La simbologia politica nelle vesti dei dipinti medievali

Le opere d’arte conservano in sé una fucina di informazioni che non fanno capo soltanto alla storia dell’arte, ma aiutano altresì la ricerca storica e più in generale lo studio delle società del passato.  Quando infatti ci si propone di analizzare un dipinto è importante anzitutto chiedersi chi sia il soggetto rappresentato, chi lo rappresentò, perché e in quali circostanze. Così miniature, dipinti, affreschi, ritratti e tanti altri oggetti figurativi sono densi di particolari e dettagli che rivelano usi, costumi e gusti di una società. Non solo, ma anche il fasto e la ricchezza di un determinato ambito politico-sociale del passato.

Bonifacio Bembo, Ritratto di Bianca Maria Visconti
L’abbigliamento come documento d’identità

Di particolare rilevanza per il contesto italiano, e nello specifico lombardo, sono soprattutto gli anni compresi tra il ‘300 e il ‘400. In questo periodo, nella penisola, come nel resto d’Europa, si assiste ad una vera e propria rivoluzione stilistica nella storia dell’arte. Essa è mirata sempre più a descrivere con dovizia di particolari la realtà signorile delle corti europee, tratteggiandola sulle vesti, nelle decorazioni, nei gioielli e nelle bardature di ritratti che si fanno sempre più dettagliati. 

A tal proposito, è opportuno evidenziare che anche in passato, esattamente come oggi, l’abbigliamento esercitava una forza connotativa su chi lo indossava. A tal punto che si potrebbe dire che “l’abito facesse il monaco”, travisando un noto modo di dire. Quando si parla dunque di “forza connotativa” si intende che l’abbigliamento connotava non soltanto lo status sociale, ma anche l’età, il sesso, il credo religioso, così come la posizione giuridica e politica dell’individuo in questione. Insomma, si può dire che l’abbigliamento, soprattutto in età basso-medievale, ossia tra XIV e XV sec., costituisse un vero e proprio documento di identità.

La simbologia delle vesti, il caso del Ducato di Milano

Particolarmente significative erano poi le decorazioni delle vesti, nelle quali si potevano riconoscere i simboli, gli stemmi o le iniziali di una determinata casata. Qui, un’importanza non da poco rivestiva anche la simbologia dei colori dell’abbigliamento. E in quest’ultimo caso, un esempio significativo è fornito dalla realtà milanese viscontea e sforzesca, unitesi sotto un unico ducato dallo sposalizio tra Francesco Sforza e Bianca Maria Visconti (dai quali nacque Galeazzo Maria Sforza).

Proprio da alcuni dipinti e miniature che ritraggono membri della famiglia si può osservare nell’abbigliamento la presenza costante di alcuni elementi. Ad esempio, molti di loro indossano calzari bicromi, ossia di due colori differenti: bianco per la gamba destra e porpora per la gamba sinistra. Tale particolare bicromia dei calzari non era però qualcosa di casuale o dettato da gusti strettamente estetici. Al contrario, costituiva un importante segno identificativo che associava chiunque lo indossasse alla corte visconteo-sforzesca.

Bottega lombarda, La corte di Galeazzo Maria Sforza

Questo elemento fu inizialmente introdotto proprio da Filippo Maria Visconti che, per limitare e controllare l’accesso agli ambienti di corte, obbligò tutti coloro che accedevano agli edifici, tanto i familiari quanto i funzionari, a indossare proprio calzari di due colori differenti. Tale consuetudine venne meno con la morte di Filippo Maria, ma sarebbe poi stata ripresa e reintrodotta con l’ascesa di suo nipote Galeazzo Maria. Questo fu assassinato poi nel 1476, come è ben visibile nella miniatura dell’Opusculum super declarationem arboris consanguinatis et affinitatis, nella quale vediamo Galeazzo Maria indossare proprio quei calzari bicromi, attorniato dai suoi uomini di corte. 

Fratelli Limbourg, Mese di Gennaio, Miniatura contenuta nel codice miniato Très Riches Heures du Duc de Berry
Colori e stemmi nell’Europa centrale

Questa celebre bicromia, che a noi oggi apparirebbe bizzarra, probabilmente venne adottata – con colori differenti – anche da altre corti europee. Infatti, la stessa soluzione di indossare calzari di due colori differenti, la si ritrova in molte altre miniature tardo-medievali. Ad esempio nella miniatura del Mese di Gennaio realizzata dai fratelli Limbourg per il codice miniato Très Riches Heures du Duc de Berry.

In questa, tra gli uomini che calcano la scena attorno al tavolo in cui siede il duca Giovanni di Valois, è possibile notare come la seconda figura a partire da sinistra indossi proprio calzari di due colori differenti, verde per la gamba destra e bianco per quella sinistra. La stessa dualità cromatica si ripete anche nei calzari della figura di spalle, al centro in primo piano, che sta incrociando le gambe probabilmente in atto di inchino di fronte a Giovanni di Valois, situato dall’altra parte del banchetto. 

Incoronazione di Re Carlo VI, miniatura tratta da Les Grandes Chroniques de France di Jean Fouquet, (1455-1460 ca.)
La tradizione estetica dell’araldica

Altrettanto importante, oltre alla simbologia politica dei colori, era anche l’applicazione di simboli e stemmi che identificavano una determinata casata o dinastia e di cui la storia dell’araldica è ricca. In questo senso, tra i simboli identificativi più noti e tutt’oggi riconoscibili da tutti vi è sicuramente il giglio di Francia. Questo lo vediamo ricorrere costantemente nelle vesti, stoffe e tendaggi di numerosi dipinti e miniature del tardo Medioevo.

Interessante è peraltro osservare come lo stemma del giglio venne re-introdotto in Francia da uno dei massimi personaggi della storia dell’arte medievale europea: Suger, l’abate dell’abbazia di Saint-Denis. Tale struttura è universalmente intesa come il punto di inizio dell’architettura gotica. Anche se in realtà la simbologia floreale del giglio avrebbe radici molto più lontane e radicate nel culto cristiano, soprattutto quello mariano. 


FONTI

F.M. Vaglienti, Squarci nel Medioevo. Tradizioni e sperimentazioni, Mimesis, Milano (2012)

M.P. Bortolotti (a cura di), Artigianato e Lusso. Manifatture preziose alle origini del Made in Italy, Skira, Milano (2013)

Wikipedia

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