Il cinema è un’arte e come tale esprime la creatività e la fantasia di un artista, offrendo al pubblico una via di fuga dalla vita reale. Tutto questo oggi può sembrare del tutto scontato, eppure c’è stato un tempo in cui non era così. L’epoca delle dittature in Europa del secolo scorso ha lasciato un segno profondo, soprattutto per il modo in cui questi regimi presero piede nei vari Stati. Gli strumenti utilizzati per guadagnare potere miravano al raggiungimento del consenso del popolo. Per farlo, la via più immediata era lo sfruttamento di tutti gli strumenti della cultura a disposizione a quell’epoca. Il mondo del cinema non fece eccezione.
Non solo cinegiornali
Quando si pensa al periodo della dittatura fascista e nazista e alla propaganda, si fa immediatamente riferimento alla creazione e alla distribuzione dei cinegiornali nelle sale cinematografiche dell’epoca. Effettivamente, i cinegiornali furono uno dei primi strumenti utilizzati durante il periodo dittatoriale per instillare nel popolo idee affini ai valori del regime, in modo da guadagnare sempre più appoggio e consenso. Per garantirne la più ampia diffusione possibile, i cinegiornali erano proiettati prima dell’inizio del film e avevano l’obiettivo principale di celebrare l’operato della dittatura e la figura del dittatore.
In Italia era l’Istituto Luce ad occuparsi principalmente della produzione e della distribuzione di questi cinegiornali. Esso era uno degli organi principali per la comunicazione di massa nel corso del regime fascista. I cinegiornali avevano lo scopo di essere prodotti molto simili a un notiziario. Dal punto di vista strutturale, erano solitamente costruiti con immagini d’impatto e un linguaggio fortemente persuasivo per condizionare nella maniera più efficace possibile il pubblico. La proiezione dei cinegiornali ha rappresentato la prima e più diffusa opera di sfruttamento di successo dell’industria del cinema.
Il cinema in dittatura
Oltre ai cinegiornali, strumento di propaganda politica, si decise di lasciare spazio anche a pellicole cinematografiche vere e proprie. Produrre film che celebrassero il governo permetteva ai dittatori di controllare e modellare direttamente l’opinione pubblica. In quegli anni, Fascismo e Nazismo presero però due strade diverse. Come già accennato, l’Istituto Luce era occupato a produrre una grande quantità di cinegiornali, che occupavano una fetta importante della comunicazione dell’epoca. Inizialmente vennero create alcune case di produzione private che si occupavano della produzione di pellicole dal contenuto propagandistico, creando un vero e proprio genere. In questi anni nacquero film come Vecchia guardia di Alessandro Blasetti (1933) oppure Lo squadrone bianco di Augusto Genina (1936). Pellicole come queste narravano ed esaltavano le opere della dittatura e l’acquisizione del potere da parte del regime fascista.
I lavori menzionati non raggiunsero i risultati sperati, perciò si decise di lasciare spazio allo svago e alla finzione nel mondo del cinema. Questa era l’unica soluzione possibile per permettere alle case di produzione cinematografica di continuare ad esistere. Complice anche la nascita di Cinecittà. il regime aveva scoraggiato l’importazione di film dall’estero, perciò la nazione poteva contare solo sul successo di lavori prodotti in Italia. Questo creò una separazione tra la cinematografia di Stato e la cinematografia commerciale, che continuò un percorso in autonomia, celebrando però sempre trame ricche di riferimenti al mondo della piccola borghesia.
La Germania che tirò dritto
La dittatura nazista stava seguendo un percorso diverso rispetto all’Italia. In Germani, complice l’interesse di Hitler e del suo ministro per la propaganda Goebbels, l’attenzione si concentrò fin da subito sulla produzione di film che incoraggiassero la celebrazione dell’eugenetica. Il regime tedesco intraprese un vero e proprio piano di sfruttamento della produzione cinematografica dell’epoca, con riferimenti diretti. L’obiettivo era convincere il popolo a intraprendere un percorso di “pulizia e fortificazione” delle masse, per favorire il progresso della popolazione. In molte pellicole veniva incoraggiata l’eutanasia per raggiungere la migliore versione del popolo tedesco e contribuire a migliorare la nazione.
Dunque, la filmografia prodotta durante la dittatura fascista e nazista rimane oggi l’esempio più tristemente famoso di sfruttamento del cinema. I regimi riuscirono a piegare la cultura al loro volere, per cercare di raggiungere un consenso più ampio possibile, al fine di una salda costruzione del potere.