Casa circondariale di San Vittore
“Mi racconti come sono andate le cose”, disse l’avvocato Tenaglia. “Poi studieremo cosa dire al giudice”.
Michele cambiò posizione sulla sedia, alzò il cappellino e si grattò poco sopra l’attaccatura castana.
“Siamo al supermercato, io e Lucy”, disse il ragazzo.
“Chi è Lucy?”
“Lucilla, la mia ragazza. Siamo al supermercato. A Lucy era venuto un mal di testa dei suoi, per questo avevamo deciso di dividerci. Io frutta e lei verdura, io pesce e lei carne. Così andiamo via lisci e poi subito a casa a prendere la medicina. Questa era l’idea. Solo che ritorno dal reparto latticini e la vedo che parla con un tizio al bancone degli affettati, un tizio che non conosco”.
“A questo punto l’arma dov’era?”
“L’arma era nel carrello del tizio, ma non l’avevo ancora notata. Dicevo. Mi avvicino e ho gli occhi fissi su di lui. Un tipo alto, belloccio, inutile. Magari è un vecchio amico, mi dico. Lei però inizia a guardarsi intorno e allora mi insospettisco, cazzo se mi insospettisco. Intanto mi avvicino ancora, arrivo a portata d’orecchio e sento lui che dice qualcosa su un numero di telefono, o roba simile. Lei si gira verso di me. Credo che dovessi avere una faccia non proprio carina, perché mi guarda terrorizzata, come a dire giuro che non c’entro niente. Ma non apre bocca e questa cosa non fa altro che confermare i miei sospetti. Adesso anche lui mi guarda”.
Michele si aggiustò il cappellino e guardò in alto a sinistra verso un punto indefinito della stanza.
“Da qui in poi non ricordo bene. Quando perdo la testa è come se il mio cervello non registrasse del tutto. Mi succede anche in campo”.
“Mi dica quello che ricorda”.
“Dunque. Chiedo spiegazioni. Inizia il gioco del chi-sei-chi-sei-tu-semmai. Poi lui si rivolge a Lucy e dice tipo ‘Angy, mi vuoi spiegare?’. A quel punto credo di essermi bloccato. Angy? Che cazzo significa? Lucy non dice niente, ma ormai non importa più, è tutto fin troppo chiaro. È allora che noto il prosciutto nel carrello del tizio”.
“Quindi l’arma era nel carrello del signor Petrali. Apparteneva a Petrali”.
“Beh, tecnicamente non l’aveva ancora pagato. Ma comunque. Mi sale il sangue alla testa, prendo questo prosciutto. Lui indietreggia, io avanzo. Credo ci siano state delle minacce in mezzo, ma non saprei dire esattamente quali. E poi gli do questa prosciuttata. Boom, fuori campo! Dritto nella vasca delle aragoste”.
“E questo è tutto?”
“Questo è tutto. Poi guardie, manette, Fatebenefratelli e San Vittore. Tutta la trafila”.
“Va bene, il quadro mi sembra piuttosto chiaro”.
“Un’ultima cosa, avvocato: è vera quella storia che i pugili non possono usare i pugni al di fuori del ring? E che lei sappia, vale anche per gli altri sport?”
*
Studio D.ssa Raimoldi, trascrizione colloquio clinico, paziente Lucilla Belisario
Belisario: Il segreto… come si chiama?
Raimoldi: Certamente, stia tranquilla.
B: Ma sta registrando?
R: Anche la registrazione è coperta dal segreto professionale.
B: …
R: …
B: Posso fumare?
R: Mi racconti perché è qui.
B: Sì, beh, alla fine Angy… l’ha fatto. Che casino. Micky adesso è a San Vittore.
R: Non le ho dato il permesso di fumare.
B: Mi scusi. La spengo, scusi tanto. Dicevo che Angy ha fatto un gran casino sta volta. Non è il caso che ci vada direttamente lei al primo colloquio in carcere?
R: Prima mi spieghi bene cosa è successo.
B: È successo che questo tizio al supermercato per poco non annega nella vasca delle aragoste. Il tizio credeva di conoscermi e mi parlava in maniera, come dire, complice. Non proprio come se ci stesse provando, ma piuttosto come se ci fosse almeno in parte già riuscito. E più andava avanti e più non faceva che aumentarmi il mal di testa. Avevo paura che Micky arrivasse da un momento all’altro, lo sa com’è. E così è stato. Micky è arrivato e si sono messi a discutere. Poi il tizio si è rivolto a me chiamandomi Angy, e a quel punto ho realizzato: stramaledetta ragazzina! Si è sentito un piccolo scoppio soffice, era la confezione di assorbenti. L’avevo stretta così forte e manco me ne ero accorta. Micky comunque deve aver pensato che Angy fosse un nostro nomignolo, o che so io. Quindi ha preso un prosciutto dal carrello e ha spedito il tizio nella vasca delle aragoste.
R: Un prosciutto?
B: Sì, la coscia intera. Sa, quelli spagnoli, affusolati, un po’ bislunghi.
R: …
B: Dopo averlo colpito ha fatto dei passetti ridicoli, tipo balletto. Forse è così che festeggia i suoi colpi migliori, non so. Stiamo insieme da un anno ma non sono mai andata a vederlo giocare, in un certo senso questa è stata la prima volta. Comunque. E ora che faccio?
R: Lucilla, credo sia giunto il momento che Angela e Michele si conoscano.
B: Lei l’ha fatto apposta, ne sono sicura.
R: A maggior ragione, allora.
*
Caro Michele,
tu non mi conosci, ma io conosco te. Mi chiamo Angela, ho 13 anni e vivo nella testa di Lucilla da quando ho ricordi. Avrei voluto presentarmi prima, ma Lucy non me l’ha mai permesso.
Ti scrivo per spiegarti cos’è successo col tipo al super. Lucy non aveva la più pallida idea di chi fosse. Lui le parlava come se la conoscesse, ma in realtà conosceva me, soltanto me. Lei teme la tua gelosia. Quando sei arrivato è andata in panico, in effetti avevi una faccia da psycho! Non è riuscita ad aprire bocca. E poi, quando il tipo l’ha chiamata col mio nome, qui dentro (intendo nella sua, cioè nella nostra testa) è successo un bordello che non puoi capire. Mi ha lasciato i capelli solo quando hai iniziato a minacciare il tipo col prosciutto. A proposito, che sventola! Vorrei venire a vederti giocare qualche volta.
Comunque di lui non m’importa. Intendo del tipo. È stato carino a offrirmi da bere una sera, ma per me era finita lì. L’ho conosciuto due settimane fa, tu eri con la squadra in trasferta a Collecchio. Lucy si era addormentata e io ho preso il controllo per la prima volta. Non era mai successo prima, anche questo non mi ha mai permesso. La odio per questo. E credo che dopo sto bordello Lucy mi odierà per sempre perché tu odierai lei. Boh. Almeno siamo pari. Forse troverà il modo di sbarazzarsi di me, non so. Non so neanche se ti farà arrivare davvero questa lettera. Nel caso, scusa.
Angy
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