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“Da me bisogna sempre aspettarsi cose semplici ma ispirate”: intervista a Moltheni

Ci sono storie che, anche se finite, continuano a far sognare. Storie che dopo anni riescono ancora ad affascinare e far innamorare, e in fondo continueranno sempre a farlo. Il nuovo disco di Umberto Maria Giardini, Senza eredità – l’ultimo sotto il progetto di Moltheni – incarna perfettamente tutto questo. 

Chi segue il panorama cantautorale e rock indipendente da diverso tempo, sa fin troppo bene cosa ha rappresentato Umberto per il mondo musicale; parliamo di un artista in campo da quasi quarant’anni, che ha raccolto in sé influenze da tutta Europa e ne ha fatto tesoro in ogni suo progetto. Moltheni è, dopotutto, solo una delle tante personalità di Giardini conosciute dal pubblico – insieme al gruppo post-rock Pineda, gli Stella Maris, e Umberto stesso. Oltre l’evoluzione e la differenza tra i nomi, però, la sostanza è sempre la stessa: Umberto Maria Giardini è nato per fare musica e l’ha dimostrato in ogni suo lavoro. 

moltheniViste le premesse, non è difficile immaginare l’entusiasmo che si è creato una volta che Senza eredità è stato annunciato, per poi uscire l’11 dicembre scorso. Pur non raccogliendo brani fondamentalmente nuovi, ma inediti mai pubblicati a partire dal 1998, Moltheni riemerge trionfante con un disco autentico ma scrupolosamente curato. E tutto per ricordarci che, nonostante tutto, il progetto di Moltheni era, resta e sarà sempre la storia che più ci farà sognare.

Siamo orgogliosi di annunciare che abbiamo avuto l’onore di intervistare Umberto e farci due chiacchiere su ricordi, carriera e futuro.

L’intervista

Ciao Umberto! È un piacere e un onore averti con noi. Innanzitutto, come ci si sente a tornare con un nuovo lavoro sotto il nome di Moltheni dopo undici anni?

Come ci si sente? Non lo so… Il progetto in sé è stato chiuso nel 2010, questa nuova occasione discografica non riguarda assolutamente una reunion né un ritorno effettivo sotto lo pseudonimo di Moltheni, di conseguenza il mio approccio è soprattutto tecnico-professionale. Sono e resto molto distaccato da quel nome, poichè il tempo ha per forza di cose segnato un inizio e una fine dello stesso. Indubbiamente i ricordi riaffiorano con un certo piacere, forse più rivolti a quegli anni, che al progetto in sé, ma ciò non significa che io abbia rinnegato il mio lavoro passato e ciò che ero, anzi. Ho lavorato con tanto amore al recupero dei brani che compongono Senza eredità; mi sono volutamente rituffato in quegli umori, in quel mood e in quelle sensazioni, un po’ come farebbe un attore prima di interpretare un nuovo personaggio, solo così ho potuto chiudere un cerchio rimasto aperto con quei brani che non erano mai stati registrati e che avevo in parte anche dimenticato. È stata un esperienza inaspettata e non premeditata, il risultato è eccellente. Lavorare ancora per Moltheni è stato molto piacevole, credo mi abbia fatto bene.

Qual è il ricordo più felice che leghi a questo disco?

Sicuramente l’aver ritrovato tanti amici musicisti con i quali non mi ero più visto da tempo e perdipiù in studio. La musica racchiude in se questo immenso potere. Crea legami importantissimi e duraturi nel tempo, fa condividere qualcosa di inspiegabilmente magico.

Hai preso parte a diversi progetti, come quello dei Pineda. Chi sei invece adesso, come artista e come persona?

Moltheni, Pineda, Stella Maris, e tutto ciò che esce a mio nome come Umberto Maria Giardini, in fin dei conti sono io. Pineda e Stella Maris rappresentano qualcosa che ho condiviso e che condivido anche con altri straordinari musicisti, tuttavia tento di lasciare sempre qualcosa di me in ogni progetto che produco e a cui partecipo. Oggi più di sempre sono un uomo artisticamente libero, libero di pensare e di fare musica di alta qualità, con i vecchi metodi che ancora mi appartengono e con un modus operandi d’altri tempi, ma non per questo meno efficaci.

moltheniIeri è il primo singolo uscito per Senza eredità. Come racconteresti questo brano a chi non l’ha ancora ascoltato?

Ieri è un brano scritto attorno al 2009 che avevamo suonato dal vivo anche in svariate occasioni. È stato scelto come apripista dell’album poichè racchiude in sé tutta quell’essenza del ciclo Moltheni. Non è un brano che parla di sentimenti, bensì che denuncia ciò che osservavo (lo faccio ancora) come tutto quello che mi circonda e che inevitabilmente condiziona nel bene e nel male la mia vita. Come chiunque, anch’io vedo e materializzo ciò che mi piace e ciò che detesto, la differenza sta nel fatto che io quasi sempre lo traduco in musica e in scrittura da adattare ad essa.

Come pensi si sia evoluto il tuo rapporto con la musica e il modo in cui le dai vita, in questi anni?

La mia evoluzione personale all’interno del mondo della musica è stato sempre difficile, forse volutamente trasversale, per il fatto che sono sempre stato concentrato nel fare esclusivamente le cose che mi piacciono, evitando qualsiasi compromesso e rimanendo distratto a tutto il resto che nel frattempo si evolveva in modo, a mio avviso, scadente. D’altra parte la mia evoluzione personale è stata enorme; in ogni album o progetto che creo c’è sempre una crescita, soprattutto legata aell’aspetto tecnico, rivolta alle fasi di registrazione e produzione, che negli anni mi affascinano sempre di più. Negli ultimi periodi mi sono concentrato maggiormante nella scrittura e nel canto, questo mi ha consentito di affinare ancor di più queste mie capacità, che restano – artisticamente parlando – i miei assi nella manica.

Qual è la cosa di cui vai più fiero, riguardo la tua carriera musicale?

Sicuramente la scrittura, e l’uso di accordature aperte nella chitarra quando compongo. Ma non da meno è la conoscenza totale dei meccanismi (soprattutto umani) con i quali, per forza di cose nel tempo, ci si confronta. Facendo musica a buon livello si conoscono persone straordinarie ma contemporaneamente personaggi discutibili. Anche questo è un enorme bagaglio sociologico acquisito che porto con me e che custodisco gelosamente.

Come stai vivendo questo periodo? Cosa ti manca dei live? (se ne senti la mancanza, ovviamente)

Ho vissuto questo lungo e strano periodo in maniera molto serena. Come molte persone anch’io ho approfittato di questi mesi “diversi” per riscoprire nuovi ritmi e per riappacificarmi con alcuni dubbi che mi infastidivano la mente. Anche a me i live e le performance dal vivo mancano moltissimo, tuttavia cerco di prenderla in maniera positiva, stando concentrato in un attesa che mi auguro dovrà essere ripagata. Mi considero una persona molto fortunata, poichè avendo un altro lavoro, questo stop totale non mi ha causato enormi ripercussioni economiche, inoltre preservo quella nitida consapevolezza che il mondo della musica, in Italia, era di per sé già un mondo molto malato e contraddittorio. Cachet assolutamente spropositati da una parte, e briciole per tutti gli altri. Quando tutto questo disastro sarà finito, oltre che ai sacrosanti diritti che spettano a qualsiasi musicista, spero tanto vengano riequilibrati certi discorsi, nonchè legittimati anche aiuti per i promoter, abbassando il livello burocratico e dando una mano a chi deve ricominciare anche nella gestione del pianeta musica. Locali, club, sale da concerto, teatri, e tutti coloro che dimenticati, organizzano e che non necessariamente suonano.

Qual è il brano da Senza eredità a cui sei più legato, o che più avresti voluto pubblicare prima della creazione di questo nuovo disco?

Nere geometrie paterne è di certo un brano a cui mi sento molto molto legato. Nonostante sia stato dimenticato dentro ad un cassetto per molti anni, ha sempre risuonato nella mia testa. Registrarlo mi ha emozionato tantissimo. Quando poi ho ascoltato la sua completezza finale, mi sono commosso poichè si è materializzato come speravo. Leggero, squisitamente pop, elegante e semplice. Amo scrivere, e con l’aiuto dei miei collaboratori ottenere queste perle d’autore che considero rare.

Cosa dobbiamo aspettarci dal tuo futuro?

Le aspettative rivolte alle mie produzioni debbono essere sempre alte. Il mio pubblico è e resta un pubblico di nicchia, nonostante ciò sono tantissimi coloro che silenziosi mi seguono, soprattutto ora che il silenzio è quasi d’obbligo. Terminato questo ultimo (presumo) capitolo di Moltheni mi concentrerò su Stella Maris. Negli ultimi mesi non ho fatto altro che scrivere decine e decine di canzoni; confido di uscire discograficamente in autunno per quello che preannuncio sarà un lavoro sublime e di altissimo livello. Da me bisogna sempre aspettarsi cose semplici ma decisamente ispirate. Il mio obiettivo negli anni resta immutato e sarà sempre quello di fare cose che mi emozionano, per poi poterle rimbalzare alle persone che mi ascoltano e che mi vogliono bene. Tutto il resto è meno è importante.

FONTI

Materiale gentilmente offerto da Fleisch Agency

CREDITS

Copertina e immagine gentilmente offerte da Fleisch Agency

 

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