Secondo l’apparenza, tre serie tv come Watchmen, Normal People e Succession non hanno molto in comune. Per vedere cosa le colleghi bisogna andare in fondo, ai titoli di coda. Tutte e tre infatti sono state girate con la collaborazione di un intimacy coordinator, cioè una persona specializzata nel curare e coreografare le scene di sesso simulato o di nudo, affinché gli attori si sentano a proprio agio.
Come loro, di serie tv e film girati con l’intervento di un intimacy coordinator ce ne sono ormai parecchi (ma non in Italia). Da due anni – e cioè dopo il caso Weinstein e la nascita del movimento #MeToo – è diventata una figura piuttosto necessaria a Hollywood. Eppure, nonostante sia una professione in forte crescita e sempre più ricercata, ci sono ancora molte resistenze nei suoi confronti. In parte per i pregiudizi di registi e sceneggiatori, ma in parte anche per l’inesperienza spesso mostrata dagli stessi intimacy coordinator.
Chi sono gli intimacy coordinator?
Per seguire la definizione di SAG-AFTRA – il sindacato americano che rappresenta migliaia di attori cinematografici e televisivi – un intimacy coordinator è “un consulente, un intermediario tra attori e produzione […] per quanto riguarda la nudità e il sesso simulato”. Per spiegarlo meglio, è un professionista che si occupa di coreografare le scene che contengono nudo, sesso simulato o altri tipi di contatti intimi tra gli attori, e si accerta che vengano effettivamente girate così.
La maggior parte del lavoro di un intimacy coordinator si svolge quindi prima di girare una scena. Il suo ruolo consiste nel concordare con gli attori i movimenti e le posizioni che assumeranno nelle scene di intimità; monitorare i set per accertarsi che non ci siano elementi che li mettano a disagio; e lavorare con i costumisti nella scelta dei cosiddetti modesty garments (ossia quei piccoli adesivi o costumi che si applicano sulle parti intime) e di eventuali protesi. Tuttavia l’intimacy coordinator interviene anche nella fase di pre-produzione, per pianificare insieme ai registi quali tipi di contatto e quale grado di nudità saranno concessi; gestire le clausole sulle scene di nudo contenute nei contratti degli attori; e occuparsi anche delle più semplici preoccupazioni di questi ultimi.
I compiti degli intimacy coordinator sono comunque abbastanza elastici e adattabili a seconda delle esigenze e dei diversi set. Anche perché si tratta di un mestiere nuovo e ancora tutto in costruzione.
Da quanto ci sono?
Dipende dall’industria di cui si parla, in realtà. Quella di affidarsi agli intimacy coordinator e farne una presenza pressoché fissa sul set, è una necessità che Hollywood ha avvertito da pochissimo tempo. Lo si capisce, ha scritto il «New York Times», dal fatto che “anche gli attori piuttosto giovani parlano con certezza di quanto girare le scene di sesso sia cambiato”.
Il momento che ha fatto da spartiacque è il finire del 2017, quando il produttore Harvey Weinstein fu accusato di aver commesso diversi reati sessuali. Moltissime attrici e attori iniziarono a condividere le proprie storie di molestie o violenze sessuali subite sul lavoro. Una parte di queste raccontava anche di momenti di imbarazzo, confusione e pressione legati proprio a scene molto intime. All’epoca gli attori potevano già esigere un certo controllo sulle scene di nudo attraverso specifiche clausole nei propri contratti. Tuttavia l’industria cinematografica e televisiva non aveva ancora sviluppato una sensibilità così forte su questi temi, soprattutto rispetto al consenso e ai diversi modi in cui può essere percepito.
Per intenderci, fino a qualche anno fa poteva capitare con più frequenza che un attore incappasse in un contatto indesiderato con un collega di scena, oppure che un regista decidesse di inserire scene di nudo senza preavviso. “Non c’erano intimacy coordinator ai miei tempi,” ha detto Sharon Stone in un’intervista recente a «Attitude Magazine». “Quando feci il mio primo film, Vertenza inconciliabile, avevo una scena di nudo e non sgombrarono nemmeno il set. Erano tutti sul set, tipo un milione di persone sul set. Mi tolsi il sopra e un attore urlò,
Vi levate dalle palle? Non riesco nemmeno a vederle le tette.
Nel mondo del teatro invece gli intimacy coordinator esistono già da decenni. Molti di quelli che oggi lavorano alla produzione di film e serie tv vengono proprio da lì. Ad esempio Alicia Rodis, intimacy coordinator di Watchmen, è un’ex stuntwoman che si è approcciata al mestiere iniziando a coreografare scene di violenza sessuale a teatro. Ita O’Brien, che ha lavorato a Normal People e I May Destroy You (due serie apprezzatissime proprio per il modo in cui hanno parlato di sesso e violenza sessuale), era una ballerina e attrice che già nel 2007 iniziò a occuparsi di coreografare i movimenti di scena. Entrambe hanno fondato poi dei propri corsi di formazione per insegnare il proprio metodo di lavoro ai futuri intimacy coordinator.
Dove studiano?
Nella maggior parte dei casi, gli intimacy coordinator più esperti sono persone già specializzate in terapia di coppia e sessuologia. Tuttavia come nel caso di Rodis e O’Brien – due delle coordinator più apprezzate e richieste – ci sono anche tanti professionisti di cinema e tv che decidono di cambiare lavoro.
Per ora i corsi per diventare intimacy coordinator non sono tanti, e si collocano principalmente a Los Angeles, New York e nel Regno Unito. Tra questi ci sono anche le società di Rodis e O’Brien: la Intimacy Directors and Coordinators, che ha tre sedi negli Stati Uniti; e la Intimacy on Set, che si trova a Londra.
Non c’è comunque un percorso di formazione fisso e uguale per tutti. Esistono programmi diversi, che possono durare dai 3 ai 15 mesi; ma ci sono anche singoli workshop che trattano un determinato tema in maniera più specifica, come la sessualità nella cultura nera o la violenza sessuale. I prezzi invece variano e possono arrivare anche fino ai 15 mila dollari.
I costi elevati però sono considerati un grosso punto debole per la crescita della professione. Innanzitutto in termini di credibilità, poiché spingono molte persone a improvvisarsi e poi proporsi alle produzioni, con un rischio più alto di intralciarne il lavoro. Sapere come ci si deve comportare su un set e quali sono le sue gerarchie e dinamiche è un requisito essenziale per un intimacy coordinator. Inoltre i costi elevati riducono la varietà – anche culturale – delle persone che possono accedere ai corsi, e ciò incide sulla capacità del settore di garantire che le scene di intimità rispettino le diversità. Questo problema è emerso in particolare negli ultimi mesi, dopo le accese proteste sull’ingiustizia sociale e razziale che si sono verificate negli Stati Uniti.
La questione della diversità
La possibilità di portare sullo schermo scene di intimità autentiche e di rispettare anche la sensibilità degli attori può aumentare solo se il settore degli intimacy coordinator è in grado di fornire professionisti di genere, razza, culture diverse. Da questi fattori dipende infatti il modo in cui ogni essere umano si approccia alle relazioni e al sesso. Anche nelle cose più piccole e semplici.
“Stavo lavorando su un set con una regista bianca e due attori neri,” ha spiegato Mia Schatcher, intimacy coordinator della comedy Insecure. “La regista chiese all’attore di passare le dita tra i capelli dell’attrice. Lei aveva dei ricci molto fitti, e quello non è uno dei modi in cui le persone nere dimostrano cura, intimità e amore. Fu molto strano.”
La questione della diversità non riguarda però solo la razza o il genere, ma richiede di vedere rappresentata in maniera adeguata anche la disabilità. Dagli intimacy coordinator, insomma, ci si aspetta che siano pronti a stare al passo con l’attenzione sempre più specifica che Hollywood ha nei confronti del diverso.
Ci sono delle regole?
Sì, benché poche e in continua evoluzione. Lo scorso gennaio SAG-AFTRA ha pubblicato un protocollo di due pagine, contenente le linee guida relative ai requisiti e ai ruoli degli intimacy coordinator. Di recente, ne ha pubblicate altre relative alla pandemia di COVID-19.
Ad ogni modo, la regola essenziale per un intimacy coordinator è essere aperto a tutto, ma avendo sempre ben chiara la linea del consenso. Mia Schatcher ha detto di aver frequentato dei corsi di BDSM, poiché nelle sue pratiche il consenso funziona un po’ come su un set. “Tutto viene stabilito in anticipo; non si aggiunge né cambia nulla una volta che sei in scena.”
Ci sono poi regole che non riguardano solo gli intimacy coordinator. Di recente Directors UK, un’organizzazione britannica che rappresenta oltre 7 mila registi, ha rilasciato delle linee guida per girare scene di intimità.
Sta funzionando?
Più o meno sì. La prima società a rivolgersi agli intimacy coordinator è stata HBO, i cui contenuti si sono sempre distinti per le scene di sesso esplicite. Nel 2018 HBO annunciò che da quel momento tutte le serie che includevano scene di intimità sarebbero state girate in collaborazione con un intimacy coordinator. La società partì dalla seconda stagione di The Deuce, la serie tv sulla nascita dell’industria del porno newyorkese negli anni Settanta, assumendo Alicia Rodis. La quale, poi, divenne intimacy coordinator fissa e interna per le produzioni HBO.
Netflix invece rilasciò la sua prima serie girata con un intimacy coordinator nel 2019: si trattava di Sex Education, curata da Ita O’Brien.
A due anni di distanza, il numero di serie tv e film girati con l’aiuto di un intimacy coordinator è aumentato moltissimo. Per fare un esempio concreto, 23 delle serie nominate agli ultimi Emmy Award (prodotte da Netflix, Hulu, Starz e Amazon) avevano un intimacy coordinator. Tra queste, le vincitrici Watchmen e Succession, ma anche Euphoria e Westworld.
Questo non significa però che il settore degli intimacy coordinator non abbia incontrato anche delle difficoltà. In particolare, i problemi più complicati da superare sono due: il pregiudizio di molti registi e sceneggiatori da un lato, l’incompetenza di alcuni coordinator dall’altro.
Come la pensano i registi?
Alcuni molto bene, altri invece non ne vogliono tanto sapere. Decine di intimacy coordinator e di loro collaboratori hanno detto di essere spesso visti come dei guastafeste da registi – ma anche sceneggiatori – diffidenti. Questo perché c’è un timore diffuso che gli intimacy coordinator interferiscano con il loro metodo di lavoro e con la riuscita delle opere. Di conseguenza, ha spiegato Yarit Dor, che ha lavorato per la serie Carnival Row, tendono a trattarli “più come se fossero dei responsabili della salute e della sicurezza, assunti solo per supervisionare, ma non per contribuire o collaborare con il regista o gli attori”.
Secondo Dor, la soluzione più efficace per convincere i registi restii è fare leva sul piano della responsabilità. “I registi avevano la responsabilità di vedere come stessero gli attori [sulle questioni relative all’intimità] e allo stesso tempo guardare al monitor in modo artistico. È una cosa che mette molta pressione.”
In effetti, i pareri positivi di molti registi si riferiscono proprio al sollievo di sentirsi sgravati da questo compito. Una di loro è Liz Feldman, showrunner della serie Dead to Me, che ha detto di essersi rivolta a degli intimacy coordinator per girare una scena piuttosto fisica tra due adolescenti.
Scrivi qualcosa su carta e pensi ‘Oh, questa sarà grandiosa. Sarà davvero sexy.’ E poi arriva il giorno [di girarla] e ti rendi conto: ‘sto praticamente chiedendo a queste persone di diventare molto intime con qualcuno che hanno appena incontrato, e di farlo ancora e ancora davanti a una troupe.’ E, come showrunner, inizi a sentirti un po’ un magnaccia. Quindi avere una persona che ti facilita questo lavoro ti toglie molta di quella pressione magnaccia di dosso.
Altri registi invece hanno ammesso di aver avuto dei preconcetti, poi smentiti una volta iniziato a lavorare concretamente con gli intimacy coordinator. Come Ed Guiney, produttore esecutivo di Normal People, che ha detto di essere rimasto piacevolmente sorpreso dall’esperienza. “Toglie molto dell’imbarazzo nel girare queste scene e permette agli attori di sentirsi davvero liberi in quel momento.” Certo, per far sì che questo accada, la bravura degli intimacy coordinator conta ancor più della predisposizione a collaborare dei registi.
Gli intimacy coordinator un po’ maldestri
Capita più di rado – ma capita – che il rapporto tra intimacy coordinator e registi non vada invece per il verso giusto. Di solito accade soprattutto quando i primi non sono sufficientemente qualificati, e finiscono per rafforzare i pregiudizi e le resistenze dei secondi.
Secondo Ita O’Brien, la minaccia peggiore per la crescita del mestiere sono gli intimacy coordinator incompetenti. I quali, a quanto pare, a Hollywood sono parecchi. Per ora gli intimacy coordinator che hanno completato il percorso formativo, e sono quindi preparati per lavorare nel resto del mondo, sono solo 50 o 60. Se si considera che ogni anno si producono in media 500 serie tv e molti più film, sarebbe impossibile pretendere che per ognuna ci sia un intimacy coordinator, anche se lavorasse a più serie in contemporanea.
Praticamente chiunque può quindi bussare alla porta di qualche produzione improvvisandosi intimacy coordinator. E benché ai produttori venga raccomandato di controllare quante e quali esperienze abbia all’attivo un intimacy coordinator prima di assumerlo, capita di incappare in brutte situazioni.
“È un ruolo così nuovo che lo stanno quasi inventando,” ha detto Tony McNamara – lo showrunner di The Great, la serie Hulu con Elle Fanning e Nicholas Hoult – che rientra nel gruppo degli scettici. D’altronde il suo intimacy coordinator aveva la cattiva abitudine di sbucare nel mezzo delle riprese per chiedere agli attori se stessero bene, seccando un po’ tutti. Anche gli attori stessi.