Ogni progetto, anche il più piccolo, è teso costantemente a capire e conoscere quello che non sempre vediamo. Trovo esaltante scoprire che il “niente” nasconde il “tutto” e che gli occhi vedono solo quello che la mente vuole.
Marcello Morandini, artista e designer celebre per le sue opere in bianco e nero, non è solo un maestro nel suo campo, ma anche un vero e proprio intellettuale. Nelle sue opere, infatti, il contrasto fra il bianco e il nero crea un dinamismo in cui i due colori si intrecciano per creare forme geometriche in equilibrio perfetto, all’interno di uno spazio reale e mentale.
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Cittadino del mondo
Marcello Morandini nasce a Mantova nel 1940 e si trasferisce a Varese sette anni dopo. Studia all’Accademia di Belle Arti di Brera e inizia il suo viaggio nel mondo dell’arte quasi per caso, come graphic-designer, mentre di sera aiuta l’artista Angelo Fronzoni a Milano. Lui stesso ricorda:
Guadagnavo qualche soldo in più rispetto allo stipendio che avevo di giorno. Ho imparato che per comunicare con gli altri non bisogna essere complicati: basta trasmettere in modo corretto e rispettoso ciò che si intende dire.
È difficile dare una definizione della sua arte: un ibrido fra architettura, scultura e design. Più volte Morandini ha affermato di cercare sempre di fondere le tre realtà, senza tralasciarne alcuna. Una professione che all’estero non esiste, ma che sintetizza perfettamente una tradizione tutta italiana. Prosegue dunque la sua riflessione:
Se torniamo al XV secolo, infatti, nelle botteghe gli artigiani rappresentavano un tutt’uno: il designer, il pittore, l’urbanista. Io mi sento così. Inoltre, quando si fa qualcosa per gli altri, quel qualcosa deve sempre innanzitutto funzionare. Se poi il progettista riesce, all’interno della funzionalità̀, a farlo anche bello, il problema è risolto.
La carriera di Marcello Morandini si sviluppa fin da subito in Italia, in Europa e in tutto il mondo. Nel 1967 partecipa alla nona Biennale di San Paolo in Brasile, l’anno successivo ha una sala personale all’interno del padiglione italiano alla Biennale di Venezia. Ha solo 28 anni ed è il più giovane artista italiano presente all’evento. Negli anni Ottanta poi collabora con uno studio di architettura a Singapore, si trasferisce in Germania e in Malesia. Allestisce infine esposizioni personali in diversi musei di Tokyo, Bochum, Verona, Darmstadt, Mannheim, Helsinki. Per dirlo con le sue parole: “Mi sento a casa in molti luoghi ed è bellissimo”.
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La forma del bianco e del nero
La caratteristica fondativa delle sue opere è certamente il gioco di contrasto fra il nero e il bianco, usato per creare geometrie che permettono all’osservatore di concentrarsi più sulla forma che sull’estetica. L’artista sembra così immergersi totalmente in quella stessa forma, e permettere all’osservatore di fare lo stesso.
La forma mi offre sempre una lezione di conoscenza per proseguire. Una linea non è mai solo tale: basta girarla e cambia tutto. Sono innamorato del mio lavoro: il campo della forma è la base di ogni studio in tante direzioni, inclusa la vita.
Per arrivare a questo obiettivo non c’è bisogno di colore, che sarebbe solo di disturbo e non aggiungerebbe nulla alla bellezza dell’oggetto in sé. La percezione finale trae la sua forza da una magia visionaria e risulta quasi ipnotizzante, dimostrando perfettamente la visione sofisticata che l’artista è in grado di trasmettere all’osservatore. Si coglie immediatamente questo concetto, ammirando le opere che dal 2016 sono esposte alla Fondazione Morandini nella sua sede di Varese.
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La Fondazione
Morandini ha scelto infatti di tornare in Italia per custodire e promuovere la sua arte, ma non solo. Lo scopo della Fondazione è proprio quello di diventare un vero e proprio spazio culturale nel cuore della città di Varese. Da una parte c’è l’obiettivo di riaffondare le radici del designer nella città che lo ha visto crescere e che lui stesso definisce “humus che dà onirica concretezza alle mie emozioni”. Dall’altra la volontà di aprire lo sguardo verso l’esterno e collaborare con istituzioni culturali internazionali per fornire a Varese quell’ambiente di scambio artistico e intellettuale che ancora manca alla città giardino.
Viviamo ore, giorni, anni, guardando sempre le stesse cose, abitando sempre gli stessi luoghi senza conoscerli profondamente, facendoci coinvolgere per un’intera vita dalle stesse emozioni, finché se ne sognano altre in luoghi sconosciuti, non pensando che la fantasia e i nostri occhi potrebbero ovunque proporcene sempre di nuove: in questo trovo la morale appagante nel mio lavoro, scoprire che l’ovvio è sorprendente e può avere la forma della vita.
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Opposti che si incontrano
Si coglie così una prospettiva diversa nell’arte di Marcello Morandini. Una tensione che raggiunge armonia, un viaggio che fa andare lontano ma che alla fine – solo se lo vuoi – ti permette sempre di tornare al punto di partenza. In questo modo gli opposti di incontrano: nei colori, nelle sensazioni e nell’atmosfera che si respira all’interno della sua Fondazione. I pensieri si liberano velocemente, come il bianco e il nero che si rincorrono all’interno delle sue opere d’arte.