri, che hanno tirato un respiro di sollievo dopo giorni di tensione e incertezze.
Conclusione
Se è vero che “tutto è bene quel che finisce bene”, non è però possibile che un paese come l’Italia – ricco di tradizione olimpica – abbia corso un tale rischio. Pericolo che, peraltro, avrebbe potuto far crollare la credibilità dell’intero Paese nello scenario internazionale, e non solamente in ambito sportivo. Oltre a ciò, le conseguenze che questo inconveniente avrebbe potuto avere sull’organizzazione dell’evento di Milano-Cortina 2026 sarebbero state molto gravi. L’immobilismo legislativo è un problema che l’Italia si trascina da troppo tempo, una criticità che rischia di portare l’Italia di fronte a situazioni sempre più complesse in molteplici settori, soprattutto in campo internazionale.